Intervista di Emanuele Rossi, “il Secolo XIX”, 25 maggio 2022.
«Da un lato c'è mister infrastrutture, dall'altro Beppe Grillo, la scelta per noi era chiara». Matteo Renzi non sa ancora se oggi incontrerà il sindaco di Genova Marco Bucci, nella sua visita genovese, «dipende dalle agende e da quanto mi tengono in tribunale», dice. Ma non si fa pregare nello spiegare il perché del sostegno di Italia Viva a Genova. Il leader di IV sarà in città per presentare il suo libro "Il Mostro" alle 17.30 al Galata Museo del mare. E prima si presenterà all'udienza per opporsi all'archiviazione chiesta dalla Procura di Genova delle sue denunce contro i Pm fiorentini che hanno indagato sulla fondazione Open.
Senatore, a Genova sostenete Marco Bucci. A Savona governate con il Pd. A Spezia andate da soli. Qual è la vera Italia Viva?
«Questa. Quella che sceglie i sindaci migliori pensando alle città e non a coalizioni finte. Se allarghiamo lo sguardo alla politica globale, che cosa tiene insieme grillini e Pd? Nulla. Certo non la posizione sull'Ucraina. E quale idea di Europa tiene insieme Meloni, Salvini o Berlusconi? Nessuna. La verità è che queste coalizioni sono astrazioni retoriche. Nella sostanza non vanno d'accordo su nulla. Normale dunque che quando si arriva nelle città si provi a votare per il candidato più adatto a fare il sindaco. A Savona lo scorso anno fu Marco Russo. Quest'anno per Genova Marco Bucci e per Spezia Antonella Franciosi. Ci accontentiamo solo del meglio».
Cosa vi ha convinto della proposta di Bucci?
«Ci ha convinti lui, la sua serietà, il suo stile di governo. È un sindaco civico formidabile soprattutto nella sua credibilità sulle infrastrutture come abbiamo visto per il Ponte Morandi. Dall'altra parte c'è chi come Beppe Grillo voleva mandare l'esercito a bloccare la Gronda. E dire che è anche un genovese: ma come fa a non rendersi contro delle opportunità che si aprirebbero per la vostra città se venisse meno lo storico isolamento infrastrutturale di cui soffrire da decenni? Anche per questo Genova è un caso speciale: da un lato c'è mister infrastrutture, dall'altro c'è Grillo... E poi Bucci l'ho incontrato alla Leopolda, come Beppe Sala».
Però è l'unica grande città dove andrete con la destra.
«È un approccio civico, non cinico come quello dei grillini. A Verona sosteniamo Flavio Tosi che non è certo di sinistra ma è sgradito alla Lega. A Palermo non abbiamo voluto andare con il centrodestra perché era un'operazione troppo politica, fatta a tavolino ad Arcore».
FdI a Genova ha detto che se costituirete un gruppo autonomo il sindaco dovrà scegliere tra voi e loro. Cosa ne pensa?
«Decideranno il sindaco e gli eletti. Quello che pensa Fratelli d'Italia francamente non mi riguarda».
Il candidato del centrosinistra a Genova, Ariel Dello Strologo, ha un profilo riformista. Perché non lo avete considerato valido?
«Perché un riformista si definisce tale sulla base delle scelte e delle alleanze che fa, non dal proprio passato. Dello Strologo sta coi grillini: il riformismo non è un premio alla carriera ma uno sguardo sul futuro. E Bucci è molto più riformista di tutti. Uno come lui che si è caricato la responsabilità di farsi carico del dolore di una città per le 43 vittime innocenti senza venir meno al dovere della ricostruzione meriterebbe più rispetto da parte di tutti».
Il "campo largo" di Letta sembra in difficoltà a livello nazionale. Il centrodestra litiga su tutto o quasi. Come si presenterà il centrosinistra alle elezioni del 23? Voi da che parte starete?
«Ci porremo il tema nel 2023. Io penso che i grillini non ci arriveranno integri: troppo forti le loro divisioni interne. Ma chi vivrà vedrà».
Come sono i rapporti con il governatore Giovanni Toti? Per mesi si è parlato dell'idea di unificare le tante forze centriste ma il progetto dopo la rielezione di Mattarella sembra essere stato accantonato. È così?
«Con Giovanni abbiamo fatto bene a livello amministrativo sistemando il Bisagno e completando gli accordi presi con Burlando. Ho capito che loro restano nel centrodestra, ma non so ancora per quanto visto che Meloni e Salvini non mi sembrano avere le idee chiare quantomeno sulla collocazione internazionale del Paese».
Lei sarà a Genova per presentare il suo libro ma anche per l'udienza sull'archiviazione dei magistrati fiorentini. Cosa andrà a dire in tribunale?
«Che i Pm fiorentini hanno violato le leggi in modo plateale, addirittura senza leggere la mia lettera di formale diffida che avevo mandato a proposito dell'Articolo 68 della Costituzione. Che i Pm genovesi abbiano chiesto l'archiviazione in sei giorni - senza neppure fare due indagini - la dice lunga sul corporativismo della categoria. Spero di trovare un Gip che studia le carte e giudica secondo coscienza. Quanto al mio libro, nessuno ne parla: le cose che ci sono scritte dentro sono oggettivamente enormi. In un mondo civile chi lo legge dovrebbe avere i brividi. E bisognerebbe reagire tutti insieme, a prescindere dal colore politico».
Crede che avranno successo i referendum sulla giustizia?
«Credo di sì, temo di no. Da quando hanno tolto cannabis, eutanasia, responsabilità civile non mi pare che ci sia interesse alla partecipazione».
Come voterà Italia Viva sul ddl concorrenza che sta creando fibrillazioni al governo? Crede che la maggioranza che sostiene Mario Draghi possa reggere sino al 2023 tra guerra ed elezioni che si avvicinano?
«Noi stiamo con Draghi, punto. Lo abbiamo voluto contro l'incapacità di Conte. Lo stiamo sostenendo oggi. Lo sosterremo fino all'ultimo giorno».
La riforma della legge elettorale è possibile o mancano le condizioni?
«Spero di sì ma anche in questo caso il pessimismo della ragione si contrappone all'ottimismo della volontà. C'è solo una strada vera per cambiare questo Paese: le riforme costituzionali per prendersi cura della nostra democrazia facendola diventare democrazia decidente e non solo democrazia rappresentativa. Ci ho perso Palazzo Chigi per questa ansia di cambiamento ma lo rifarei domattina perché era utile per l'Italia anche se pericoloso per me».
Insistete sull'idea del "sindaco d'Italia"?
«Oggi penso che non ci siano alternative alla legge elettorale a doppio turno che avevamo pensato: chi vince al ballottaggio governa per cinque anni. Ed è anche un antidoto verso coalizioni che non stanno in piedi: si veda cosa ha fatto Macron in Francia, con i socialisti e i repubblicani al minimo storico. Conta la persona, proprio come per i sindaci».