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Rosato: "Serve prudenza, ma anche consapevolezza, il paese non può restare chiuso per sempre"

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Intervista di Adolfo Pappalardo, "il Mattino", 20 aprile 2020.

«Siamo già in ritardo. Sblocchiamo l'economia prima che sia troppo tardi», avverte Ettore Rosato vicepresidente della Camera e presidente di Italia Viva.

Rosato crede che in questo momento ci sia troppa cautela ad attenuare il lockdown?
«Anzitutto il problema è che siamo in grande ritardo nel programmare la riapertura. Chiudere è facile, basta un provvedimento del governo ma riaprire sarà complicatissimo anche perché dovranno farlo imprenditori e professionisti e non certo l'esecutivo. Per questo serve programmazione. La prudenza occorre ma ancor di più serve la consapevolezza che non si può rimanere chiusi per sempre. Prima c'era la paura di chiudere, adesso quella di riaprire: ma la politica ha il compito di decidere, spiegare e motivare. Gli altri paesi europei e non solo mentre chiudevano già programmavano come riaprire. Noi ancora nulla. Quando Matteo Renzi, un paio di settimane fa, diceva che bisognava pensare la riapertura c'è stato solo un coro di polemiche».

Secondo lei si poteva aprire prima del 4 maggio?
«Serve un'analisi profonda: ancora oggi i veri focolai sono nelle case di riposo, negli ospedali ma non nelle fabbriche e ve ne sono tante che continuano a produrre perché sono stati attivati i livelli di protezione necessari. Con questo virus dovremo conviverci a lungo, ci dicono gli scienziati, e non possiamo chiuderci in casa. E nemmeno possiamo immaginare di starci chiusi sino a quando non si scopre un vaccino».

Il sistema sanitario della Lombardia non ha retto e se ne chiede il commissariamento.
«Molto non ha funzionato, è vero, ma è il tempo per risolvere i problemi, i conti invece li faremo superata la crisi».

I finanziamenti per le imprese: si poteva fare di più?
«La strada è quella giusta, bisogna rinforzare e allargare la platea ma vedo troppa burocrazia e troppi vincoli quando servono ancora più risorse. Ma non posso non soffermarmi su una criticità in particolare: non possiamo chiudere la porta a tutti coloro che non hanno un merito creditizio perfetto. Ci sono centinaia di migliaia di imprese in questa condizione che hanno diritto all'aiuto dello Stato altrimenti avremo milioni di disoccupati in più. È un problema serissimo questo, da risolvere».

Intanto alcune regioni anche più colpite aprono alcune filiere, altre, come la Campania le bloccano.
«Che senso ha che in Liguria si possono organizzare i lavori di manutenzione degli stabilimenti balneari e altrove no? C'è bisogno di aprire e occorre farlo quando le condizioni sanitarie ci sono. Trovo assurdo che una fabbrica di biscotti non ha mai chiuso e una di quaderni non può ancora aprire».

La Campania, una delle regioni meno colpite ha vietato cose, come cibo da asporto e librerie, altrove consentite. De Luca esagera?
«La preoccupazione di fare tutto per salvaguardare la salute è comprensibile e giusta ma attenzione perché così rischiamo di ammazzare il Paese dal punto di vista economico. E, con tutto il rispetto per le vittime, non sarà meno grave».

Quali attività o comparti dovrebbero aprire per primi?
«In Friuli nel 1976 la ricostruzione post-sisma partì con una priorità indicata dal vescovo di Udine: prima le fabbriche, poi le case e infine le chiese. Quella ricostruzione fu un modello di successo: imparerei da li».

C'è un pressing di Toti e Zaia per votare già il 12 luglio.
«Non mi preoccupa il voto ma la campagna elettorale. Il voto dura un giorno e ci si organizza contro gli assembramenti ma penso alle iniziative politiche, alla raccolta firme. Mi sembra ci siano cose più urgenti su cui lavorare e un paio di mesi in più garantirebbero maggior tranquillità».

Dopo l'estate?
«Sì. Ma non è un punto politico: per noi si può anche votare domani. Ma come la mettiamo a chi è così preoccupato da non riaprire e poi si vuole organizzare un comizio elettorale e votare a breve? Ci vuole equilibrio».