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Paita: «Il Pd ormai è populista. Su Ucraina, Gaza, Libia l'atlantismo è solo un ricordo»

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L'intervista a Raffaella Paita per QN di Elena G. Polidori

Parla la senatrice e coordinatrice nazionale del partito di Renzi «Difficile fare accordi: sulla politica estera la linea dei dem è confusa Siamo passati dal riformismo alle occupazioni studentesche di Schlein».

Raffaella Paita, coordinatrice nazionale di Italia Viva, il Pd alla fine si è astenuto sulle armi all'Ucraina. Cosa sta succedendo nel partito di Schlein? Lei intravede una possibile linea comune o no?

«Il Pd di Schlein è diventato un partito populista. Di sinistra, ma sempre populista è, sulla scia dei Melenchon e dei Corbyn. Dispiace vederli perdere completamente il baricentro riformista che invece avevano quando il segretario era Matteo Renzi. Oggi il Pd sembra un comitato studentesco e Elly Schlein la rappresentante dell'assemblea di istituto. E non mi pare che i dissidenti facciano sentire chiaramente la loro voce».

Il Pd si astiene. Italia Viva, Azione e +Europa hanno invece tenuto ferma la loro posizione europeistica e atlantica. Vi imbarazza che il principale partito d'opposizione mostri questa disarticolazione? E quali potrebbero essere le conseguenze per l'opposizione?

«Mi ha colpito molto il discorso che ha fatto il premier francese Attal in aula, rispondendo a un attacco dei socialisti: noi abbiamo altri valori, abbiamo altri obiettivi. Ecco, direi lo stesso al nuovo Pd di Elly Schlein: noi stiamo con l'Occidente, stiamo con l'Ucraina, stiamo con Israele. La libertà è il nostro faro. E vedere il Pd ridotto in queste condizioni non è un problema solo per chi quel partito lo ha costruito come tanti di noi, non è un problema solo per i suoi militanti, è un problema per il Paese: il Pd è sempre stato un solido e tradizionale baluardo europeista e atlantista. E ora sembra che questo punto fermo stia venendo meno, con le ambiguità e reticenze di questa segreteria».

Crede insomma che Schlein abbia fatto un regalo a Meloni?

«Elly Schlein è la principale alleata di Giorgia Meloni: non a caso, la Premier se l'è scelta come avversaria. lo sono, come tutti spero, convintamente antifascista: ma le pare normale che la polemica contro la Meloni sia ancora imperniata sul fascismo anziché su tasse e sanità? Con il governo Renzi avevamo abbassato di 1 miliardo l'Irpef agricola. Lollobrigida ha alzato le tasse di 250 milioni. Ma continuiamo a parlare di solo di fascismo».

Su Israele lo stop alle spedizioni di armi è stato considerato dalla segretaria un "punto imprescindibile" della linea dem sul conflitto medio orientale. Secondo lei, con questa frase, Schlein ha impresso una sterzata verso la sinistra massimalista, cancellando quella parte del Pd più sensibile alle ragioni dello Stato ebraico?

«Premesso che l'Italia dal 7 ottobre ha smesso di fornire armi a Israele, ma ci rendiamo conto che la segretaria del principale partito di opposizione ha preferito attaccare Israele dal palco di Gubbio anziché difendere un Paese che, pur se con Netanyahu ha commesso errori, è stato vittima ed è vittima del terrorismo di Hamas? E che da Schlein non sia arrivata una sola parola di condanna sull'assalto antisemita dei centri sociali a Vicenza? Il circolo di Elly ci ha messo tre giorni per condannarli».

In ultimo la Libia. Sempre a Gubbio, Schlein ha detto: mai più finanziamento alla guardia costiera libica, perché viola I diritti umani fondamentali. Eppure quegli accordi sono stati promossi nel 2017 dall'allora ministro dell'Interno Minniti con premier Paolo Gentiloni (entrambi del Pd). Anche qui si cambia, dunque? E per andare dove?

«Che serva un cambiamento di strategia possiamo anche essere d'accordo. Ed è necessario un protagonismo maggiore dell'Europa, sul dossier libico come su quello mediorientale. Ma questo deve avvenire attraverso una strategia complessiva. Non mi pare di aver sentito strategie: né da Meloni né da Schlein».

Tirando le somme: che gioco sta facendo la Schlein a suo parere e qual è il suo vero obiettivo?

«Sta cercando di inseguire Conte, nel tentativo di non farsi superare alle Europee. È questo il suo reale timore e il motivo del posizionamento ambiguo su Israele».