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Superbonus, Marino: "Senza interventi c'è il rischio che salti tutto"

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Intervista di Antonio Satta, "Verità & Affari", 15 aprile 2022.

«Sul Superbonus edilizio ci sono stati troppi errori, ora è arrivato il momento di rimettere in carreggiata la macchina prima che si vada a sbattere». La decisione di Intesa e Unicredit di non accogliere più altre domande di cessione del credito collegate ai bonus edilizi, avendo raggiunto i limiti interni al credito d'imposta, non ha colto di sorpresa il senatore di Italia Viva, Mauro Maria Marino, già presidente della Commissione Finanze di Palazzo Madama. Il senatore Marino da sempre si batte per il mantenimento del bonus al 110%, contro chi nella maggioranza, e soprattutto a via XX Settembre e a Palazzo Chigi, vorrebbe archiviare la misura varata nel maggio del 2020. «Da quel che mi risulta», sostiene infatti, «anche altre banche stanno per seguire le orme di Intesa e Unicredit e il meccanismo sta veramente per incepparsi».

Come si è arrivati a questo punto?
«Facciamo un passo indietro e stabiliamo un punto fermo. Il Superbonus ha funzionato e ha dato una spinta decisiva alla ripresa, poi però si sono verificati alcuni ostacoli oggettivi, alcuni conseguenza proprio del successo della norma, come l'aumento dei costi dei materiali, la difficoltà di trovare manodopera e addirittura la scarsità di ponteggi disponibili. So che dalle mie parti, in Piemonte, ci sono imprese che sono andate ad affittarli in Francia e persino in Polonia. Ma nessuno di questi problemi è arrivato a mettere davvero a rischio il meccanismo. All'impasse ci ha portato l'atteggiamento ondivago del governo, che prima ha ribadito nel Pnrr l'impostazione precedente, poi nel Sostegni ter ha cambiato le regole di gioco, inserendo la stretta sulla cessione del credito e quindi a posteriori si è accorto dell'errore, cercando di rimediare, ma con una norma, quella che prevede non più di tre cessioni dello stesso credito, sostanzialmente mal costruita. Questo comportamento altalenante ha allarmato non poco il sistema bancario, che non vuole bruciarsi le dita rimanendo con il cerino acceso».

Anche l'allarme truffe lanciato dall'Agenzia delle Entrate ha pesato non poco. Non crede?
«Di truffe, indubbiamente, ce ne sono state diverse, ma non sul 110%. Non lo dico io, ma il comandante generale della Guardia di Finanza, che il 23 marzo ha spiegato in Commissione Finanze che di tutte le truffe perpetrate sui bonus il 46% riguardava le facciate, il 34% l'Ecobonus, il 9% le locazioni, l'8% il Sisma bonus e solo il 3% il Superbonus. Alla luce dei fatti, insomma, l'allarme lanciato si è dimostrato ingiustificato. Non ha retto alla verifica fattuale, ma il danno ormai era fatto e la sfiducia si era propagata dappertutto e la scelta delle banche ne è una conseguenza. Ma il vero problema sono state le Poste».

In che senso?
«Vede, le banche sono soggetti privati. Le Poste invece hanno azionisti pubblici che qualche rapporto con il governo lo hanno, quindi, dovrebbero sapere meglio di altri come vanno le cose. Invece, appena si è cominciato a parlare di truffe hanno bloccato tutto, diffondendo il panico».

Il ministro dell'Economia e il premier non hanno mai nascosto la loro antipatia per il Superbonus.
«Sono preoccupati dal costo, secondo me largamente compensato dai benefici della ripresa economica, però a giustificare la decisione di mettere un tetto alla cessione del credito non hanno portato ragioni di bilancio ma la necessità di impedire le frodi, che come dimostrato non ci sono state. Ed è una stretta che hanno imposto contro il parere quasi unanime del Parlamento».

Proprio per evitare il blocco l'Abi aveva avanzato alcune proposte di adeguamento. Perché non si è andati avanti su quella strada?
«Avevano proposto, per esempio, di rendere più modulare il meccanismo di cessione agendo sul vincolo di cedibilità, ma mi sembra che le prime a non crederci più siano state le banche stesse. A testimoniare la sfiducia basta vedere come sono cambiate le condizioni di acquisto di alcuni consorzi bancari. Cito dei dati di cui ho conoscenza diretta: a dicembre il credito del 110% veniva acquistato al 103%, fino alla settimana scorsa lo prendevano al 94%, da questo martedì al 90% e ora gira voce che da maggio scenderebbero al 77%. A queste cifre è evidente che salta tutto. Se poi ci si mette che siamo ad aprile e ancora non è stato prorogato il limite che impone per le villette unifamiliari il raggiungimento del 30% dei lavori entro il prossimo giugno, è chiaro che siamo al limite».

Insomma, una bella confusione.
«Per non dire altro. Tra caos normativo, sfiducia generale e i comportamenti di qualche banca se non si mette mano con rapidità alla norma il rischio che salti tutto diventa una certezza».

Che si può fare ora?
«Nel decreto Bollette la Camera ha inserito un emendamento che permette alle banche che abbiano raggiunto i limiti interni di cedere il credito d'imposta ad altri soggetti non finanziari. Ma anche questo meccanismo risulta farraginoso. In primo luogo questi soggetti debbono essere correntisti delle banche cessionarie, inoltre il passaggio al correntista può avvenire solo al quarto step. E se c'è la necessità di farlo prima? Che succede? Si deve organizzare un traffico fittizio tra banche per arrivare al quarto step e passare poi il credito al correntista? Non aggiungiamo caos al caos».

In conclusione, quindi, che cosa bisogna fare?
«Allungare i tempi di validità del Superbonus, modificare il tetto della terza cessione, ma non con clausole cervellotiche che lo vanificano, e superare anche il blocco delle vendite frazionate del credito. Saranno più complicate le verifiche a posteriori, certamente, ma non è impossibile farle e, come dimostrato, quando tutti questi vincoli non c'erano le truffe sono rimaste sotto i limiti fisiologici».