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Renzi: "Ora o mai più facciamo un grande investimento sul futuro dell'Italia"

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L'intervento nell'Aula del Senato del 19 gennaio 2021. 

Signor Presidente del Senato, signor Presidente del Consiglio dei ministri, onorevoli colleghi, questo luogo esige e merita rispetto e la sua valutazione, signor Presidente, rispetto al fatto che questa crisi è incomprensibile impone a noi di Italia Viva e a me personalmente di prendere al volo l'opportunità e di dirle, guardandola negli occhi, che cosa ha portato ciascuno di noi in questi mesi ad allontanare il proprio cammino dal cammino del Governo.

Quando una storia volge al termine vale la pena dirsi le cose senza che rimanga niente in sospeso: noi pensiamo che il suo Governo non sia il governo più bello del mondo, non sia - come lei ha detto - il governo migliore del mondo; pensiamo che per la drammaticità della pandemia e per la tragedia in corso ci sia bisogno di un governo più forte. Noi non pensiamo che davanti alla tragedia che questo Paese sta vivendo e che lei ricorda puntualmente qui e altrove possa bastare la narrazione politica del «gli altri Paesi ci copiano, siamo un modello».

Non è stata aperta ancora una crisi istituzionale, perché lei non si è dimesso al Quirinale, ma ci sono tre crisi grandi, enormi e drammatiche, che sono aperte da tempo e non certo per colpa sua, signor Presidente. La prima è la cisi economica: l'Italia è il Paese messo peggio di tutti dal punto di vista della caduta del PIL nell'anno 2020, con una diminuzione del 10 per cento, e le previsioni ottimistiche del Ministero dell'economia e delle finanze, che prevedono una crescita del 6 per cento, sono smentite innanzitutto dalla Banca d'Italia, che per il 2021 prevede una crescita dimezzata rispetto a quella dell'Esecutivo. Abbiamo dunque un record negativo: siamo i peggiori al mondo nell'economia.

C'è un secondo elemento drammatico, ovvero la crisi sanitaria. I nostri infermieri, i nostri medici e il nostro personale sono straordinari, ma l'Italia è il Paese al mondo che ha il peggior rapporto tra popolazione e decessi per Covid. Questo porta a fare una riflessione: non può bastare la narrazione del «come siamo stati bravi» o dell'«andrà tutto bene». Occorre investire di più in sanità, farlo meglio e farlo adesso.

Il terzo e ultimo punto, che voglio citare, tra i tanti, riguarda il fatto che abbiamo il record negativo nella crisi educativa e scolastica. Non se ne parla mai in modo strategico e compiuto e quando ho provato, insieme ai miei colleghi, nel marzo 2020, a proporre di organizzarsi per tempo per ripartire con la scuola, c'è stato un coro unanime, nel dire che quello non era il momento. Il dato di fatto è che l'Italia è il Paese che ha mandato i propri ragazzi a scuola meno di tutti gli altri in Europa.

Questi tre record negativi sono macigni, che non sono entrati nel suo discorso, signor Presidente del Consiglio. Mi sarei aspettato da lei un elenco ambizioso: non titoli o un sommario di punti aperti, ma un grande sogno per il futuro del Paese, una visione, un orizzonte. Non abbiamo chiesto a lei di essere accontentati con qualche posto, ma le abbiamo detto: apriamo in Parlamento un grande dibattito su quello che deve essere il futuro del Paese e poi facciamolo davvero. Signor Presidente del Consiglio, lei ha avuto paura di salire al Quirinale il giorno dopo le dimissioni, non perché abbia messo al centro il destino del Paese, ma perché ha scelto un arrocco istituzionale, che spero sia utile per lei e per il Governo, ma che temo sia dannoso per le istituzioni.

