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Senato, Renzi: "La politica ha una priorità oggi, quella di progettare il futuro"

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Pubblichiamo l'intervento integrale di Matteo Renzi tenuto il 13 ottobre 2020 al Senato della Repubblica.

Signor Presidente del Senato, signor Presidente del Consiglio dei ministri, onorevoli colleghi, quando il Capo del Governo partecipa al Consiglio europeo porta con sé tutto il Paese, non il Governo, non la maggioranza, non il suo partito.

Da questo punto di vista, penso che, oggi più che mai, sia giusto che il Senato auguri buon lavoro al Presidente del Consiglio, affidandogli i desideri, i sogni, le inquietudini di tante donne e uomini, delle infermiere che hanno il segno della mascherina da mesi, delle cassiere che non hanno mai chiuso, dei nonni che hanno paura ad abbracciare i nipoti, dei ristoratori che fanno fatica perché, dopo aver riaperto e aver fatto un luglio ed un agosto magari non negativo, oggi hanno di nuovo lo spettro della chiusura.

Vorrei, però, che ella portasse, signor Presidente, anche piccole e grandi storie. Ce n'è una che vorrei consegnarle, che mi permetto di consegnarle. È la storia di un ragazzo nato nell'ottobre del 1920, quinto figlio di una famiglia povera di agricoltori; un ragazzo che decide di studiare o, meglio, che ha dei genitori che nel 1920 lo fanno studiare. Si appassiona di chimica, si laurea molto giovane in farmacia e apre una piccola azienda, una ditta, come la chiamavano dalle sue parti, con due o tre dipendenti. Egli lavora, ironia della sorte, nel settore dei vaccini, del vaccino italiano tubercolare. Egli cresce, cresce e arriva a fare acquisizioni internazionali. Diventa un punto di riferimento, tant'è che, a novantacinque anni, cinque anni fa, Marino Golinelli, questo il suo nome, decide di fondare un opificio con il nome Opus 2065. Le porto la storia di Marino Golinelli, che lei sicuramente conosce perché Marino Golinelli ha compiuto cento anni domenica scorsa e quando l'ho sentito mi ha parlato di futuro, come quei patriarchi che, quando arrivano in vecchia età, decidono comunque di piantare un ulivo, perché è il segno di una passione per la conoscenza, l'innovazione, la cultura.

Queste sono le caratteristiche dell'opificio, che ha sede a Bologna. Porti con sé, signor Presidente, in Europa, l'esempio di Marino Golinelli. In altri Paesi, gli dedicherebbero serie TV e statue anche da vivo. Noi vorremmo semplicemente prendere un po' della sua energia, del suo entusiasmo e di quella passione per la scienza che, da settori diversi, la senatrice Cattaneo e la senatrice Binetti hanno ricordato come centrale. Io mi unisco alle loro parole, laddove hanno ricordato l'importanza del piano Amalfi o laddove hanno sottolineato la necessità di vincere il problema dell'imbuto formativo degli studenti di medicina.

Il punto però, colleghi senatori, è che c'è una svolta in Europa e non la potete negare. Prima l'Europa era quella del «ce lo chiede l'Europa». Guardo il presidente Monti. Lui ed io abbiamo fatto parte di una stagione nella quale «ce lo chiede l'Europa» era il claim di ogni dibattito al Consiglio europeo. La riforma delle pensioni? Ce lo chiede l'Europa. La riforma del lavoro? Ce lo chiede l'Europa. Non era vero o non era parzialmente vero, ma «ce lo chiede l'Europa» era lo slogan che tutti utilizzavano. Oggi, lo slogan è «ce l'offre l'Europa».

L'Europa ci offre il paracadute finanziario; l'Europa ci offre Recovery Fund con 209 miliardi di euro, che costituiscono l'ultima chiamata, perché poi, per 30 anni, non ci sarà più un'occasione del genere. L'Europa ci offre il programma SURE per la disoccupazione. Vorrei che fosse dato atto che tale programma è stato ideato, pensato e voluto cinque anni fa da un Ministro che si chiamava Pier Carlo Padoan, al quale va il mio grazie e il mio grande in bocca al lupo per tanti motivi. (Applausi).

