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Enews 1019 lunedì 10 marzo 2025

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La nuova Enews di Matteo Renzi                    

 

 

                         

   

 

Buongiorno e buona settimana.

Tra una settimana esatta presentiamo L’INFLUENCER: saremo lunedì a Milano alle 18:00.
Il giorno dopo, martedì 18, saremo a Roma alle 21:00, vi faremo sapere presto il luogo. E lo stesso giorno ci confronteremo con la vera protagonista del libro, Giorgia Meloni, al Senato perché finalmente la Premier sarà “costretta” a venire in Aula per il nuovo Consiglio Europeo. Ovviamente non le faremo un bignami del libro, ma la incalzeremo sulla politica europea, argomento su cui la Premier sta mostrando tutti i suoi limiti di preparazione e di postura: si sta dimostrando, purtroppo, una banderuola più che una bandiera. Peccato.
Il libro si compone di una introduzione che spiega come l’Influencer Giorgia sia stata bravissima a imporre una comunicazione falsa: lei non è l’underdog che ha raccontato ai quattro venti, ma una raccomandata di ferro. Fatta crescere da uomini potenti, che lei ha abbandonato appena non le servivano più.
Il tutto provato da fatti, documenti, numeri: non slogan o tweet ad effetto.


Poi i quattro capitoli. La politica estera, la squadra di governo e l’utilizzo delle Istituzioni, la dimensione personale, il programma economico e sociale: su questi temi l’Influencer racconta la realtà della Repubblica delle Meloni oggi e quello che invece servirebbe davvero. La critica e la proposta, insieme.
Ho scritto questo libro quando ho visto che nessuno aveva la forza di raccontare la verità.
Il mondo politico e mediatico è vittima di un incantesimo sulla Meloni.
Quasi nessuno fiata.
Sembra quasi che molti abbiano paura. Ma io non ho paura. E ho scritto tanto.
Penso che subiremo l’ostracismo di molta parte dei media che hanno paura di disturbare il manovratore, in un Paese in cui noi siamo tra i pochi, pochissimi, a fare un’opposizione seria. Un’opposizione concentrata sui bisogni dei cittadini e non sull’ideologia. Cercheranno di ignorare il libro (vedrete, ne parleranno molto meno de “Il Mostro” o di altre mie storiche battaglie) perché per la prima volta qualcuno racconta un’altra storia, una storia totalmente alternativa, a quella diffusa dalla propaganda di Chigi a reti unificate.
Se di conseguenza mi vedrete meno sui media, non preoccupatevi: cercherò di girare tanto nel Paese. Dopo le tappe nelle città andremo anche in luoghi più simbolici. Dalla Melendugno del Tap all’Albania, dalla Bruxelles della Nato e dell’Unione Europea ai distretti industriali che saranno colpiti dai dazi. Dazi amari davvero per l’Italia. E spero che le imprese si sveglino: questo Governo di sovranisti fa male al sistema industriale dell’Italia. Noi che abbiamo fatto il JobsAct, Industria 4.0, il superammortamento, la riduzione dell’IRAP, gli incentivi per l’occupazione e gli investimenti possiamo dirlo a voce alta: l’Influencer non aiuta l’Italia.
Qui per prenotare il libro.
Qui per prenotare le prime tappe.


In settimana arriverà un calendario più dettagliato. E le prime anticipazioni.

Il primo capitolo del libro si concentra sulla politica estera.
E su questo argomento permettetemi una piccola digressione anche in questa enews.
Mentre il mondo geopolitico sembra sempre più impazzito, tanti di voi mi chiedono “Devi essere più tranchant quando parli di politica estera”. Perché? Perché siamo circondati da populisti (populisti di destra, populisti di sinistra ma purtroppo anche populisti di centro) che non conoscendo la politica estera, non avendo mai partecipato a un vertice internazionale serio, ignorando la geopolitica, amano urlare le loro posizioni in TV e nei social. E senza approfondire le vere questioni di politica estera, sparano sentenze, emettono giudizi, danno pagelle.
Ricordatevi la regola aurea: chi capisce poco di politica interna solitamente non capisce nulla di politica estera. Perché la politica estera è difficile: è fatta di complessità, non di slogan.


