Intervista di Matteo Macor, "la Repubblica Genova", 14 settembre 2020.
Più della Puglia, dove a zavorrare il tentativo di bis di Michele Emiliano sarà anche il fuoco amico dei M5s, e pure più della Toscana, dove probabilmente si giocherà tanto anche del futuro del governo nazionale. Il "laboratorio Liguria", nel contesto della tornata elettorale regionale alle porte, sarà forse il banco di prova più importante anche per Italia Viva.
Alla prima uscita con il proprio simbolo a un anno dalla nascita del partito, a questo giro inserito "a sostegno" nel simbolo della lista Massardo, è solo qui, del resto, che i renziani saranno direttamente contrapposti ad un fronte giallorosso, quello formato da dem e grillini, con cui convivono «solo per necessità» (e tanti maldipancia) nell'esecutivo.
E soprattutto qui, probabilmente — riflette la deputata Raffaella Paita, presidente della commissione Trasporti della Camera, la fedelissima di Renzi che ha scelto di puntare sulla candidatura in solitaria di Aristide Massardo — «sarà chiara l'alternatività della nostra proposta rispetto a quella di un modello perdente di centrosinistra, un modello già fallito».
Paita, da sinistra vi si accusa di fare campagna contro gli alleati di governo nazionale, più che contro il centrodestra. Non preoccupa, il rischio di passare per quelli che aiuteranno Toti a vincere?
«Ricorderei loro che Italia Viva fa parte di questo governo non perché sia il migliore possibile, non è il nostro governo dei sogni, ma per dare una risposta tempestiva al rischio di deriva sovranista di un anno fa. Ma ben diverso è il contesto di queste Regionali, in Liguria soprattutto. Dove sono emerse tutte le contraddizioni del rapporto tra Pd e M5s, e da cui esce fuori un Pd senza più bussola, né la forza per combattere quelle che un tempo sarebbero state le sue battaglie, dalla Gronda in poi. Un'involuzione con cui non potevamo essere d'accordo, e che ha creato, quella sì, le condizioni per far vincere Toti».
È davvero così decisivo, il tema Gronda? Sansa dice viene dopo ad altre infrastrutture più importanti.
«È vero, ci sono tante altre infrastrutture di cui avviare i cantieri. La mia ultima proposta ad esempio è quella di agganciare l'alta velocità a Genova con i fondi del Recovery Plan, intercettando la linea Alessandra-Piacenza a Tortona. Si avvicinerebbe la Liguria al resto del Paese, per la prima volta c'è qualche possibilità di farcela. Ma chi non capisce che la Gronda si deve fare, a maggior ragione dopo l'emergenza Covid, vuol dire manca di visione politica, non può rappresentare forze riformiste, non ha i requisiti per candidarsi a fare il presidente di Regione in un territorio con un deficit infrastrutturale così drammatico».
Sansa in realtà ha proposto di partire da subito con i lavori del primo tratto di Gronda.
«In Parlamento è stata votata una mozione che ha impegnato a partire con i lavori, escludendo sia la possibilità di una revisione progettuale, sia l'attuazione a lotti. Il primo tratto della Gronda farebbe finire i viadotti su una collina, e un nuovo iter di cambiamento progettuale farebbe perdere altri dieci anni».
Vede però che il primo obiettivo delle vostre critiche è ancora il centrosinistra..
«Io critico perché penso Massardo rappresenti l'unica speranza per combattere Toti coerentemente. È l'unico, ad esempio, che ha detto parole chiare sul Mes. Soldi con cui si potrebbe salvare la sanità ligure dalla peggior gestione di sempre, quella di Toti e della Lega di Salvini, che ha occupato militarmente il settore e l'ha portato allo sfascio che abbiamo visto».
Che effetto avranno sul contesto nazionale, queste Regionali? Con uno spostamento a destra della Toscana, il governo rischierebbe?
«Ero in Toscana sabato scorso, per la Leopolda: il clima è buono, Giani vincerà. Ma a prescindere, non penso queste Regionali avranno ripercussioni sul governo».
Il governatore emiliano Bonaccini invece ha aperto ad un ritorno dei renziani nel Pd. Come l'avete presa?
«Penso che il disegno riformatore a cui abbiamo dato vita sia chiaro e alternativo al Pd, che in Liguria ha deciso di andare a braccetto con i giustizialisti. Detto questo, massimo rispetto per Bonaccini che ha aperto una discussione interna al Pd per il post elezioni».