Ha chiesto chiarezza, trasparenza, franchezza e, come vede, la accontento. Lei dice che i cittadini non capiscono e che, anzi, non capisce neanche lei. Signor Presidente, non faccia torto alla sua intelligenza, di cui ho stima. Sono mesi che, in quest'Aula, le stiamo chiedendo, con rispetto, una svolta. Nel mese di maggio, il ministro Bonafede, che siede alla sua destra, è stato oggetto di una mozione di sfiducia, che condividevamo. Signor Presidente del Consiglio, lei si è alzato, in quest'Aula, e ha chiesto alla maggioranza un gesto di responsabilità e noi l'abbiamo seguita. Nel mese di luglio mi sono alzato da questo banco e ho chiesto che il mese di agosto fosse dedicato soltanto a discutere del Recovery Plan, ma non siamo stati seguiti e non siamo stati accontentati e, anzi, quando nel mese di dicembre è arrivata una bozza indecente del recovery plan in Consiglio dei ministri e noi abbiamo detto che non era il caso di parlarne, un Ministro del suo Governo ha detto che Renzi è come Orban, perché vuole bloccare il Recovery Plan.

Nel mese di settembre, dopo le elezioni regionali, Italia Viva - ma non solo - ha utilizzato queste parole: cambio di passo e salto di qualità. Nel mese di novembre ci siamo incontrati due volte a Palazzo Chigi e la sua ospitalità è stata straordinaria come sempre e ci siamo detti di fare un tavolo politico entro il mese, per chiudere i problemi aperti. Nel mese di dicembre le abbiamo scritto una lettera di quattro pagine, a cui non ha mai risposto. Nel mese di gennaio abbiamo mandato al Partito Democratico e agli altri partiti della coalizione un elenco, con i 30 dossier principali.

Signor Presidente, non faccia torto alla sua intelligenza, ma neanche alla nostra. Sono mesi che vi chiediamo di cambiare e che vi chiediamo una svolta. Non è vero che siamo stati impazienti o irresponsabili, forse siamo stati fin troppo pazienti. C'è bisogno di dirsi le cose in faccia, in modo liberatorio e tranquillo. Lei ha detto che non è questo il momento di una crisi: l'hanno detto in tanti e l'hanno detto anche i miei amici, al bar. La comunicazione è passata: questo non è il momento per aprire una crisi. Io la rispetto, signor Presidente, ma questo è il momento per guardarci dentro, veramente e fino in fondo, e decidere. Lei, che conosce il greco meglio di me, sa che questo è un kairos, un momento opportuno, perché ora o mai più si può fare la discussione.

Chi dice che durante la pandemia non si può parlare di politica nega tra le libertà costituzionali rimosse in questo periodo persino quella doverosa di occuparsi del bene comune. Ora ci giochiamo il futuro, non tra sei mesi.

Presidente, ora o mai più perché c'è un nuovo Presidente degli Stati Uniti d'America. Oggi è l'ultima notte in cui Donald Trump dormirà nella stanza di Lincoln; da domani si apre una pagina nuova, con Joe Biden, con il multilateralismo, con un uomo che guida gli Stati Uniti avendo una grande passione per l'Europa e per l'Italia.

Signor Presidente, ora o mai più perché qualche giorno fa, ad Alula, la città recentemente visitata dal Ministro degli esteri, si sono siglati accordi impressionanti nel mondo arabo che hanno segnato la svolta, in particolar modo per la Libia. Non se ne parla più; la Turchia è diventato il Paese principale che guida il futuro della Libia, e non noi.

Signor Presidente, ora o mai più perché, qualche giorno fa, mentre noi litigavamo e discutevamo, Macron e Merkel hanno chiuso un accordo con le istituzioni europee assieme alla Cina, e noi, che eravamo stati quelli a firmare per primi, tra mille polemiche, il progetto One Belt One Road, non siamo entrati neanche nella partita.

Signor Presidente, ora o mai più perché la Brexit ora gioca la sua sfida. Che sogno sarebbe permettere ai ragazzi più giovani di poter finalmente immaginare un grande investimento sulle università, sugli istituti che sono oggi messi in difficoltà dalla mancanza dell'Erasmus nel Regno Unito. Quanto sarebbe bello fare delle nostre università il centro di attrazione. Quanto sarebbe bello discutere di giovani e di futuro e non soltanto di beghe interne.

