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Renzi: «Meloni rimane una antieuropeista. Bene Draghi, ma gli appelli non bastano più»

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Intervista a Matteo Renzi per «Avvenire» del 26-10-2025

di Eugenio Fatigante

L’ex premier: «I rinvii del Consiglio Ue? Von der Leyen si dimostra incapace e la nostra premier non ha mai superato il diritto di veto. Giusta l’analisi dell’ex capo Bce, per esser pragmatici oggi serve però sporcarsi le mani in prima persona»

«Per Gaza fatto il primo passo, ma dove sono ora le piazze per i palestinesi uccisi da Hamas? Non collaboro con Blair sul piano. Sì alle forze armate per garantire la pace»

«In Italia non vedo rischi per la democrazia, ma per il portafogli sì. Le tante iniziative al centro un ottimo segnale, serve un progetto diverso dal Pd come Casa Riformista»

Senatore Matteo Renzi, i leader europei hanno concluso il loro vertice con un generale rinvio. Un nuovo flop? E come valuta la virata della premier Meloni sul mantenimento dell’unanimità, smentendo il ministro Tajani?

«Il mondo brucia. E dove non brucia, corre. Davanti a questi sconvolgimenti l'Europa è ferma, risponde il leader di Italia Viva. La presidente Ursula Von der Leyen dimostra ogni giorno la sua incapacità. Quanto all'Italia, Meloni non ha mai aperto al superamento del diritto di veto: la sua storia è concettualmente antieuropeista, è ovvio che smentisca Tajani. E del resto non è la sola a smentirlo nella maggioranza.»

Mario Draghi ha proposto intanto per la Ue un “federalismo pragmatico”. Cosa ne pensa?

«Che tutti gli danno ragione e nessuno gli dà ascolto. Le considerazioni di Draghi sono giustissime. Ma purtroppo lui per primo deve rendersi conto che non bastano più gli appelli pubblici. Manca la politica, come ha detto ad agosto al Meeting di Rimini. Draghi ha fatto la differenza quando era seduto nella “stanza dei bottoni” e continuo a sognare il suo coinvolgimento in un percorso istituzionale: l’unico modo per essere pragmatici, oggi, è sporcarsi le mani in prima persona facendo politica.»

Veniamo ai conflitti. I passi avanti sono più reali a Gaza che in Ucraina. Come giudica il quadro?

«Anche qui: dove c’è la politica, torna la speranza. A Gaza sembravamo ai bordi dell’abisso. Poi il piano Trump–Kushner-Blair ha spinto i paesi arabi a un nuovo protagonismo e bloccato gli estremisti che fanno parte del governo israeliano. C’è molto da fare ancora, ma un primo passo è stato fatto. E mi sorprende che nessuno difenda più i palestinesi oggi che civili innocenti vengono uccisi come animali, per le strade di Gaza, dalle milizie di Hamas. Con tanto di video da postare sui social. Mi piacerebbe che si tornasse in piazza oggi per i palestinesi uccisi da Hamas, per i cristiani aggrediti dai coloni israeliani, per i dissidenti iraniani, per i martiri cristiani uccisi in Africa.»

Da alcune parti circolano voci su un suo presunto coinvolgimento nel team di Tony Blair anche per Gaza. Cosa risponde?

«Sono molto felice di godere della stima di Blair e collaborare con lui ma su altri dossier, non su questo. Quanto al coinvolgimento lato italiano nella futura gestione, io trovo importante che ci siano in pista leader in carica, non ex capi di governo come me. E dunque spero che Giorgia Meloni abbia un ruolo. Come ritengo importante che ci siano anche le nostre forze armate e i Carabinieri a svolgere ruoli di peacekeeping, avendo ben chiare le regole di ingaggio, con una cornice internazionale chiara di riferimento. In questo condivido e appoggio l’operato di Meloni e Crosetto: io sono all’opposizione del Governo, non sarò mai all’opposizione del Paese.»

Pensa che alla fine si farà il secondo incontro fra Donald Trump e Vladimir Putin?

«Lo spero. È l’unico modo per far cessare la carneficina in Ucraina. Ancora una volta: la politica è l’unico mezzo per fermare la guerra. E quindi serve un compromesso, sapendo bene che Putin è il responsabile di questa scellerata guerra.»

Ha definito la manovra 2026 la meno ambiziosa degli ultimi vent'anni. Non è eccessivo?

«Sulla legge di Bilancio le critiche abbondano. La presidente del Consiglio è totalmente priva di una visione e riempie i giornali di promesse che non realizza. Aveva detto «basta tasse» e nel 2026 spenderemo 600 milioni di euro in più al distributore. Aveva promesso un piano casa da 15 miliardi e non ha messo un euro. Aveva garantito agli imprenditori 25 miliardi per i dazi e la manovra ne vale 10, ma per i dazi non c’è un euro. Intanto crescono la pressione fiscale, il debito pubblico, gli italiani che fuggono, il costo della vita e il Governo non fa nulla.»

Ha fatto discutere lo scontro Meloni-Schlein sulla democrazia a rischio nel Paese. Vede un rischio reale alle porte?

«Non vedo rischi per la democrazia, ma vedo rischi per il portafogli. Il ceto medio soffre e il crollo delle nascite è impressionante. La Meloni però cerca diversivi. Ecco perché dice che la sinistra è come Hamas e attacca la Schlein quando la segretaria del Pd le risponde a tono. Ma è puro wrestling verbale. La vera domanda che il centrosinistra deve fare agli italiani è: state meglio o peggio di tre anni fa? Gli indicatori economici dicono che i mercati finanziari sono contenti, i mercati rionali no. Utili record per la finanza, povertà delle famiglie mai così alta.»

Le Regionali potrebbero chiudersi con un pareggio. Un passo indietro per il centrosinistra?

«Penso che alla fine il centrosinistra avrà preso più voti nel complesso della destra, ma vedremo. Io dico intanto che la vera partita per il centrosinistra è unire alla componente di sinistra una componente centrista. E in questo senso Casa Riformista è la vera novità, con il suo 9% in Toscana e il 4,5% in Calabria. Ora vedremo i risultati della Campania, ma intanto i primi segnali sono incoraggianti.»

Il progetto Casa Riformista va avanti, accanto però a una miriade di altre iniziative nel campo moderato. Non sono una dispersione di energie?

«No, per me sono un ottimo segnale. Ci sono le esperienze dei partiti presenti in Parlamento come Iv. Ci sono i sindaci come Salis, Manfredi, Sala. Ci sono gli assessori come Onorato e la sua rete civica. C’è il mondo ex Margherita, come ha fatto notare uno dei padri del progetto, Lorenzo Dellai. C’è il mondo cattolico, dalla rete di Trieste al tentativo di Ruffini. Ci sono amici come i socialisti di Enzo Maraio che stanno lavorando tanto sul territorio. Io penso che tutto questo dinamismo sarà prezioso per fare la differenza. Servono voti e non veti. Io voglio dare una mano a costruire questo progetto senza alcun desiderio di primogenitura, ma solo per far vincere il centrosinistra.»

Sono emerse novità dalla riunione dei riformisti dem di venerdì a Milano?

«Il Pd di Schlein è oggettivamente un’altra cosa rispetto alla nostra stagione. Poi magari qualche amico che era a Milano rientrerà nelle liste Pd alle Politiche e sinceramente non posso che augurarmelo di cuore. Ma la linea politica del Pd è quella di Schlein, come è ovvio che sia avendo vinto il congresso. La conseguenza è semplice: serve una Casa Riformista alleata del Pd, ma diversa dal Pd. E noi aiuteremo a costruirla.»