Scuola istituzioni

Toccafondi: "È la scuola il nostro severo esame e il futuro dei ragazzi è il dovere"

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La lettera di Gabriele Toccafondi, capogruppo di Italia Viva in Commissione Cultura alla Camera, pubblicata da "Avvenire", 12 novembre 2020.

Caro Direttore,

ho letto la bella intervista al Prof. Bertagna e ho finalmente trovato uno sguardo competente e attento al tema della didattica a distanza. Uno sguardo che proietta in un orizzonte di senso anche le cose per le quali come Italia Viva ci siamo battuti fin dalla prima ondata di questa pandemia.

Il grande pedagogista infatti ci mette in guardia su due aspetti troppo spesso ignorati. L’emergenza pedagogica, che ha effetti di più lungo periodo rispetto a quella sanitaria e, aggiungo, ha effetti non ristorabili, a differenza di quella economica. Le scelte fatte, osserva, hanno pregiudicato e pregiudicano in profondità la qualità della formazione di bambini e ragazzi. L’atto d’accusa di Bertagna mi mette profondamente in discussione: «troppo comodo, allora, adesso, medicalizzare, con psicologi e psichiatri, questo disagio minorile. Servirebbero invece severi mea culpa pedagogici degli adulti».

La seconda osservazione di Bertagna che voglio riprendere è sul fatto che la didattica a distanza è dannosa ogni volta che si limita a replicare le stesse dinamiche dell’aula in presenza. «Fare a distanza la stessa scuola che si è fatta finora in presenza (appelli, assenze, lezioni, interrogazioni, compiti a casa, competizione per i bei voti ecc.), se seda le ansie degli adulti, danneggia la qualità della formazione degli studenti, aumentando i loro disagi e le loro già intollerabili disuguaglianze formative».

Eccola la parola chiave: disuguaglianze. Quelle per Costituzione dovremmo rimuovere. Con la didattica a distanza improvvisata (non mancano ovviamente numerosi esempi di scuole autonome arrivate pronte a questo appuntamento e sarebbe ingeneroso non ricordarlo) non potranno che aumentare. E stanno aumentando proprio ora, mentre scrivo queste righe. La scuola non è un ufficio, burocrazia, nozioni. Un percorso educativo non si fa davanti ad uno schermo.

Per questo la scuola deve essere non la prima ma l’ultima a chiudere, e quando la si chiude deve essere per un tempo limitato, da usare per creare le condizioni perché sia la prima a riaprire. Potenziare i trasporti, creare corsie preferenziali per i test a studenti e personale, potenziare il tracciamento, destinare il vaccino, quando ci sarà, prioritariamente al personale sanitario e a quello scolastico. Siamo stati, in proteste pacifiche in piazza, al fianco degli attori, dei ristoratori, degli operatori della cultura. Ma accanto ai bambini e ai ragazzi chi c’è? Rassegnati al fatto che in fondo se si sta a casa davanti ad un PC va bene lo stesso.

C’è una emergenza sanitaria, c’è una emergenza economica e queste sono chiare ed evidenti a tutti. Altrove, penso a Germania, Francia, Inghilterra e Irlanda chiudono tutto tranne le scuole. «Una classe dirigente degna di questo nome doveva fare di più e meglio» ammonisce Bertagna. Una critica severa. Verrà il tempo in cui saremo tutti valutati per quanto siamo riusciti a fare.

Da parte mia non posso che ringraziare il suo giornale per aiutarci a dare il giusto peso alle cose importanti. E il futuro dei ragazzi, in particolare di quelli più fragili, è il campo sul quale ognuno di noi deve impegnarsi nel mettersi al servizio della nostra comunità.