Ora o mai più perché questo è l'anno del G20, è l'anno del Cop26.

Ora o mai più, Presidente, perché adesso vanno rimandati i ragazzi a scuola. In questo senso, abbiamo fatto una piccola proposta, non abbiamo fatto discorsi: abbiamo suggerito di iniziare la settimana prossima e di dare le 476.000 dosi della Pfizer agli insegnanti delle scuole medie superiori e inferiori, che sono 435.000; iniziamo a dire che la scuola è il punto da cui riparte un Paese, non i banchi a rotelle: 461 milioni di euro buttati via, signor Presidente.

Ora o mai più per l'economia, perché se continuiamo con una logica - che, purtroppo, ha impegnato in parte anche la legge di bilancio - di piccoli e micro interventi, non usciamo dalla crisi. Abbiamo il 160 per cento di debito; i ragazzi sono chiusi in casa e pagheranno il conto di questa crisi più di tutti gli altri. Quale Next generation EU, se non siamo in condizioni di lasciare ai nostri figli nient'altro che montagne di debito.

Ora o mai più per il MES. Signor Presidente, investiamo 2.700 euro a testa per la sanità; la Germania 5.100: ci sarà o no un collegamento tra queste due cose?

L'aver detto no al MES a giugno ad oggi è costato 564 milioni alla comunità nazionale. Sto pensando a tutto il piano Amaldi, il piano ricerca che, ad esempio, in tanti ricercatori hanno chiesto di poter finanziare. Sto pensando a tutti gli investimenti che possiamo fare per la medicina territoriale, ma anche per la medicina personalizzata, per l'innovazione tecnologica. O lo facciamo ora o non tornerà mai più. Scusate se uso un tono aulico, ma saremo maledetti dai nostri figli se non investiamo ora sulla scuola, se non investiamo ora sulla sanità.

Permettetemi di dirvi che questi sono temi politici; potete essere d'accordo o meno, ma è di questo che abbiamo discusso fino ad oggi: dell'intelligenza artificiale, non dell'abolizione della povertà; della lotteria degli scontrini, non delle città del futuro; della logica NIMBY, non di come fare dei green jobs, dei lavori verdi, la possibilità di far crescere l'occupazione; di chi deve comprare il Monte dei Paschi di Siena appoggiandosi a quegli stessi consulenti che vent'anni anni fa hanno già combinato sufficienti pasticci, non del terzo settore e dell'economia sociale.

Signor Presidente, di questi temi vorremmo parlare con lei: del turismo (ne cito soltanto uno e poi mi fermo perché voglio arrivare alla parte politica).

In tutto il mondo - chi gira il mondo, anche adesso, o comunque lavora con le istituzioni internazionali lo sa - ci si sta preparando a un rimbalzo enorme sul turismo, perché, dopo che la gente è stata tenuta in casa per un anno e mezzo, quando tra sei mesi, tre mesi - speriamo prima possibile - i vaccini consentiranno di tornare alla normalità, ci sarà una molla di investimenti sul turismo pazzesca.

Oggi abbiamo la mancanza di un grande investimento su questi settori. Abbiamo chiesto che il Next generation EU potesse investire di più.

Chi perde oggi? Qualcuno dice Conte, Renzi, Italia Viva.

Mi viene in mente quella pagina de «I Malavoglia» - sicuramente lei la conosce meglio di me - quando lo zio Crocifisso riceve la notizia che nella battaglia qualcuno del Paese, Luca, è morto, e lo speziale dice: ma insomma, alla fine abbiamo perso una battaglia, è una brutta faccenda, e gli viene chiesto chi ha perso: io, noi, tutti, cioè l'Italia. E in quel momento Campana di legno risponde dicendo di non aver perso nulla. Ebbene, è la stessa cosa che sta avvenendo oggi.

Sembra che la discussione riguardi le singole persone: io non ho perso niente. Noi non abbiamo perso niente, signor Presidente, ma è l'Italia che sta perdendo la cosa peggiore da perdere, che è la più grande occasione, più del piano Marshall.

