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Scalfarotto: "Il Pride è libertà di tutti"

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La lettera al direttore Molinari del Sottosegretario Scalfarotto, pubblicata da "la Repubblica", 9 giugno 2022.

Caro Direttore,
fa bene, anzi benissimo, Repubblica a partecipare al Pride di Roma con un suo striscione. E fanno benissimo le tante aziende che da qualche anno partecipano al Pride di Milano con le loro insegne, i loro marchi e i loro dipendenti Lgbt+.

Fanno benissimo le quasi 100 aziende che si sono iscritte a "Parks - Liberi e Uguali" (www.parksdiversity.eu), l'associazione che riunisce i datori di lavoro impegnati a riconoscere pari opportunità alle persone Lgbt+ che lavorano per loro: tra esse ci sono non soltanto le filiali italiane delle principali multinazionali del pianeta - come si potrebbe pensare - ma anche molte aziende italiane, piccole e grandi, e prestigiose istituzioni domestiche quali la Banca d'Italia e il Politecnico di Milano.

Perché queste aziende si schierano accanto alle persone Lgbt+? Proprio perché il Pride non è un'ideologia. Chi fa business, con o senza fini di lucro, è mosso non da una posizione politica ma dal medesimo bisogno che spinge all'azione ogni essere vivente, ogni comunità: la propria sopravvivenza, il proprio benessere. E queste aziende sanno bene che le persone sono il loro asset principale, il fattore che fa la differenza tra un'organizzazione di successo e una che fallisce. Sanno che mettere chi lavora in condizione di esprimere pienamente il proprio potenziale, eliminando la paura di qualsiasi discriminazione e creando sul luogo di lavoro un clima positivo di rispetto e di inclusione - e nei casi migliori di celebrazione - delle differenze, è il modo migliore per costruire su quell'elemento prezioso e infungibile che è il talento. Sanno inoltre che l'orientamento sessuale e l'identità di genere - come ogni altra loro caratteristica umana: il genere, l'età, la nazionalità, l'etnia, le abilità e le disabilità - sono elementi della personalità che non hanno una valenza solo privata, ma che ciascuno porta quelle caratteristiche con sé nella vita sociale.

Per questo non concordo con chi dice - come Pierluigi Diaco da queste colonne - che l'orientamento sessuale è "una caratteristica privata della personalità". Il modo in cui amiamo e costruiamo la nostra famiglia, le nostre relazioni sociali, non ha un valore solo privato: per questo ci si sposa in Comune, davanti a un celebrante con la fascia tricolore, e non al ristorante. Si può certamente decidere di tenere nascosta la propria omosessualità, ma si compie in quel caso un'azione attiva di sottrazione allo sguardo di un qualcosa che naturalmente sarebbe pubblico.

Pensiamoci: l'eterosessualità è sempre pubblica. Nessuno la cela in ufficio o a scuola, dal parrucchiere o sul campo di calcetto. Com'è normale che sia, si parla di chi si ama liberamente in qualsiasi contesto sociale. Chi si nasconde ne ha tutto il diritto, ma se lo fa è perché sente di aver qualcosa da temere.

Ecco, l'obiettivo è a un tempo semplice e complicatissimo: che tutti siano liberi di essere ciò che sono senza avere nessuna paura. A questo, secondo me, serve il Pride: certo non a stabilire che tutte le persone Lgbt+ la pensino allo stesso modo - e men che mai a processare per alto tradimento chi nella comunità fosse portatore di un'idea diversa da quella stabilita dai vertici delle associazioni - ma a fare in modo di affermare la libertà e la bellezza di chi si è.

Se Repubblica è al nostro fianco, dunque, non fa solo bene. Fa benissimo.