Estratto dell'intervista di Fabio Martini, "la Stampa", 9 luglio 2020.
Matteo Renzi non ha mai frequentato le mezze misure e dunque dice: «Sono entusiasta che ci abbiano dato ragione sullo sblocco dei cantieri dopo averci insultato per mesi, ma ora i risultati si devono vedere. Lo stesso vale per Autostrade: è il momento di passare dalle chiacchiere ai fatti. Dopo due anni non si può continuare ad urlare "revocheremo" o "cacceremo i Benetton". Perché è molto semplice, ma impossibile da farsi: basta col populismo degli annunci».
Partiamo dal nuovo ponte: difficile negare che si trattasse di un atto dovuto, ma non si paga il fatto che in attesa della revoca della concessione.
«Tutti sapevano che la gestione sarebbe andata ad Autostrade: era già previsto all'inizio del percorso. Ma ora basta con la politica dei rinvii. Non puoi dire "revoco", lasciando aperta così a lungo la questione. In un senso o nell'altro le decisioni vanno assunte. Perché altrimenti rischiamo una doppia beffa: il ponte è ricostruito e il dossier resta aperto. E l'eventuale revoca si trasforma in un regalo per la proprietà».
Ma il primo che parlò di revoca è stato, quasi due anni fa, Conte a Genova...
«Tanti sono andati a Genova a parlare di revoca, non soltanto il presidente del Consiglio, ma anche i suoi vice di allora e tanti leader. Non si può continuare, ipocritamente, a fare la faccia contrita. Non si tratta di dare un giudizio sulla simpatia della famiglia Benetton. Atlantia, che controlla Aspi, ha molti progetti in Italia bloccati dall'incertezza normativa che viene da dichiarazioni di membri del governo. Un atteggiamento sbagliato. Anche per il contesto nel quale viviamo: previsioni di crollo dell'11% del Pil, una situazione devastante per l'occupazione, un clima di fiducia nella popolazione ai minimi storici».
Chi lo desidera, può leggere l'intervista completa a questo indirizzo.