L'Europa ci offre il programma SURE per la disoccupazione, ideato, pensato e voluto - vorrei che ne fosse dato atto - da un ministro che si chiamava Pier Carlo Padoan, cinque anni fa, a cui va il mio grazie e il mio grande in bocca al lupo, per tanti motivi. (Applausi).

L'Europa è anche, signor Presidente, quella che ci offre il MES. Io ho condiviso le parole del Ministro degli Esteri, quando qualche giorno fa ha detto che l'Europa ha superato i 100.000 contagi. Egli ha detto che ci vuole qualcosa subito, ha detto che ci vuole subito il Recovery Fund. Noi sappiamo che il Recovery Fund arriverà nella seconda metà 2021 e quindi, se vogliamo qualcosa subito, c'è il MES. Le parole con le quali noi stiamo dicendo no al MES, anzi voi state dicendo no al MES, sono parole illogiche.

Allora, signor Presidente del Consiglio, noi abbiamo bisogno di un investimento sulla sanità che porti alla medicina personalizzata, all'intelligenza artificiale applicata ai big data che investono anche in medicina, all'innovazione tecnologica che porterà una rivoluzione nella medicina, anche sul territorio. (Applausi).

Qui è tempo di fare due appelli. Il primo a lei, signor Presidente, nella sua veste di capo della maggioranza; il secondo all'opposizione, a una parte dell'opposizione. Quello al signor Presidente del Consiglio: riunisca, signor Presidente, un tavolo politico. Noi non ci vergogniamo di questa parola, la parola «politica», anche perché oggi la politica è l'alternativa a due diverse forme di demagogia: da un lato un populismo sfrenato e dall'altro un'algida tecnocrazia che impedisce agli esponenti della cosa pubblica di esprimere le proprie idee. Non populista e non tecnocrate: un tavolo politico. Noi ci siamo messi insieme sulla base di un'emergenza e - lo dicevo a qualcuno - nessuno si aspettava che ci mettessimo insieme, nemmeno noi.

Ci siamo messi insieme sulla base di una richiesta di pieni poteri venuta dalla controparte e abbiamo detto di no, un anno fa. Abbiamo detto che dovremo eleggere, fra quattordici mesi, un Presidente della Repubblica che si collochi nella strada dell'antisovranismo e dell'europeismo; e confermiamo questo giudizio e questa visione. Però in questi quattordici mesi nel frattempo è scoppiata una guerra e c'è da gestire un dopoguerra. Questa guerra e questo dopoguerra si chiamano catastrofe occupazionale e ripresa economica straordinaria.

A questo punto, signor Presidente, delle due l'una: o ci mettiamo intorno a un tavolo e capiamo tutti insieme come gestire la situazione, da qui alla fine della legislatura, oppure saremo sempre di rincorsa, incapaci di avere uno sguardo politico e purtroppo costretti a seguire la dittatura del populismo o della tecnocrazia. Ma, accanto a questo, l'appello va a quella parte di opposizione che si definisce liberare e non sovranista (perché o sei liberale o sei sovranista, tutti e due è impossibile). A quella parte di opposizione che si definisce liberale: domani c'è un voto importante, ci sono le considerazioni che ha fatto il Presidente del Consiglio, ci sono le considerazioni che ha fatto il presidente Monti, ci sono le considerazioni che ha fatto il presidente Casini.

Noi vi chiediamo un gesto di responsabilità per il Paese; sarà nostra cura affrontare ed esprimere in quest'Aula una visione da qui al 2023, ma il passaggio dello scostamento di domani è un passaggio troppo delicato per mettere a rischio non soltanto la tenuta del Governo, ma anche e soprattutto la tenuta del Paese. Diceva Martin Luther King: «Può darsi che non siate responsabili voi per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete anche voi, se non farete nulla per cambiarla».

