Intervista di Maria Teresa Meli, Corriere della Sera, 29 febbraio 2020
Senatore Renzi, con l'emergenza coronavirus rischiamo l'isolamento nel mondo?
«Intanto rischiamo vite umane. E per questo vorrei che il primo grazie andasse a medici, infermieri, farmacisti, ricercatori. E alle persone con difese immunitarie basse, con rischi più seri. Nella nostra chat di Italia Viva la collega Lisa Noja ci richiama a non sottovalutare la questione sanitaria: rischiamo più fallimenti che morti, è vero. Ma non sottovalutiamo le condizioni di chi rischia la vita per il coronavirus».
Quindi è un'emergenza.
«Altroché. Non parlerei di isolamento ma l'Italia è purtroppo dipinta come diffusore del virus e la colpa viene data alla nostra gestione. All'estero danno la colpa ai nostri ospedali e mi sembra così ingiusto! Alla base ci sono errori di comunicazione più che sostanza. Ma la comunicazione oggi diventa sostanza. Ora affrontiamo l'emergenza e blocchiamo il contagio. Ma poniamoci da subito il tema del recupero di reputazione internazionale».
Rischiamo una grave crisi economica?
«La crisi c'era già prima dello scoppio del coronavirus: andavamo già verso la recessione. Ciò che è accaduto peggiora il quadro in modo devastante, inutile fingere. La prima metà del 2020 è compromessa per la moda, per il turismo, per l'export, per il commercio. I numeri fanno spavento. Tutto si giocherà però sulla capacità di reazione. I disastri diventano occasioni se chi conduce le danze sa cogliere l'opportunità, perché in ogni disastro c'è anche un'opportunità. Il grafico di queste crisi è a V. Si scende in modo repentino e si risale velocemente, se si scelgono le strade giuste. Quando si abbasserà la tensione, Italia viva avanzerà le proprie proposte al governo. Non solo per l'oggi, come abbiamo già fatto. Ma anche per i prossimi anni».
Conte e il governo sempre in tv, non si è drammatizzato un po' troppo?
«Non piango sul latte versato e non serve una polemica, per di più in emergenza. Casomai urge una riflessione: i politici soffrono di una strana malattia, il sondaggismo. Si pensa che il consenso immediato su una singola proposta qualifichi l'idea come giusta perché vidimata dal sondaggista. Questo stile sdogana il populismo e uccide la politica. Qualche giorno dopo aver bloccato i voli diretti dalla Cina, scelta che ha creato problemi nella gestione del rientro dei potenziali contagiati, autorevoli amici del governo mi mostravano sondaggi che dicevano: l’84% degli italiani approva questa misura. I sondaggi davano ragione a questa scelta, ma il punto è che è sbagliato dare ragione solo ai sondaggi. Chi ha ruoli di leadership deve fare scelte assumendosi responsabilità, non rincorrendo l'opinione pubblica. Altrimenti viviamo tutti condizionati dal populismo e dalla dittatura dell’istante».
Ci sono state tensioni tra il governo e le Regioni...
«Ho visto. E nel mio piccolo ho chiesto al premier e al presidente della Lombardia di collaborare. Devo però riconoscere che il quadro costituzionale non aiuta. Da quando nel 2000 il centrosinistra - rincorrendo anche allora i sondaggi - decise di modificare il Titolo V viviamo un caos istituzionale permanente. Anche per questo la riforma costituzionale del 2016 bocciata dal referendum risolveva questa contraddizione attraverso la clausola di supremazia. In tanti mi dicono: smetti di dirlo perché resti antipatico. Posso anche smettere di dirlo ma solo a condizione che gli altri intervengano. Perché una volta di più la verità può essere antipatica ma è la verità. Il populismo è simpatico ma crea disastri».
Si è ventilata l'ipotesi di un governo di unità nazionale con lei d'accordo e il Pd l'ha attaccata.
«Trovo imbarazzante per loro che dal Pd abbiano passato ore a segnalare alle redazioni il mio sms ad Attilio Fontana come presunta pistola fumante di un patto per il governissimo. Conosco Fontana da quando eravamo sindaci insieme, lui a Varese io a Firenze. L'ho visto in tv provato come è ovvio che sia un uomo costretto a gestire una sfida del genere. E gli ho detto della mia vicinanza personale e istituzionale. Questo sarebbe il suggello del governo con la Lega? Dai, siamo seri».
Lei però non aveva escluso il governo istituzionale prima del coronavirus. Si riproporrà ad emergenza finita?
«Ad emergenza finita andremo da Conte con le nostre quattro proposte su «Italia Shock», giustizia giusta, modifica del reddito di cittadinanza ed elezione diretta del sindaco d'Italia, come avevamo concordato. E il premier valuterà. In ogni caso nessuno di noi intende fare un accordo per consentire a Salvini di votare tra otto mesi. Sarebbe una barzelletta. Coloro che ieri ci hanno attaccato su questa ipotesi sono gli stessi che avevano fatto ad agosto scorso - loro sì - un accordo con Salvini per andare a votare e, nei fatti, consegnargli pieni poteri. Per quello che ci riguarda si vota nel 2023».
Ivan Scalfarotto voleva dimettersi perché non ha avuto la delega al Commercio estero.
«Ivan è persona seria e amico fraterno. Doveva occuparsi di export e investimenti esteri, poi Di Maio non ha rispettato l'accordo. In momenti normali per una cosa così ci si dimette. E Ivan aveva scelto di farlo. Gli sono grato perché ha accettato di rinviare alla fine della quarantena politica le sue decisioni. Oggi nessuno capirebbe la polemica sulle deleghe della Farnesina. Nel merito Ivan ha totalmente ragione e la sua professionalità è un valore aggiunto per l’Italia prima ancora che per Italia Viva».
Si deve rinviare il referendum sul taglio dei parlamentari?
«Penso che alla luce del coronavirus si debba anticipare il decreto sul taglio delle tasse. Quel referendum peraltro non interessa nemmeno gli addetti ai lavori. Io mi preoccupo della crescita, non del populismo. E spero che nelle prossime ore si possano riaprire i teatri e i musei nelle città del Nord: un teatro che tira su il sipario nonostante tutto e tutti è la più grande forma di resistenza e resilienza. E dimostra che il Paese è vivo».