L'intervento pubblicato da "Metropolis", 13 aprile 2021.
La scuola, come la vorremmo, è libera, gratuita, aperta a tutti. La sua umanità si declina in due aspetti fondamentali: la fisicità, perché la scuola è prima di tutto un luogo; e le relazioni, perché è il primo momento in cui comprendiamo che la nostra sfera individuale entra in relazione con l'altro. Uno spazio in cui creare identità, storia, memoria, cultura. Semplicemente una comunità.
Un tempo si trattava la scuola con maggiore rispetto e la politica faceva il suo dovere: si investiva, la scuola era al centro della vita del Paese e gli insegnanti vivevano una stagione stimolante, facendo leva sulla loro prestigiosa autorevolezza al punto da incidere nelle scelte dei dirigenti scolastici. Erano un punto fermo per genitori e alunni. Avevano nelle loro mani il futuro delle generazioni.
Oggi i rapporti sono logorati: tra presidi e l'intero corpo docente; tra gli insegnanti e i genitori; tra i genitori stessi. La pandemia e l'emergenza sanitaria hanno amplificato i problemi che, adesso, sono sotto gli occhi di tutti. Si passa dalla chiusura/clausura con didattica a distanza all'apertura senza controllo e senza certezza.
La scuola è diventata terreno di scontro tra ruoli, funzioni, generazioni. Soprattutto fra genitori, che ormai si dividono fra quelli preoccupati per la salute e quelli preoccupati per l'educazione, dimenticando che in realtà si preoccupano tutti dei loro figli e che hanno tutti ragione. Sostenere gli uni o gli altri significa strumentalizzare e fare propaganda.
Non è giusto e la politica ha grosse responsabilità di gestione (antica) e di comunicazione (moderna), perché ha consentito che gli insegnanti perdessero il loro peso specifico. Oggi gli insegnanti temono i presidi e soccombono ai genitori. Non sono più un porto sicuro per i loro alunni. I problemi sono complessi e strutturali e, di certo, non possono essere risolti o cancellati con un colpo di spugna, ma da genitori e cittadini abbiamo il dovere di trasformare quest'emergenza in un'occasione.
E allora, poche cose ma semplici e fatte bene. Desidero una scuola aperta, come la immaginarono i nostri padri costituenti, ma controllata, come il presente ci impone. Ingressi davvero differenziati, sia cronologicamente che logisticamente. Controllo della temperatura per insegnanti, operatori scolastici, alunni. Vaccini per tutto il personale docente e non docente. Un presidio sanitario in ogni istituto. Un sistema di ricircolo dell'aria che non imponga finestre aperte in pieno inverno. Dispositivi di sicurezza e di protezione all'insegna di una prevenzione diffusa e accurata. Tracciamento dei contatti e dei contagi a tutela di tutti. Quarantena non come estrema ratio ma ispirata al principio di precauzione. Oggi più di ieri, accogliere e proteggere sono i compiti più importanti dell'istituzione scolastica.
Una sfida grande che richiede l'impegno di ognuno di noi, nessuno escluso. Dei presidi che hanno l'onere di amministrare la scuola, provvedendo alle relative mancanze, di premiare gli insegnanti meritevoli e di stimolare quelli meno virtuosi; di assicurarsi che il personale faccia il proprio dovere all'insegna dei propri diritti; di recepire le istanze di tutti i genitori; di verificare quotidianamente lo stato di salute di tutti. Degli insegnanti, a cui affidiamo la parte più preziosa di noi stessi, quei sassolini che chiamiamo figli e che scagliamo nel tempo per illuderci di essere immortali: dovranno avere cura di non lasciare nessuno indietro, educandoli a uno spazio in cui sentirsi parte di un tutto molto più grande. E dei genitori, quindi nostra, chiedendo che la scuola sia sicura, senza dimenticare che la salute e l'educazione dei figli iniziano a casa e che l'esempio che daranno determinerà la formazione di quelle donne e di quegli uomini che un domani sapranno dare rispetto prima di pretenderlo.
Sembra folle, ma non lo è, perché in fondo immortale è solo l'esempio che diamo.