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Regionali, Massardo: "Il mio progetto riformista per la Liguria"

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Intervista di Franco Antola, "la Nazione" e "la Spezia - la Nazione", 7 agosto 2020. 

Dice che il suo è un progetto politico di ampio respiro e con una visione di carattere nazionale, dove le priorità sono sanità, lavoro, infrastrutture, ambiente, formazione, innovazione. A sostenerlo è uno schieramento che comprende Psi, +Europa, Italia Viva, Civici per il Nord Ovest e altre formazioni. Dopo Ferruccio Sansa e Giovanni Toti, anche Aristide Massardo, 66 anni, già preside delle Scuola Politecnica di Genova, spiega in questa intervista a La Nazione perché si è candidato e cosa si aspetta dal voto del 20 settembre.

Professor Massardo lei ha ribadito, nelle ultime settimane, che non è sua la responsabilità di aver rotto l'unità del fronte anti-Toti, e ricorda l'indicazione di Vito Crimi, quindi del vertice nazionale Cinque Stelle, che riconosceva in lei il candidato della coalizione. Poi le cose sono cambiate e lei non ha ritirato la sua candidatura. A prescindere dalle responsabilità, il risultato è che Toti, con il fronte della sinistra frantumato, si troverà la strada spianata. Concorda con questa valutazione o secondo lei la partita resta da giocare?
«La partita sarebbe stata da giocare solo se si fosse portato avanti il progetto iniziale di riunire tutto il perimetro dell'arco di governo, l'area Conte, per intenderci, attorno a un candidato capace di attrarre l'area vasta riconducibile al centrosinistra. Un'alleanza, per molti incomprensibile, fra PD e 5s, appiattiti su un candidato populista che all'interno dello stesso Pd raccoglie più dissensi che consensi, rende impraticabile qualsiasi strada verso la vittoria finale. E questo i partiti lo sanno bene, oltretutto».

Come vi siete lasciati con Ferruccio Sansa: c'è stato da parte del giornalista del 'Fatto' un tentativo in extremis di ricucire la frattura?
«Sansa mi ha contattato per entrare nella sua coalizione con la lista Massardo. Non ho ritenuto che una posizione subalterna fosse di interesse per la proposta politica che intendo perseguire. Oggi siamo semplicemente i candidati di due coalizioni: una di sinistra e una di centro - centrosinistra. Mi auguro che Sansa dimentichi il suo passato da giornalista perché qui servono idee e proposte, non attacchi personali».

Quale è il suo obiettivo minimo in questa tornata elettorale? C'è chi le ha attribuito il 4%: pensa di fare meglio?
«Il nostro è un progetto politico ad ampio spettro e con una visione a livello nazionale nel tempo. Chi attribuisce le percentuali non tiene conto della situazione contingente che vede una notevole frammentazione delle forze delle diverse coalizioni anche a destra. Vedremo cosa succederà a settembre e se la gente capirà l'idea nuova di politica non ideologica, ma riformista e civica che proponiamo».

Con i suoi collaboratori ha mai pensato di commissionare un sondaggio?
«No, non siamo tanto interessati ai numeri quanto a diffondere il nostro progetto riformista e civico».

A proposito di programmi, qualcuno osserva che rispetto a Italia Viva sono più le cose che vi dividono che quelle che vi uniscono, almeno su temi come le grandi infrastrutture. Cosa ne pensa?
«Non credo che questo sia vero. Intanto la prima grande infrastruttura è la manutenzione di quelle esistenti, e non penso solo a ponti e gallerie, ma a ferrovie, dighe, dighe foranee, porti, argini e potrei andare avanti a lungo. In questo senso gli anni che ci precedono sono stati un esempio di come non ci si deve comportare. Dobbiamo completare le infrastrutture di cui si discute da anni, se si ritiene che siano ancora valide, e valutarne di nuove per un futuro più sostenibile per i cittadini liguri. In secondo luogo, noi abbiamo bisogno di nuove infrastrutture moderne: portare internet super veloce non solo sulla costa ma anche nell'entroterra può rendere queste zone sempre più attrattive in tempo di smart working ed incentivare i numerosi "nomadi digitali"».

