31/05/21

Un fisco più semplice, più leggero. Il documento ufficiale con le proposte di Italia Viva

Italia Viva ha dapprima elaborato una proposta spiegata in 10 semplici punti e poi ha presentato un documento ufficiale alle Commissioni Finanze di Camera e Senato.
Qui di seguito, potrete trovare il documento ufficiale, mentre qui troverete i 10 punti.



Leggi qui i nostri 10 punti in materia di riforma fiscale. 
Scarica qui il documento ufficiale

Dal documento ufficiale, elaborato dai membri dei nostri Gruppi Parlamentari e presentato alle rispettive Commissioni Finanze, di Camera e Senato, abbiamo tratto tre schede riassuntive.

Scheda n.1

1. Un primo corpus di proposte è relativo alla semplificazione. Oggi le norme fiscali in Italia sono oltre 800, una frammentazione che disincentiva gli investimenti e complica la vita dei cittadini. Occorre quindi l’immediata codificazione delle norme fiscali in testi unici e la costituzionalizzazione di alcune parti dello statuto del contribuente. Inoltre, è necessario eliminare piccoli prelievi e micro-imposte, come per esempio il superbollo, la tassa di laurea, le tasse di pubblico insegnamento, l’imposta sugli intrattenimenti, la maggiorazione del tributo comunale sui rifiuti, la tassa regionale di abilitazione all’esercizio professionale, l’addizionale regionale sui canoni per le utenze di acque pubbliche, i diritti di licenza sulle accise. Proponiamo anche la cancellazione dei crediti tributari inesigibili. Nel nostro magazzino fiscale 895,8 su un totale di 987 miliardi di euro sono crediti tributari verso soggetti falliti, deceduti o verso cui sono già state espletate tutte le azioni di recupero consentite. Cancellare i crediti tributari inesigibili permetterà all’Agenzia delle Entrate di liberare risorse preziose da concentrare sul sostegno ai contribuenti e nella riscossione dei crediti tributari ancora esigibili. Proponiamo anche la digitalizzazione delle agenzie fiscali e l’interoperabilità tra banche dati per semplificare la vita dei contribuenti, sostenere la trasparenza del sistema fiscale e promuovere la tax compliance. Nel nostro documento, chiediamo misure deflattive circoscritte dei debiti tributari di imprese, partite IVA, professionisti e lavoratori che faticano ad onorare le scadenze fiscali a causa della crisi pandemica, favorendo interventi che riducono gli interessi e le sanzioni - ma non il nozionale dell’imposta - come la definizione agevolata o la rottamazione delle cartelle. Inoltre, proponiamo la patente fiscale come meccanismo premiale a beneficio dei contribuenti che rispettano le scadenze e gli adempimenti, che permetta la riduzione dei tempi di accertamento, risposte più celeri agli interpelli, tassi di interesse ridotti e sanzioni minori. Infine, proponiamo una riforma del contenzioso tributario, che parta dalla promozione degli istituti di pre-contenzioso, sostenga la specializzazione e la terzietà dei giudici tributari e che trasformi le Commissioni tributarie in veri e propri tribunali.

Scheda n.2

2. Il secondo corpus di proposte che abbiamo avanzato è relativo all'abolizione dell'IRPEF e alle modalità di tassazione del lavoro. Queste proposte prevedono il fisco su base individuale con incentivi per il secondo percettore di reddito del nucleo familiare per sostenere l'occupazione femminile. Adottare sistemi correttivi del reddito individuale come il quoziente familiare rischierebbe di disincentivare all’offerta di lavoro il secondo percettore di reddito di un nucleo familiare. Specialmente in un paese come il nostro in cui l’occupazione femminile nel periodo 2005-2019 è stata mediamente di 12 punti inferiore a quella dell’area euro (fonte Eurostat). Per questo motivo come Italia Viva non solo raccomandiamo il mantenimento dell’unità impositiva basata sul reddito individuale ma anche l’introduzione di incentivi fiscali temporanei sul margine estensivo per il secondo percettore di reddito all’interno del nucleo familiare. Proponiamo, inoltre, una imposta negativa in favore dei redditi bassi per incentivare il lavoro e favorire l’emersione dal lavoro nero. La struttura dell’IRPEF dovrebbe prevedere due elementi fortemente innovativi: a) un minimo esente – non semplicemente una no tax area, ma una soglia di reddito che viene esclusa da tassazione in quanto corrispondente a ciò che serve per “sopravvivere” - che aiuterebbe a dare maggiore progressività al sistema pur senza aumentare il numero delle aliquote e degli scaglioni; b) un sistema di imposta negativa crescente con il livello di reddito dichiarato per coloro il cui reddito annuo sia inferiore alla soglia del primo scaglione IRPEF. Proponiamo anche di razionalizzare le spese fiscali. Idealmente andrebbero mantenute alcune poche deduzioni e detrazioni considerate essenziali e, possibilmente, un’unica detrazione che raggruppi quelle essenziali facenti riferimento al comparto welfare. La detrazione decrescente per lavoro dipendente potrebbe essere sostituita da una deduzione in forma fissa, che agisce come forfait per la deduzione delle spese sostenute per la produzione del reddito lordo. Per quanto riguarda le Partite IVA, proponiamo di abolire la ritenuta d’acconto e di detassare l’aggregazione degli studi professionali. Occorre rivalutare le modalità di versamento delle imposte dirette per le persone fisiche titolari di partita IVA (lavoratori autonomi), le imprese individuali e ai soggetti in regime forfettario ai quali si dovrebbe dare la possibilità di optare per un sistema alternativo che mantenga inalterata l’attuale base imponibile ma che passi a pagamenti mensili, abolendo nel contempo la ritenuta d’acconto del 20%. In questo modo, il sistema diverrebbe più semplice, lo Stato potrebbe contare su versamenti periodici regolari e molti dei soggetti di cui sopra eviterebbero di finire sistematicamente a credito di imposta, generando tensioni sulla liquidità. Al contempo, occorre incentivare le fusioni tra professionisti, detassando le operazioni di aggregazione degli studi professionali.