In questi giorni ne ho parlato a lungo (su Youtube trovate le mie ultime uscite TV ma anche questa chiacchierata con la stampa venerdì scorso prima dell’evento sul Terzo settore). Ma provo per comodità a inserire dieci messaggi in bottiglia per continuare la discussione insieme a voi: la riprenderemo anche durante le presentazioni de “L’Influencer”.


1. Viviamo uno sconvolgimento strutturale. Dopo Covid e Ucraina, stiamo riscrivendo il mondo post Yalta. Noi lo abbiamo detto fin dal 2022, ricordate? Il nuovo ordine mondiale è innanzitutto un disordine mondiale. Cina, America, Europa, Russia, paesi emergenti: si stanno riscrivendo gli equilibri planetari. Non è un’epoca di cambiamenti, come dice qualcuno, ma è un cambiamento d’epoca. Servono statisti, non influencer.
2. L’Europa o gioca in squadra o non tocca palla. Ecco perché avevamo proposto gli Stati Uniti d’Europa, un anno fa, mentre altri hanno preferito far vincere i populisti e i sovranisti. Ed ecco perché dal 2022 chiediamo che l’Europa giochi un ruolo diplomatico, non solo economico o militare. Vi ricordate quando chiedevamo di nominare Blair o Merkel come inviati speciali UE dopo l’invasione russa in Ucraina? La diplomazia si fa con i leader autorevoli che guardano negli occhi gli altri leader. Non con chi sbraita su X o nei talk.
3. Gli Stati Uniti di Trump non sono più l’ancora di sicurezza, ma una variabile imprevedibile. Il Presidente americano per me è un cinico, secondo la definizione di Oscar Wilde. E sono certo che nei prossimi tre anni e nove mesi ne combinerà di tutti i colori, tra dazi, scontri interni al Governo, tensioni esterne. Noi dobbiamo prendere atto che gli Stati Uniti che conoscevamo non ci sono più. Ma non dobbiamo rompere il filo dell’alleanza atlantica che è una conquista storica. Ecco perché oggi bisogna evitare che Washington lasci la Nato o che in Europa prevalga l’antiamerikanismo. Non amo Trump ma penso che l’America sia più grande di Trump. Perché conosco la storia, perché voglio il futuro.


