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Rosato: "Il Premier eletto come i Sindaci"

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Intervista di Rosi Brandi, "la Prealpina", 12 ottobre 2022.

A differenza del Porcellum, cioè la legge elettorale concepita e poi abortita dal leghista Roberto Calderoli («È una porcata», esclamò nel 2006), il Rosatellum del deputato renziano Ettore Rosato evoca un'estetica istituzionale ben più consona. Ma alle ultime elezioni ciò non è bastato: la Legge Rosato n° 165 è stata bollata con aggettivi denigratori più o meno simili alla "creatura" calderoliana, specie da parte di chi era convintissimo d'essere rieletto o ha assaporato per poche ore il gusto della vittoria finché il diabolico pallottoliere della Cassazione l'ha respinto nel limbo. Non così per il triestino Rosato, rieletto per la quinta volta alla Camera dei Deputati e, per la seconda, applicando le regole della legge di cui fu relatore nel 2017. Domani, ore 10, sarà lui a presiedere la prima seduta a Montecitorio in qualità di vicepresidente anziano nella scorsa legislatura. Emozionato? «È uno straordinario onore», risponde a Prealpina il coordinatore nazionale di Italia Viva, «anche perché sedendosi in quei banchi si sente tutta la responsabilità di chi in quelle aule ha scritto la storia e la democrazia del nostro Paese».

Onorevole Rosato, consenta una battuta: le sono fischiate le orecchie per tutte le volte in cui nelle ultime settimane è stato detto che la sua legge elettorale è sbagliata?
«Rispondendo alla battuta: sì. Ma chi ha fatto vera politica ha usato questa legge, ha costruito una coalizione e ha trasformato i voti in seggi. Il Partito democratico, con tattica suicida, dopo avere spiegato per anni la sua vocazione maggioritaria, ha regalato la vittoria alla Meloni».

Quali novità, quale valore aggiunto si aspetta da un Parlamento ridimensionato?
«Valori aggiunti non ne vedo. Bisognerà attrezzarsi per riformare le nostre istituzioni, renderle più moderne e più aderenti a un tempo di decisione molto più veloce di sessant'anni fa».

Che cosa intende per più veloce?
«Monocameralismo, elezione diretta del presidente del Consiglio, informatizzazione e trasparenza nelle procedure, modifiche regolamentari e costituzionali. Ma dev'essere chiaro: oggi bisogna occuparsi prima di tutto delle bollette e dell'inflazione, pur confidando che nell'agenda della nuova legislatura le emergenze non siano l'unico argomento da affrontare».

Perché Giorgia Meloni punta all'elezione diretta del presidente della Repubblica e non cita quella del presidente del Consiglio?
«Non glielo so dire, ma penso che l'esperienza di governo aiuterà Giorgia Meloni ad apprezzare la figura di terzietà che nel sistema italiano esiste con un presidente della Repubblica così concepito. Chiamiamolo semipresidenzialismo, elezione diretta: la sostanza è che è giusto consentire ai cittadini di scegliere chi li governa e mantenere una figura in grado di rappresentare il Paese. Se andiamo indietro nella nostra storia troviamo mille buone ragioni per avere un presidente della Repubblica di garanzia».

C'è qualcosa di cui si è pentito di avere previsto nell'impianto del Rosatellum?
«Si gioca a calcio in 10, in 11 o in 12? La regola è che si gioca in 11. Lo stesso vale per la legge elettorale. Che, nel caso specifico, è stata votata con il più largo consenso, maggioranza e opposizione, nella storia repubblicana. Poi, è facile parlarne male: così si coprono i disastri politici. Mi permetto una sottolineatura. Nel Regno Unito con il 43% dei voti i conservatori hanno la maggioranza assoluta del Parlamento. In Italia con il 43% dei voti la coalizione guidata da Giorgia Meloni ha la maggioranza assoluta dei seggi: il mix di proporzionale e di maggioritario ha consentito quindi rappresentanza e governabilità, che sono i due requisiti che una legge elettorale dovrebbe sempre garantire».

Secondo lei il nuovo Parlamento dovrebbe cambiare la "sua" legge elettorale?
«Io spero di sì. Le riforme costituzionali imporrerebbero una nuova legge con l'elezione diretta del presidente del Consiglio: il modello "sindaco d`Italia" consente l'utilizzo della legge elettorale vigente nei Comuni. E sarebbero previste anche le preferenze per consentire agli elettori di scegliere deputati e senatori».

