La notizia su "la Repubblica", 23 novembre 2020.
Quasi 7 milioni di donne, nell'arco della loro vita, hanno subito violenza, fisica o sessuale. Un numero altissimo, elaborato dall'Istat, su cui pesano più di tutti i dati della Campania, del Lazio e dell'Umbria. Ma per ogni donna offesa, molestata, stuprata, picchiata, uccisa c'è sempre un uomo che offende, perseguita, violenta, picchia o uccide.
In Italia esistono una quarantina di "centri per uomini maltrattanti": luoghi in cui si svolgono percorsi di ascolto e trattamento per maschi che hanno agito violenza o temono di farlo contro partner, ex compagne, mogli, e spesso anche contro i propri stessi figli. I centri, previsti ad esempio nella Convenzione di Istanbul che spinge per un approccio integrato nella lotta alla violenza di genere, sono nati in via sperimentale su iniziativa di associazioni e sono distribuiti in maniera disomogenea sul territorio nazionale: in vaste aree del Sud non esistono, mentre sono numerosi in Lombardia, Emilia Romagna, Toscana.
Due disegni di legge depositati al Senato, uno a firma di Donatella Conzatti (Italia Viva), chiedono che i centri «per la riabilitazione psico-educativa degli uomini autori di violenza» vengano aumentati, distribuiti capillarmente e finanziati dallo Stato, visto anche il bassissimo numero di recidive di chi li ha frequentati.
Ai Cam si presentano uomini di ogni età, nazionalità, professione, cultura, classe sociale. La maggioranza ha tra 30 e 50 anni, in gran parte padri, qualcuno ha altri reati alle spalle o storie familiari di abusi. Prima gli accessi era in buona parte volontari; dopo l'introduzione della legge "codice rosso" che prevede, tra le altre cose, una terapia in carcere, molti sono accessi coatti.
L'ambizione è intervenire prima che venga compiuta violenza. Tuttavia, questi percorsi non devono essere una scorciatoia per la pena. Per spingere la discussione dei ddl il 27 novembre al Senato si terrà una conferenza a cui parteciperanno anche i ministri Elena Bonetti e Alfonso Bonafede.