Le poltrone, i posti, gli incarichi passano, si perdono e si riprendono; le opportunità mai più. Ecco perché dico: adesso. Ecco perché, presidente Conte, le chiedo: facciamo un grande investimento sul futuro. (Applausi). Ecco perché, presidente Conte, le chiedo: faccia un passo in più. Più che chiederlo adesso, le ho chiesto in passato: faccia un passo in avanti. Non trasformi tutto soltanto in una mera distribuzione di incarichi.

Presidente Conte, non lo dico con ironia: io capisco che lei arrivi alla politica, di fatto, al primo incarico, da Presidente del Consiglio ed è ovviamente una grande responsabilità. Ella, però, ha mancato tutta quella parte di politica che è la gavetta, che è l'impegno, che sono le battaglie vinte e perse. Lei, probabilmente, immagina che la politica sia davvero l'arte difficile del governo, che è difficile, nonostante le ironie di qualcuno, è molto difficile.

In questa arte del governo, però, signor Presidente, non possiamo limitarci ad attribuire una poltrona all'uno e all'altro per tenere in piedi una maggioranza. Lo dico perché lei ha dato, ad alcuni colleghi dell'opposizione, che lo hanno detto sui giornali, e anche a qualcuno di noi, l'idea di preoccuparsi in questo momento più di piazzare qualcuno al posto giusto.

Devo dire che lei non ha mai mancato di rispetto a me. Quando sono venuta a trovarla, ha chiesto, con grande gentilezza, se ero interessato a degli incarichi internazionali; e io le ho detto, con altrettanta gentilezza, di no, per un motivo molto semplice: che in questo momento non è in ballo il destino personale di Tizio, Caio e Sempronio. In questo momento, è in ballo il futuro del Paese.

Io capisco che facciate fatica ad accettarlo. Capisco che facciate fatica ad accettarlo, ma quando due donne si dimettono dall'incarico di Ministro e lo fanno con la storia di Teresa Bellanova, sindacalista, senatrice, Ministro della Repubblica, voi dovreste avere rispetto per chi abbandona una poltrona in cambio di un'idea! (Applausi). Quando Elena Bonetti fa ritorno all'università lasciando il Parlamento, compie un atto enorme, che nella storia repubblicana non veniva fatto, da una squadra, dal 1990! E andate a studiare la storia e chi erano quei Ministri che si dimisero.

E quando questo gesto nobile diviene oggetto di ironie, presidente Conte, stiamo perdendo di vista la realtà. Lei, infatti, signor Presidente, ha fatto l'opposto. Lei ha cambiato la terza maggioranza in tre anni pur di restare dov'è. Lei, signor Presidente del Consiglio, ha governato con Matteo Salvini, che oggi so essere il punto di riferimento del progressismo. Ma lei è stato il Presidente del Consiglio che ha firmato i decreti Salvini sull'immigrazione; che ha firmato quota 100. Poi, è diventato europeista: io ne sono felice e orgoglioso.

Adesso si si accinge alla terza maggioranza diversa. Ci risparmi, però, la frase "l'agenda Biden è la mia agenda", dopo aver detto "l'agenda Trump è la mia agenda". Presidente Conte, rispetto agli Stati Uniti d'America lei rappresenta l'Italia. Non cerchi di avere un atteggiamento provinciale per il quale, a seconda del capo, lo accontenta dicendo che la nostra agenda è la loro agenda.

Noi dobbiamo avere un atteggiamento profondamente diverso. Se lei va all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e rivendica il suo sovranismo con la tesi, per me discutibile, che il sovranismo sia in Costituzione (ma è una mia opinione), lei non può puoi venire a dire che vuol fare il leader anti sovranista. Se lei va alla scuola di formazione della Lega con Armando Siri a dire che lei è populista, non venga a dire che adesso può governare con una maggioranza antipopulista.

Signor Presidente del Consiglio, lei non può cambiare le idee per mantenere la poltrona. Abbia la forza di fare una cosa diversa: lanci un messaggio profondo al Paese. Racconti che c'è uno spazio per tutti noi. (Applausi). Questo spazio per tutti noi, maggioranza e opposizione, è uno spazio che non può essere cancellato dal fatto che un partito è al 2 per cento.

