Intervista di Valerio Valentini, "il Foglio", 8 maggio 2020.
Lo sbuffo d'insofferenza di Ettore Rosato arriva a metà della chiacchierata: "E va bene, sì: noi di Italia Viva siamo dei rompiscatole. Lo siamo perché quando sentiamo proporre l'ingresso dello stato nei cda delle imprese, ci agitiamo. E ci agitiamo quando la liquidità promessa ad artigiani e liberi professionisti non arriva. E ci agitiamo anche quando ci viene detto che il Piano Shock per lo sblocco dei cantieri deve ancora attendere. Ecco, non siamo per una politica apatica".
E insomma si capisce subito che il vertice tra la delegazione di Iv e Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, da poco concluso quando il vicepresidente della Camera risponde al telefono, non è stato esattamente idilliaco.
"Conta poco, quanto sia stato cordiale. Noi confidiamo che serva a iniziare un percorso nuovo, per lavorare sulle priorità del paese. E d'altronde, se è stato il presidente del Consiglio a chiederci un incontro, è perché evidentemente anche lui si rende conto che certi equilibri non funzionano".
Del resto Matteo Renzi, lanciando il suo appello a Conte dall'Aula del Senato, la settimana scorsa, non ha contribuito a consolidarli. "Renzi ha invitato il premier a scegliere tra la politica e il populismo. Ora, noi non pretendiamo di avere sempre ragione, né ci divertiamo a porre veti. Ma vogliamo essere compartecipi delle scelte da prendere".
Ad esempio?
"Teresa Bellanova, chiedendo la regolarizzazione di 600 mila stranieri, pone un tema che, oltre a essere culturalmente sacrosanto, è terribilmente serio, perché senza quella manodopera rischiamo di pagare pomodori e insalata il doppio del prezzo attuale. Quando Elena Bonetti rivendica maggiori risorse, non lo fa per un capriccio personale, ma perché vuole dare risposte serie alle famiglie, specie a quelle con tanti figli. Quanto all'Europa, poi: l'idea che il nostro governo rinunci a risorse a basso costo perché l'etichetta di chi ce le presta non piace a Di Battista o Crimi, la trovo allucinante. E poi c'è un tema più generale".
Sarebbe?
"Nel pianificare la ripartenza, il governo appare troppo fedele a una certa idea di sinistra, quella che professa statalismo e assistenzialismo, che è dannosa, perché deprime le migliori energie produttive di questo paese. Non posso pensare che il governo non faccia tesoro delle parole di Carlo Bonomi, comprese quelle più severe: per ripartire il paese deve stringere un'intesa solidissima con le imprese, grandi e piccole. È questo che c'interessa".
Questo, intende, e non le trame di Palazzo volte a far cadere il governo?
"Questo governo si rafforza facendo le cose giuste per rilanciare l'economia del paese. Il resto è chiacchiericcio".
È l'ultimo governo della legislatura?
"Più che al numero di governi, badiamo al numero delle imprese che rischiano di chiudere. Anche Conte mi è sembrato condividere questa preoccupazione".
Nel senso che le due cose sono connesse?
"Nel senso che dobbiamo fare di tutto per aiutare le imprese che hanno subito questa crisi. A loro dallo stato serve un sostegno, anche a fondo perduto sotto forma di riduzione delle tasse, e non un consigliere di amministrazione".
E però il destino del governo dipende anche da quello del ministro Bonafede. Annunciando la mozione di sfiducia al Guardasigilli, Salvini dice che spera in un vostro supporto.
"La speranza di Iv, invece, è di vedere, da qui alla prossima settimana in cui si voterà la mozione, l'avvio di politiche sulla giustizia più improntate al garantismo e alla Costituzione".
Dunque la vostra scelta dipenderà anche dalla correzione di certe riforme che già prima del Covid contestavate?
"Il dibattito sulla prescrizione non s'è mai concluso. E io confido che si voglia riprenderlo con saggezza, facendo anche tesoro delle cose che sono successe in questi ultimi giorni".
Come a dire che la cultura del sospetto, la condanna facile, è una bestia che si può rivoltare anche contro chi la aizza?
"L'esperienza aiuta a capire tante cose: il giustizialismo è una barbarie sempre. Ma al fondo ci sono, da parte nostra, osservazioni di merito: la nostra battaglia sulla giustizia nelle carceri ci venne criticata come pretestuosa, ma mi pare si sia rivelata fondata, se ora si è arrivati a rimuovere il capo del Dap. Altro, insomma, che rompiscatole".