Appunto: non crede che votare a scatola chiusa i candidati imposti dalle segreterie abbia spinto molti verso l'astensionismo?
«Non credo che sia questa la ragione. La disaffezione al voto deriva piuttosto dalla fantasia usata in campagna elettorale, e mi riferisco alla coalizione che ha vinto queste elezioni: mille euro di pensione a tutti, abolizione della Fornero, dentiere gratis, raddoppio del reddito di cittadinanza. Il problema, dunque, non è la preferenza ma le prese in giro. L'astensionismo si combatte combattendo il populismo».

Ci spiega il meccanismo del flipper? Alcuni candidati sono stati illusi per pochi ore di essere assurti agli onori parlamentari...
«Me lo chiedono in continuazione. Primo: sarebbe bastato copiare la formula usata l'ultima volta, nel 2018, e gli errori non sarebbero accaduti. Punto. Secondo: alcune sezioni hanno trasmesso i dati in ritardo e questo ha cambiato i risultati, accade in tutto il mondo. Terzo: l'effetto flipper. Supponiamo di dover eleggere cento deputati e che questi cento siano eletti in dieci collegi. Se un partito prende il 3% gli spettano 3 deputati, ma in quale di questi dieci collegi prenderà il deputato? E qui entra in gioco l'effetto, inevitabile, di tutti i sistemi proporzionali: sono le regole per determinare dove scattano i seggi. Certo, l'applicazione sbagliata della norma ha prodotto il balletto che abbiamo visto in questi giorni. Ma si tratta di un errore nell'applicazione della legge, non di altro».

Umberto Bossi all'inizio non risultava eletto, due giorni dopo sì: com'è possibile?
«Nel suo caso hanno applicato male la legge, come poi è stato riconosciuto. Dalla Cassazione è partita una telefonata al Ministero dell'Interno per dire: perché non avete applicato la norma come cinque anni fa? Fatto questo, l'errore sulla mancata elezione di Bossi è stato risolto».

Un'avvocato gallaratese candidata al Senato, Francesca Caruso di Fratelli d'Italia, ha fatto ricorso denunciando che grazie ai maggiori resti il seggio spettava a lei e non ad altri partiti: quindi è un ricorso inutile?
«Tutti i ricorsi hanno senso e vanno rispettati. Con qualsiasi legge elettorale il Parlamento ha esaminato i tanti ricorsi che vengono presentati. È una prassi, con qualsiasi legge elettorale».

Soglia di sbarramento per i partitini al 3%: secondo lei è giusta, va alzata o abbassata?
«Va cambiata radicalmente la legge elettorale, non è un problema di soglia al 3%. Che peraltro ha funzionato abbastanza bene, mi pare».

In diversi collegi l'alleanza Italia Viva-Azione ha superato Forza Italia e Lega: il Rosatellum ha portato fortuna al Terzo Polo.
«In poche settimane abbiamo ottenuto un grande risultato, ma c'è ancora molta strada da fare. Trasformare cioè un'alleanza elettorale in un partito politico, capace di aprirsi alle tante forze che ci guardano con interesse. Ma mi consenta di esprimere una soddisfazione...».

Prego, onorevole Rosato.
«A Varese, come in Lombardia, il Terzo Polo ha avuto un grande risultato: nel capoluogo ha superato la Lega. Questo è anche frutto dell'ottimo lavoro di Maria Chiara Gadda, che torna in Parlamento a portare la sua professionalità».

Altre adesioni in vista nel Terzo Polo?
«Penso di sì, ma ora il nostro impegno è mostrare agli italiani che è stato utile votare per noi. Il loro voto non si trasformerà in un'opposizione a prescindere ma in un lavoro continuo sulla maggioranza affinché faccia le scelte migliori per affrontare la crisi che abbiamo davanti».

Significa che il Terzo Polo sarà collaborativo con il futuro governo di centrodestra?
«Siamo all'opposizione ma opposizione non vuole dire sperare che chi governa faccia male. Semmai, vuol dire aiutare chi governa a non commettere errori e denunciare le cose che non vanno. In una fase difficile come questa, gli italiani si aspettano soluzioni e non comizi».