Lei è espressione del mondo accademico, una vita trascorsa a contatto con i giovani. Cosa pensa di poter fare per loro, soprattutto per garantirgli prospettive di lavoro?
«Le prospettive di lavoro per i giovani si creano in un ambiente effervescente, dove i giovani possano esprimere tutte le loro capacità creative e di coraggio imprenditoriale. Ricordo che imprenditore non è colui che ha i soldi ma colui che vuole farli, e in tal senso dobbiamo formare generazioni di giovani imprenditori che attirino fondi dall'estero e ci facciano competere con il resto del mondo. Per far ciò la regione deve realizzare la cornice di attività e facilitazioni che ad oggi sono mancate, cioè deve diventare una struttura agile e proattiva e non semplicemente un ente che distribuisce fondi a pioggia ed in prossimità degli eventi elettorali».

Alla Spezia, fra i nodi irrisolti ci sono opere pubbliche incompiute come la variante Aurelia e soprattutto il nuovo ospedale. Massardo, anche lei è convinto che un commissario straordinario sia la panacea?
«Non sono convinto che la scelta del Commissario sia la panacea di tutti i mali come qualcuno immagina, anche perché il controllo dei costi delle opere è essenziale e non è sempre possibile avere budget non limitati e al di sopra dei valori di mercato in emergenze particolari. La soluzione del problema, dei tempi e dei costi della realizzazione delle infrastrutture sta nelle leggi nazionali che devono essere riviste dal punto di vista della semplificazione, senza perdere di vista i motivi che ci hanno portato ad un codice degli appalti così complicato come l'infiltrazione mafiosa. In molti altri paesi europei ci sono strutture per la gestione degli appalti rapide che riducono la burocrazia, ma effettuano tutte le verifiche necessarie prima e dopo. Purtroppo, nel nostro paese, non esiste una adeguata filosofia del controllo ex post, e dove questi sono stati implementati ci sono state forti resistenze a livello industriale e ministeriale. Ne ho esperienza personale avendo lavorato come consulente della Autorità per l'energia oggi Arera. I controlli e le verifiche sono il solo sistema per garantire la perfetta realizzazione e gestione di opere e risorse pubbliche».

Pensa che il Mes o il recovery fund possano essere la chiave per finanziare anche alla Spezia opere strategiche?
«Il Mes dovrebbe essere utilizzato, ove lo stato lo accetti, per le opere relative al sistema sanitario che è in una crisi strutturale e organizzativa drammatica, non solo a Spezia, ma in tutta la regione. Il recovery fund? Dovrebbe essere utilizzato per progetti strategici di grande respiro, non solo per completare opere pensate 30 anni or sono, forse anche sbagliate, e perdessimo l'occasione di definire nuove opere strategiche di grande rilevanza per la nostra gente».

Formazione professionale, lei ha parlato dell'esigenza di un maggior raccordo fra Università e impresa e di poli di eccellenza che non costringano i giovani ad emigrare. Alla Spezia c'è l'esperienza del Polo Marconi. Si è fatto un'idea su cosa si potrebbe fare per far crescere ancora questa realtà?
«Nel 2013 quando ero preside della Scuola Politecnica di Genova ho avuto ampie e complesse discussioni con gli enti pubblici spezzini e alla fine abbiamo convenuto sulla localizzazione e rafforzamento a Spezia di tutte le attività della nautica con l'insediamento di 6 ricercatori finanziati dall'Ateneo e dagli enti stessi. Oggi La Spezia è il primo centro in Europa per la nautica. Sempre in quel momento ci fu l'accordo sul nuovo polo presso l'ospedale militare Falcomatà, da poco inaugurato. Due begli esempi di successo. Si deve continuare a lavorare per migliorare ancora più i rapporti con le aziende del territorio integrando le attività di formazione e di ricerca come nel DLTM e in altri laboratori della Marina e dell'Università. Peccato a volte che esista una certa difficoltà di dialogo fra gli attori ma sta a noi perfezionare i meccanismi con le nostre competenze».

Turismo e ambiente, la radicale divergenza di vedute rispetto a Toti si è già vista sul progetto per la Palmaria. In generale , come è possibile trasformare la risorsa ambiente in un fattore di ricchezza?
«L'esempio del Parco delle 5 Terre dimostra come si possa realizzare un sistema economico dal nostro fragile territorio. Si deve tuttavia non dimenticare la sostenibilità dell'iniziativa. Non si devono distruggere territori unici per l'interesse di pochi e si devono creare strutture di accoglienza che senza modificare l'ambiente lo rendano fruibile non solo per i liguri, ma soprattutto per quei turisti del nord Europa che hanno nella sostenibilità ambientale un mantra della loro società. La Palmaria in particolare potrebbe essere un incredibile parco marino protetto da visitare in assoluta sintonia con l'ambiente marino in primis».