Intervista ad Annamaria Furlan per «Il Corriere della Sera» del 7-03-2025
di Maria Teresa Meli
ROMA
Annamaria Furlan, è vero che ha intenzione di lasciare il gruppo pd del Senato?
«Sì. È una scelta sofferta, maturata dopo una lunga riflessione. Ringrazio le colleghe e i colleghi e la segretaria Schlein per questi due anni importanti di lavoro ma la mia decisione purtroppo non poteva più attendere».
Perché questa scelta?
«Il tema del lavoro è per me caratterizzante, rappresenta l'impegno di una vita: purtroppo molto spesso mi sono trovata nel dibattito e nelle scelte che il Pd ha fatto a non condividere alcune impostazioni, penso per esempio al salario minimo legale. Fissare per legge il minimo salariale rischia di indebolire la contrattazione. Per me sono i contratti nazionali firmati da Cgil Cisl e Uil a definire i minimi salariali».
E perché ha deciso di aderire al gruppo parlamentare di Italia viva?
«Italia viva è un partito profondamente riformista, una componente essenziale nel centrosinistra: senza un centro forte e strutturato non si vince e non si può essere attrattivi verso i riformisti».
C'è stato un fatto preciso, un episodio, che l'ha convinta a muovere questo passo e a lasciare il gruppo del Partito democratico?
«Ho molto sofferto il dibattito interno rispetto alla legge di iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori alla governance delle imprese, una legge per cui la Cisl ha raccolto oltre 400.000 firme. È vero che il governo della destra ha falcidiato alcune parti fondamentali di quella legge - che riproporrò sotto forma emendativa- ma avrei dato molto più valore al fatto che questo Paese, come la Costituzione del resto, riconosce il lavoro partecipativo. La scelta di astenersi su un provvedimento che rappresenta molto per chi ha la mia storia politica è stata decisiva. E poi c'è il tema della rappresentanza: non avrei affidato a questo Parlamento, a maggioranza centrodestra, una scelta così delicata. Bastano un paio di emendamenti per creare seri problemi alle relazioni industriali e trovarsi con una pletora di sindacati poco rappresentativi ai tavoli negoziali.Ci vuole un po' più di riformismo quando si parla di lavoro e relazioni industriali».
Furlan, qual è il suo giudizio sullo stato della futuribile alleanza del centrosinistra? Secondo lei è possibile mettere tutti insieme oppure non ci riuscirete nemmeno questa volta?
«È doveroso dare a questo nostro Paese così in difficoltà una alternativa vera e seria al governo Meloni: per questo bisogna unire tutte le forze riformatrici e progressiste. Dove non si è applicata la politica dei veti e si è corso uniti come in Emilia Romagna, in Umbria e in tanti comuni si è vinto e mi auguro sarà lo stesso a Genova, dove tutto il centrosinistra si è unito sulla candidatura di Silvia Salis per dare una svolta alla città. Dove hanno vinto veti e differenze si è perso, come nella mia Liguria. Ci sono però alcuni temi che insieme vanno affrontati e oggi sono nodali per il futuro. Penso alla politica estera e ai rapporti con l'Europa. C'è una cammino che è in grado di tenere insieme il centrosinistra: cioè la creazione degli Stati Uniti d'Europa. Quello a cui stiamo assistendo in questi giorni, dagli attacchi di Trump, all'umiliazione che ha inferto a Zelensky ai dazi, ci richiamano con forza a un impegno in questa direzione».