L'intervento pubblicato da "la Stampa", 20 giugno 2022.
Ha detto Massimo Giannini che La Stampa ha deciso di partecipare al Torino Pride di sabato scorso «senza un attimo di esitazione». È stata un'eccellente decisione, non solo perché la presenza di un giornale così prestigioso a una manifestazione che afferma l'uguaglianza e la libertà - anche la bellezza direi - di essere se stessi è un ulteriore mattone che La Stampa aggiunge alla costruzione di una società più inclusiva, più rispettosa di tutti, e quindi migliore.
Ma è anche «il» giornale della città che si pone al fianco di un gran numero dei suoi lettori, riconoscendo loro il ruolo importante e il peso che essi hanno nella comunità cittadina: sono lesbiche, gay, bisessuali, trans (e poi queer, gender fluid, non binari eccetera eccetera) tantissimi torinesi. Che lo sappiate o meno, è forse parte della comunità Lgbtq+ la vostra dentista, il vostro avvocato, il rider che vi porta la cena a casa, magari una collega, una figlia, un vicino. Tutti da oggi, ne sono certo, più felici e più orgogliosi del loro quotidiano. È una moltitudine che contribuisce quotidianamente, con il suo lavoro e il suo talento, alla prosperità della nostra comunità nazionale e che è parte integrante della forza di un grande Paese come il nostro, fatto com'è - non bisognerebbe nemmeno doverlo ricordare - di donne e uomini, di ragazze e ragazzi, di ogni orientamento sessuale e identità di genere.
«Pride», vuol dire orgoglio e l'orgoglio è il contrario della paura. Da quando è nato, nel 1969 a New York, le persone Lgbtq+ hanno preso a scendere in strada in una festa per dire al mondo (almeno al mondo libero: ci sono ancora posti dove la pena per amare una persona del proprio sesso può essere la prigione, o la morte) che non hanno nulla di cui vergognarsi, nulla che debba costringerle a nascondersi.
Nascondersi costa fatica, non è naturale. L'orientamento sessuale non è fatto per essere nascosto: riguarda le persone che amiamo, il modo in cui facciamo famiglia, il nostro tempo libero, le vacanze. Tutte cose che nessuno nasconde nella vita normale: in ufficio, a scuola, nelle chiacchiere al bar. Schermare tutto questo è complicato: nell'epoca dei social in cui tutti comunicano tutto, tagliare fuori una parte così grande di sé e della propria vita è praticamente impossibile. Oltre che uno stress, è faticoso, assorbe energia.
Con la presenza al Pride, La Stampa si è schierata tra coloro che lavorano per liberare tutta questa energia. Non è un caso che tante aziende abbiano negli ultimi tempi deciso di impegnarsi a creare ambienti di lavoro in cui le persone Lgbtq+ non abbiano paura né necessità di nascondersi. Sanno che un gruppo di persone diverse tra loro è più creativo e innovativo, più capace di anticipare il cambiamento, più in grado di affrontare le complessità. Un comunità che fa leva sulle differenze è più forte, tutto qui. Ed essere al Pride non fa bene soltanto a chi ci va, come La Stampa. Il Pride fa bene a tutti.