Scheda n.3

2. Il terzo corpus di proposte riguarda crescita, impresa ed enti territoriali. Proponiamo di abolire l’IRAP, una tassa anti-crescita. È arrivato il momento di abolire questa imposta, senza se e senza ma. Se la stella polare della riforma fiscale deve essere, infatti, la crescita economica, è davvero difficile non mandare definitivamente in soffitta un’imposta che va a colpire la remunerazione (e quindi l’accumulazione) dei fattori produttivi, che assieme alla produttività sono i determinanti della crescita economica. Proponiamo pertanto che il gettito IRAP sia riassorbito in quello Ires (o direttamente nell’aliquota nazionale o, se si vuole preservare una manovrabilità delle regioni, tramite la trasformazione in addizionali Ires regionali), e che la quota Irap attualmente in capo a professionisti, società di persone e ditte individuali sia finanziata all’interno della riforma. Inoltre, chiediamo di reintrodurre l’ACE per sostenere gli investimenti. La bassa patrimonializzazione delle imprese italiane da decenni costituisce un ostacolo alla crescita di tante PMI, occorre intervenire con misure specifiche per incentivare il reinvestimento degli utili nell’impresa; in quest’ottica è positivo il recente intervento del Governo che ha elevato al 15% il coefficiente ACE per le ricapitalizzazioni effettuate nel 2021, ma occorre pensare a meccanismi permanenti di agevolazioni fiscali per la capitalizzazione. Questo potrebbe prendere la forma di innalzamento permanente dell’ACE (soprattutto per le PMI) oppure con la detassazione IRES per gli utili destinati al rafforzamento patrimoniale. Proponiamo anche di reintrodurre l’IRI. La tassazione dei redditi da impresa ha bisogno di una radicale riforma. Va riconosciuto che chiunque produca reddito dall’esercizio di attività di impresa deve essere trattato allo stesso modo dal fisco. Possibilmente, un modo più leggero e più semplice. La re-introduzione dell’IRI (Imposta sul Reddito di Impresa) – inspiegabilmente abolita dal primo governo Conte - sugli utili re-investiti – e con un’aliquota che, nel sistema duale, si allinea tendenzialmente a quella sui redditi finanziari e alla prima aliquota Irpef, aiuterebbe a rendere il sistema neutrale e più coerente, riducendo così la pressione fiscale sulle imprese non soggette a Ires. Sarebbe invece opportuno studiare forme di uscita graduale dal regime forfettario nelle vicinanze della soglia-limite di reddito, al fine di non avere una situazione che di fatto disincentiva alla crescita (in quanto il superamento di tale soglia comporterebbe un salto di imposta estremamente elevato). Servono anche interventi a favore delle nuove imprese e delle start-up sostenendo una specifica fiscalità di vantaggio per le nuove imprese, i loro titolari e per i loro investitori. Proponiamo poi di istituire un’unica categoria di redditi finanziari. Occorre valutare di uniformare le categorie “redditi da capitale” e “redditi diversi di natura finanziaria” in un’unica categoria “redditi finanziari” la cui base imponibile sia in tutti i casi determinata dai redditi realizzati, e non maturati. Infine, proponiamo di riordinare il sistema di finanziamento degli enti territoriali. Nello specifico, proponiamo di abolire le addizionali Irpef regionali e comunali e di stabilire quindi il principio che tutte le imposte sul reddito sono di competenza statale. Al contempo, tutte le imposte sul patrimonio immobiliare attualmente esistenti (e che non hanno assolutamente bisogno di essere aumentate, ma solo razionalizzate) devono essere assegnate al livello comunale, con un efficace sistema perequativo che accorci l’orizzonte (attualmente previsto al 2030) entro cui il Fondo di Solidarietà Comunale verrà integralmente distribuito secondo fabbisogni standard e capacità fiscale, dicendo addio una volta e e per tutte al criterio della spesa storica. Questa complessa operazione deve avvenire a parità di gettito per ogni ente locale.

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