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Firenze, Toccafondi: “Il realismo che serve per costruire il futuro”

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L’intervento su il Corriere Fiorentino, 23 gennaio 2022.

Firenze ha vissuto due anni drammatici sul piano economico, oltre alla drammaticità delle sofferenze sociali e sanitarie. Due anni di deserto, o quasi, e di assenza di turisti. Due anni in cui le imprese, soprattutto tutta la filiera legata al turismo, quindi il 70% delle aziende, hanno sofferto molto. 

Di conseguenza la sofferenza è ricaduta su chi lavora in queste aziende. Una sofferenza che non è finita. 

Ma Firenze e i fiorentini, come altre volte è accaduto, sono pronti a ripartire. 

Una ripartenza che in altri momenti, come dopo la guerra, dopo l’alluvione, dopo le varie crisi economiche, aveva un denominatore comune che adesso mi sembra non sia più così chiara: una coscienza della reale situazione e una volontà di remare tutti dalla stessa parte. 

Da un lato non sono così certo che sia chiaro a tutti che non possiamo e neppure dobbiamo tornare alla fotocopia della situazione del 2019, pre-pandemia. Dall’altro lato non sono così certo che tutti gli enti - Sovrintendenza compresa - abbiano chiaro le sfide che ci aspettano. 

La Firenze del prossimo futuro non potrà essere la Firenze della rendita: economica, di posizione, di turismo di massa, che, inutile negarlo, esiste da sempre. Ci sarà bisogno di idee nuove, di comunicazione, di presa di coscienza collettiva e di sviluppo. Soprattutto ci sarà bisogno di una visione di sviluppo complessiva. 

Si potrà parlare di nuovo sviluppo, di ripartenza, di investimenti, di nuova occupazione, opportunità se tutti gli enti cambiano mentalità. Le decisioni della Sovrintendenza di questi giorni e mesi mi preoccupano. 

Mi chiedo se chi ha preso decisioni abbia coscienza di ciò che ci aspetta e se ci sarà reale volontà di consentire la ripartenza, moltiplicare gli investimenti pubblici, la creazione di nuove opportunità. 

Dire “no” alla proroga di qualche settimana di una ruota panoramica in una zona che prima era zona di spaccio e delinquenza è solo l’ultimo esempio di una mia preoccupazione verso le decisioni della sovrintendenza. Potrei proseguire sul “no” alle pensiline della tranvia, poi occorre spiegare alle persone che è giusto che chi attende il mezzo pubblico stia sotto le intemperie. Potrei proseguire su Costa San Giorgio, che per qualcuno è meglio lasciare in stato di abbandono e degrado. Oppure potrei parlare dello stadio Franchi, dove un privato metteva soldi suoi per rifarlo ma abbiamo deciso dovesse avere la stessa valenza del Colosseo o della torre di Pisa. È dovuto, quindi, intervenire il Ministero della Cultura per finanziare con soldi pubblici il restauro di un monumento, non semplicemente di uno stadio. 

Oppure tanti, tanti semplici cittadini potrebbero raccontare la loro personale esperienza sui tanti “no” incomprensibili che ricevono da alcuni enti. 

La crisi che stiamo vivendo necessità di nuova coscienza e nuovi strumenti ma prima di tutto di realismo. 

Il populismo e il massimalismo in politica hanno fatto tanti danni. Il senso di responsabilità e il riformismo - lo stiamo vedendo - sono l’unica arma per uscirne. Questo vale per tutti i settori. Meno populismo e massimalismo e più riformismo.