4. L’Europa deve investire nella difesa comune. Certo. E mantenere gli impegni che ci siamo presi in Galles nel 2014: li ho firmati da Premier, li confermo oggi. Ma la spesa in difesa comune non significa assecondare i piani di Ursula von der Leyen, algida burocrate incapace di fare progetti di lungo termine come dimostra il Green Deal. Significa spendere bene i soldi che già ci sono, intanto. Significa mettere insieme in primis Francia, Germania e Italia. Per noi degasperiani la politica di difesa comune non è una corsa a chi la spara più grossa (800 miliardi di euro, messi così per avere un titolo sui giornali) ma un ragionamento culturale, morale, politico. E noi siamo quelli della legge: per ogni euro investito in sicurezza, occorre investire la stessa cifra in cultura. Per ogni euro investito nella difesa comune, occorre investire altrettanto nella scuola, nello sport, nei teatri, nelle periferie. Questo significa fare politica europea.
5. Ah, ma tu non hai detto nulla sull’incontro tra Trump e Zelensky. È ovvio che chi vede quella sceneggiata soffre. Soffre perché è la fine della diplomazia veder trasformato un incontro tra capi di Stato in un set televisivo. O se preferite in un ring per il wrestling. Ed è ovvio che vedere il capo di un Paese in guerra attaccato anche per come si veste fa male al cuore. Dunque Trump ha ovviamente sbagliato ad attaccare Zelensky, così come è ovvio che la guerra non l’ha iniziata Zelensky. Ma quelli che adesso urlano: viva Zelensky, sconfiggiamo la Russia vivono in un metaverso parallelo: Zelensky ha molto ragione ma ha ancora più bisogno degli americani. Per Kiev il rapporto con l’America è un interesse esistenziale. L’accordo che gli propongono è strozzinaggio? Temo di sì e l’ho detto due settimane fa. Ma oggi un riformista trova soluzioni, un massimalista predica slogan.
6. Nel frattempo il mondo si muove e nessuno ne parla. L’Arabia Saudita fa quello che doveva fare l’Europa: politica estera. E ospita i colloqui di pace. Domandiamoci perché vanno a Ryad e non a Bruxelles: questa scelta spiega molte delle cose che ho cercato, inascoltato, di dire in questi anni. Il Canada ha un nuovo Premier, molto bravo, Mark Carney. La persona giusta per rilanciare l’economia canadese, speriamo che abbia tempo davanti a sé, anche solo per trattare con Trump. In Siria tutti zitti ma paiono iniziate le vendette tribali ed atroci: spero che il mondo vigili sulla tutela delle minoranze a cominciare dalla minoranza cristiana.
7. Ah, un’ultima cosa. Vado ancora una volta controcorrente e magari anche qualcuno dei miei amici liberali o riformisti si stupiranno. Impedire a un candidato di competere alle elezioni perché filorusso, come sta avvenendo in Romania, è uno scandalo totale. Uno scandalo che di democratico non ha nulla. Se un candidato ha idee non condivisibili non puoi buttarlo fuori dalle elezioni. Perché se lo fai, smetti tu di essere democratico. Tu, non il filorusso. È chiaro? La democrazia si difende nelle urne, non dalle urne.
Ho fatto il Premier. Non accetto la rappresentazione macchiettistica della politica estera come un insieme di slogan. Se volete chi balbetta quattro banalità, avete l’imbarazzo della scelta: siamo circondati da statisti del bar, da liberali alle vongole. Se volete confrontarvi ci sono e vi leggo: [email protected].


Quello che è certo è che in questo scenario devastante l’Italia non c’è.
La maggioranza è divisa, l’opposizione è divisa.
La Meloni è sparita. Doveva essere il ponte con Trump, l’unico ponte che ha alzato è quello levatoio. Nel frattempo Giorgia cerca disperatamente di tenere bassa la questione istituzionale: sulla gestione istituzionale delle vicende legate allo spionaggio, da Paragon agli accessi abusivi, se venisse fuori la verità verrebbe giù il Governo.
Qualcuno sta mentendo. Forse più di qualcuno. E chi leggerà il libro capirà meglio che cosa sta accadendo. Incomprensibile invece l’atteggiamento del sottosegretario Mantovano che ancora la settimana scorsa ha usato una tribuna istituzionale – la presentazione del rapporto DIS – per attaccare l’opposizione. Non hanno il senso del decoro: i servizi sono il luogo di tutto il Paese, non la tribuna per attaccare gli avversari.


Devo ringraziare per il coraggio Enrico Borghi che, da esperto del settore e da membro del Copasir, sta portando avanti questa battaglia in solitaria. Siamo solo all’inizio. Intanto confermiamo la nostra solidarietà a Don Mattia, agli attivisti di Mediterranea, al direttore di FanPage.
Italia Viva intanto va alla grande!
· Benvenuta Annamaria Furlan, già leader della CISL, che ha spiegato in questa intervista le ragioni della sua adesione a IV.
· Grazie a Maria Chiara Gadda. Su Youtube trovate tutti gli interventi del convegno sul Terzo settore “Impatto sociale”.


· Grazie a Massimo Ungaro. Su Youtube trovate tutti gli interventi del seminario “BAstage” con le nostre proposte di legge.

Gli altri fanno gli influencer, noi facciamo politica.
Un sorriso,
Matteo