Ho sentito autorevoli leader dire che la impopolarità impedisce di parlare. Come può uno con bassa popolarità portare le sue idee? Questa è la trasformazione finale della politica in reality show. Questa è l'idea che il consenso prevale sulle idee. Questa è l'idea che tu non puoi parlare perché non hai il consenso. (Applausi).

Quando poi scopri che, quando chiedi una cosa sui servizi segreti, ti dicono di no la prima volta, la seconda, la terza, ma alla quarta ti dicono di sì. Non sono i sondaggi a governare un Paese.

Signor Presidente, io ho tre cose da dirle in conclusione. La prima è che lei ha scelto, del tutto legittimamente, una strategia. A fronte di una nostra richiesta di politica, a fronte di una richiesta di parlare dei giovani, dell'innovazione, del turismo, della tecnologia, ha scelto di arroccarsi e di venire in Parlamento.

Qualche collaboratore zelante del suo staff ha dimostrato che lei utilizza la comunicazione istituzionale da Palazzo Chigi, con i soldi pagati dal contribuente, per attaccare gli avversari politici (a meno che non sia davvero un caso di hacker, il che sarebbe una cosa gravissima). Lei, signor Presidente, ha scelto di giocare la carta dell'attacco sull'altro in nome della irresponsabilità. Chi è irresponsabile? Chi le chiede di parlare di politica e le offre uno spazio concreto per ragionare del futuro del Paese o chi dice di no ai soldi per la sanità con la stessa forza con cui diceva no ai vaccini, all'Euro e alla TAV e oggi ci spiega l'importanza della sanità, dell'europeismo e delle infrastrutture? (Applausi).

Signor Presidente del Consiglio, lei può venire in Parlamento e trovare la maggioranza; vediamo se arriverà a 161 voti. Ci sono stati dei momenti nella storia repubblicana in cui questa maggioranza non è stata trovata. Mi rivolgo agli amici e compagni del Partito Democratico. Nel 1987 il Capogruppo della Democrazia Cristiana (si chiamava Mino Martinazzoli), di fronte a un Governo della non sfiducia, disse queste parole: «Non stiamo al gioco, insomma. E ci viene fatto di chiedere, piuttosto, se la vostra gremita ed esuberante compagnia sia, poi, così allegra e spensierata o se non avverta la nostalgia di qualche cosa di impegnativo che la rassicuri. Io credo che la politica è altrove e che, prima o poi, dovrete tornarci. Noi vi aspettiamo lì».

Penso che questa sia la discussione. Se volete una chiacchiera astratta sui grandi temi, fatela; se volete dare risposte concrete agli italiani - ed è il secondo punto - fate presto. Volete andare avanti con una maggioranza raccogliticcia davanti al più grande piano per il futuro del Paese? Vi auguro che sia almeno maggioranza, raccogliticcia lo è di sicuro. Ripeto, vi auguro che sia maggioranza, ma fate presto perché non avete tempo da perdere.

Passo al terzo e ultimo punto. Ci hanno detto: se ve ne andate perderete tutto. Sì, e lo diciamo guardandovi negli occhi perché per noi, a differenza di altri, la politica non è cambiare le idee per mantenersi nella stessa poltrona. (Applausi).

C'è un punto fondamentale su cui mi voglio soffermare con grande chiarezza ed è il seguente. Quando quest'estate i ragazzi di Italia Viva andranno alla scuola di formazione politica riceveranno un messaggio da Teresa Bellanova, Elena Bonetti e Ivan Scalfarotto: quando si fa politica si può anche rinunciare a una poltrona, ma non si può rinunciare a un'idea. (Applausi).

Signor Presidente del Consiglio, mi auguro che nei prossimi giorni e settimane lei metterà al centro le idee e non lo scambio di poltrone, perché il Paese in questo momento non si merita un mercato indecoroso. (Applausi).

Chi lo desidera può rivedere l'intervento completo qui di seguito o a questo indirizzo.