Signor Presidente del Consiglio, lei ha fatto un passaggio importantissimo sul G20, che forse anche noi non abbiamo colto fino in fondo. Per la prima volta l'Italia nel 2021 ospita il G20; è un fatto epocale, perché è la prima volta che questo format viene presieduto dall'Italia, quando arriva tra la presidenza saudita e la presidenza indiana, quindi in un momento importantissimo. E questo G20 sarà il primo in presenza, ragionevolmente, lo speriamo e lo crediamo; vogliamo ben lavorare in questa direzione. E non è soltanto il G20 del Presidente del Consiglio, con i suoi omologhi Capi di Stato e di Governo, ma è il G20 dei singoli Ministeri, che potranno sui singoli temi guidare la ripresa mondiale con le venti potenze più importanti.

Portiamoci l'entusiasmo italiano, portiamoci lo sguardo nel futuro italiano, portiamoci quei valori che la senatrice Garavini e poi il senatore Zanda hanno ricordato, laddove hanno parlato di politica estera, di ciò che sta accadendo nelle guerre per procura (così le ha chiamate Casini). Portiamoci quell'afflato verso lo stato di diritto che l'Unione europea deve avere, portiamoci non soltanto quel desiderio di fare dell'Italia la leader nell'economia circolare, come giustamente ricordava il Premier, ma anche quello sguardo forte, bello e grande sulla sostenibilità che ci ha portato con orgoglio a firmare gli accordi di Parigi. Portiamoci l'idea di un Paese che non rinuncia ad avere nel Mediterraneo un luogo che possa chiamare casa. Noi stiamo perdendo il Mediterraneo come mare nostrum e questo è un qualcosa che non era mai accaduto prima; dobbiamo recuperare un ruolo.

Per farlo, signor Presidente, non mi sfugge che nelle case degli italiani che ci guardano la priorità oggi non è tanto la discussione politica sul G20 o sul Consiglio europeo o sulla capacità di intervenire in modo diverso sul Recovery Fund. Oggi il punto in discussione a casa è la paura ed è la preoccupazione; sono i genitori che da ieri si chiedono se il Governo ora richiuderà le scuole o se richiuderà i licei. E noi abbiamo fatto bene a dire con il Ministro dell'istruzione che non richiudiamo le scuole, perché un Paese che chiude le scuole è un Paese che non ha futuro. (Applausi).

Tuttavia, c'è un problema enorme che abbiamo di fronte a noi e che dobbiamo affrontare: le tre fasi. La prima: l'emergenza sanitaria non è finita, visto che ci sono più di cinquecento persone in terapia intensiva.

Il MES serve anche a recuperare risorse, ma quello che serve oggi e subito è la consapevolezza che da qui ai prossimi due, tre, quattro mesi finalmente arriverà il vaccino e questo vaccino parlerà anche italiano, perché la ricerca da Pomezia a Siena ha prodotto risultati straordinari. (Applausi).

Seconda fase: il primo semestre del 2021 sarà drammatico dal punto di vista dell'occupazione. Chi dice il contrario mente: sarà una carneficina occupazionale e ne usciremo soltanto se daremo una visione per il dopo, perché se saremo in grado di dire che è vero che ora si soffre, ma che poi come una molla ripartiamo e diamo un orizzonte al Paese, allora ci aspetta un decennio di crescita strepitoso.

Terza fase: occorre avere un'idea di Paese da offrire alla discussione del recovery fund, perché se mettiamo insieme soltanto una collazione di progetti, non diamo un futuro. Talento, merito, qualità, bellezza, innovazione: queste sono le parole del made in Italy. Però, Presidente, bisogna correre e lei ne è consapevole.

Noi abbiamo apprezzato i suoi toni le affidiamo il messaggio che Alessandro Baricco lascia in «Oceano mare», quando le due persone dialogano e lei dice a lui: «Ogni tanto mi chiedo cosa mai stiamo aspettando» E lui risponde: «Che sia troppo tardi, madame». Credo che la politica abbia una priorità oggi: capire che è il momento di progettare il futuro. Noi vogliamo farlo anche con l'opposizione liberale, ma dobbiamo farlo subito, perché perdere tempo adesso vorrebbe dire perdere la più grande opportunità che l'Italia ha avuto negli ultimi vent'anni.

Chi lo desidera può rivedere l'intervento a questo indirizzo o qui di seguito.