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Renzi: “Dopo Pasqua l'Italia deve ripartire. Inchiesta sul Trivulzio anche in Parlamento”

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Renzi: "Non possiamo più perdere tempo".
Intervista di Annalisa Cuzzocrea, "la Repubblica", 8 aprile 2020.

Secondo Matteo Renzi, la priorità della politica, ora, deve essere ripartire. «Se non si riparte - dice il leader di Italia Viva - la recessione farà più danni del virus». E ancora: «Ci si affida a tecnici, economisti o virologi quando la politica è debole. Io voglio una politica forte, che ascolta i medici ma poi decide. Non una politica che scappa dalle responsabilità». Anche quelle sugli errori commessi: «Il Pio Albergo Trivulzio è una tragedia. Bisogna andare a fondo e capire che cosa è successo lì e in altre Rsa».

Lei è stato presidente del Consiglio, si metta nei panni di Conte che rischia — aprendo prima del tempo— che il virus riprenda la sua corsa e che gli vengano imputate migliaia di morti. L'estrema cautela non è irrinunciabile?
«Avere cautela significa bilanciare i rischi. Non c'è una verità assoluta, ci muoviamo in un mare ignoto. Mi chiedo perché l'Italia abbia dieci volte i morti della Germania. Perché la Corea del Sud sia riuscita ad arginare il contagio e i Paesi europei no. Perché chi si era basato su una presunta immunità di gregge stia ora pagando prezzi altissimi. Ma ci sono state sottovalutazioni ed errori, anche da noi».

Sottovaluta lei adesso, chiedendo di riaprire?
«Al contrario, penso che col Covid-19 avremo a che fare per i prossimi due anni, o comunque finché non arriverà il vaccino. Proprio per questo non possiamo restare tutti chiusi in casa per due anni».

Tra un mese le condizioni non saranno più favorevoli?
«Non più di adesso. L'onda di piena è passata, gli accessi ai pronto soccorso calano, le terapie intensive non scoppiano più. Se fossimo vicini al contagio zero sarei il primo a dire "stiamo chiusi una settimana in più", ma non è così. E anche col contagio zero basterebbe un turista, un lavoratore straniero, un asintomatico per far ripartire un focolaio. Per questo serve quella strategia di ripartenza alla quale da una settimana sto invitando la politica, non i medici».

Non dovrebbero farlo insieme?
«In questo Paese siamo passati dalle minacce di morte ai virologi alla pretesa di delegare loro tutte le scelte. Come ha spiegato Roberto Burioni alla ministra Azzolina da Fabio Fazio, il compito degli scienziati è quello di dire come si contrasta il virus, di spiegare a quali condizioni possono riaprire le fabbriche, non di decidere quando. Burioni con una battuta ha dato alla ministra una lezione di politica».

La decisione stenta ad arrivare perché il virus è risultato spesso imprevedibile. Non ci sono troppe cose che ancora non sappiamo?
«Chi fa politica deve prevedere il futuro. È questo che è mancato nell'emergenza sanitaria. Medici, infermieri e farmacisti sono stati straordinari. Tecnici e politici invece sono arrivati lunghi sulle mascherine».

Il commissario Arcuri ieri ha ripetuto per tre volte il numero dei morti invitando le persone a non lasciarsi andare a un insensato ottimismo. Ha senso un messaggio del genere da parte di un tecnico?
«Comunicare in tempo di crisi è complicato. Il caso "mascherine sì o mascherine no" ne è un esempio. Se Arcuri voleva dire che il coronavirus ci accompagnerà ancora per mesi, è vero: dovremo abituarci a una nuova normalità. Ma non si può imputare superficialità ai cittadini che ancora non hanno a disposizione le mascherine, nonostante l'allarme sia di gennaio».

Di chi è la colpa?
«Arcuri è arrivato in corso d'opera, ma su questo andrà fatta chiarezza con una commissione parlamentare di inchiesta. Che dovrà indagare sul Pio Albergo Trivulzio e sulle morti sospette o nascoste delle Rsa. Sul sito tnps che collassa nel click day costringendo il presidente Tridico a difendersi come un Blues Brothers che parla di cavallette, sulla Consob che vieta le vendite allo scoperto quando i buoi sono già scappati. Invece, non possiamo accettare scudi alla politica fatti in forma di emendamenti come quelli presentati da due senatori Pd e dalla Lega».

Che cosa pensa si debba riaprire subito?
«Repubblica ha scritto della Fila, l'azienda fiorentina che per fare arrivare i pennarelli ai nostri ragazzi deve esportarli dalle sue fabbriche in Francia, Germania e Spagna, perché lì sono aperte e da noi no. Si chiama Fila perché è "Fabbrica italiana di lapis". Non ha senso che in Francia produca e qui no».

I lavoratori che non possono lavorare da casa, in assenza di rischi, sono spesso operai, spesso i meno pagati. La loro vita vale di meno?
«Chi tiene solo le fabbriche italiane chiuse fa perdere quote di mercato. Questo significa licenziamenti. Il conto lo pagano gli operai. Non possiamo vivere in un Paese che va avanti a reddito di cittadinanza, quello è il Paese di Beppe Grillo».

Cosa propone?
«Qui non si tratta di codici Ateco, di chi può riaprire e chi no. Abbiamo riaperto i fiorai, abbiamo tenuto aperte le edicole e abbiamo chiuso quelle farmacie dell'anima che sono le librerie. Ho quest'idea: chi è in condizioni di mettere in sicurezza lavoratori e clienti riapre. Devi avere le mascherine, i guanti, devi pagare i test sierologici ai dipendenti, ma riapri. Se non te la senti è una tua scelta». 

Da dopo Pasqua?
«L'onda di piena è passata. Quel che serve ora è essere preparati a richiudere le zone in cui ripartono i focolai, senza le incertezze che hanno caratterizzato le prime settimane».

Gli scienziati hanno tutti bocciato la sua idea di far ricominciare la scuola a metà maggio. Metterebbe in pericolo ragazzi e bambini, le loro famiglie, gli insegnanti. Si è pentito di quell'uscita?
«Sono certo che i problemi che ci sarebbero a metà maggio saranno gli stessi che avremo a metà settembre. Comunque non vogliono riaprire, va bene, lo dicano. Però allora mettiamo subito due miliardi e rifacciamo le scuole. Senza burocrazia ma con affidamenti immediati. Abbiamo cancellato diritti costituzionali per il virus, potremo pure mettere in quarantena la burocrazia per qualche settimana».

Davanti a una crisi economica mai vista, c'è bisogno di un governo con personalità del calibro di Mario Draghi?
«Oggi abbiamo un governo che ha ampio consenso e che per questo dovrebbe avere il coraggio di fare scelte difficili, senza nascondersi dietro l'alibi dei tecnici. Il futuro lo scopriremo solo vivendo».