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Scalfarotto: "Una strategia per aumentare l'arrivo di buyer esteri in Italia"

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Intervista di Marco Morino, "il Sole 24 Ore", 4 febbraio 2020.

Le fiere sono uno strumento indispensabile per la promozione del made in Italy nel mondo. Lo ribadisce con forza il sottosegretario agli Esteri, Ivan Scalfarotto.

Sottosegretario, cosa prevede la legge di bilancio 2020 a sostegno del settore fieristico?
Abbiamo prorogato gli incentivi fiscali in favore delle imprese per la partecipazione a manifestazioni internazionali di settore che si svolgono all'estero. Nello specifico, le Pmi potranno beneficiare del credito d'imposta nella misura del 30% delle spese sostenute, fino a un massimo di 6omila euro. Una misura necessaria ma che da sola non basta per interrompere e invertire la tendenza alla riduzione del numero delle imprese esportatrici registratasi negli ultimi anni. Inoltre, le Pmi possono anche ottenere un finanziamento agevolato sul Fondo 394/81 che copre il totale delle spese preventivate, per un importo massimo di 100mila euro, ed è erogato per metà come anticipo. Un'ottima opportunità soprattutto per le piccole imprese.

Ci saranno risorse sufficienti anche per la partecipazione alle fiere italiane?
Con la cabina di regia per l'internazionalizzazione che si è riunita lo scorso dicembre abbiamo individuato una serie di strumenti con l'obiettivo di rafforzare la partecipazione dei buyer stranieri alle principali manifestazioni fieristiche in Italia. Quest'anno infatti, grazie al lavoro dell'Ice e all'impegno del sistema fieristico italiano, puntiamo all'attrazione di 5.200 operatori esteri coinvolti in azioni di incoming rispetto ai 4.400 del 2019.

C'è già un elenco delle fiere i per le quali si potrà utilizzare il bonus?
Non ancora. Per l'elenco bisognerà attendere il decreto attuativo sul quale stiamo lavorando grazie al prezioso contributo fornito dalla rete delle ambasciate, consolati e uffici Ice al fine di individuare gli appuntamenti più rilevanti perle nostre imprese nel corso del 2020.

Parlando di made in Italy nel mondo, quali sono i Paesi più promettenti per le imprese italiane che puntano a crescere all'estero?
Senza dubbio le opportunità sono tante ma ritengo che il governo sia chiamato ad attuare una politica articolata su due piani: a livello commerciale, sostenendo quegli accordi internazionali dai quali deriva un beneficio per il nostro comparto produttivo. Cito il Canada dove si è appena conclusa una mia missione e verso il quale, grazie al Ceta, l'Italia ha esportato 438 milioni di euro in più, con una crescita delle esportazioni di tutti i settori produttivi. Anche grazie all'Epa, nel 2019 il nostro export in Giappone ha fatto registrare un +19,7%. A livello di promozione poi è necessario definire i mercati chiave per lo sviluppo del made in Italy. I dati sul commercio estero pubblicati dall'Istat ci dicono di puntare non solo sui Paesi Ue (con Germania e Francia che restano saldamente ai primi posti come mercati di sbocco) ma anche sull'area extra Ue dovei margini di crescita sono in aumento e l'export ha raggiunto quota 210 miliardi. In prospettiva futura ci sono certamente mercati come India o Cina mentre assolutamente strategici per il nostro attuale export fuori dall'Ue restano gli Stati Uniti dove esportiamo beni per 42 miliardi. Proprio nei giorni scorsi sono stato a Washington per ribadire che nuovi dazi danneggerebbero imprese e consumatori europei ma anche statunitensi e che solo un accordo equo tra le parti è in grado di mettere al sicuro i mutui benefici che derivano dall'interscambio commerciale.

Spesso si parla di necessità di aggregazioni nel settore fieristico: a suo giudizio, il sistema italiano così com'è funziona oppure ha bisogno di alleanze tra fiere?
Va rafforzata la capacità di fare rete del settore fieristico. Dobbiamo far passare l'idea che l'unica competizione che contanonè quella dei"campanili" ma quella che ci vede impegnati sui mercati internazionali.

In che modo le fiere possono risultare veramente utili all'internazionalizzazione del sistema industriale italiano?
Partiamo da un presupposto: noi italiani siamo un popolo di imprenditori, di artigiani, di ingegneri con il quale il resto del mondo ha voglia di lavorare e fari affari. Per un Paese come il nostro, settimo al mondo per export e quinto per saldo commerciale, l'apertura ai mercati e la proiezione esterna sono fondamentali. Ma se guardiamo alla nostra struttura produttiva, fatta di piccole e medie imprese, ci rendiamo conto che perle nostre aziende le barriere di accesso ai mercati esteri possono essere molteplici a partire proprio dal primo contatto con buyers stranieri in molti casi possibile solo attraverso la partecipazione alle fiere e grazie al sostegno assicurato dall'Ice. I segnali che rivengono dal mondo imprenditoriale ci dicono che, ad esempio, per quelle imprese che hanno una quota crescente di fatturato estero sul fatturato complessivo la fiera rappresenta un volano all'internazionalizzazione, una vetrina che facilita l'incontro tra imprenditori e buyer internazionali. Le fiere sono un luogo di apprendimento reciproco sia in ottica commerciale sia in ottica di innovazione e sviluppo.