L'intervista a Raffaella Paita da Claudia Marin per Il Quotidiano nazionale del 6-10-2023
La coordinatrice: il fondo pubblico per finanziare la misura peserebbe sul ceto medio «Giusto lo stop del Cnel al testo della sinistra, le leggi si fanno in Parlamento Sì alla proposta Cisl sulla partecipazione dei lavoratori ai risultati d`impresa»
Il progetto di salario minimo si allontana mentre all`orizzonte si affaccia il concetto di "salario dignitoso". Potrebbero per questo essere messi in campo una serie di strumenti e qualche incentivo trovare spazio anche in manovra con l`idea di alzare la media salariale adesso di 7,10 euro orari. Il Pd ha organizzato per domenica un "firma day" a favore del proprio progetto calendarizzato per il 17 in Aula alla Camera. Ma è nell`aria un rinvio di quello che si preannunciava comunque come un braccio di ferro parlamentare: la maggioranza attenderà il Cnel e poi avanzerà
na propria proposta che avrà l`effetto di riportare il dibattito e l`iter in commissione Lavoro, da dove era partito. La strada sembra già tracciata. Lo si capisce ascoltando le parole del ministro del Lavoro, Marina Calderone al question time. L`iter - ha spiegato assicurando la massima attenzione sul tema - «è rimesso alla volontà sovrana del Parlamento. Il tema più ampio su cui istituzioni e parti sociali sono chiamate a confrontarsi è quello del salario dignitoso, che va oltre il salario minimo e richiede una contrattazione di qualità capace di trovare strumenti».
Il Cnel ha di fatto bocciato la proposta di salario minimo legale, puntando su strumenti di sostegno della contrattazione e dell`emersione del nero. Quale è la vostra valutazione?
«Ad agosto lo abbiamo detto: per fare le leggi c`è un luogo deputato, che si chiama Parlamento - avvisa Raffaella Paita, coordinatrice nazionale di Italia viva. Per fare le passerelle invece va benissimo la sala verde di Palazzo Chigi. Che la proposta sarebbe stata bocciata era chiaro. È il Cnel, che, come è noto, fosse stato per noi, avremmo abolito: lo prevedeva la riforma costituzionale del 2016. Fra l`altro che la proposta di salario minimo Landini-Conte-Schlein fosse piena di contraddizioni era sotto gli occhi di tutti».
Il nodo dei salari bassi e del «lavoro povero» è comunque un`emergenza.
«Naturalmente nessuno nega che in Italia ci sia un problema enorme di salari bassi. Anzi, deteniamo un triste primato: in Europa siamo tra i Paesi con il costo del lavoro più alto, e nel contempo un potere d`acquisto netto delle buste paga molto basso. Ma la soluzione non è quella prospettata dal "campo largo"».
Perché non vi ha convinto la soluzione dei 9 euro delle altre opposizioni?
«Non è una questione di 9 euro o di salario minimo di per sé. La criticità maggiore è costituita dall`articolo 7 della proposta a prima firma Giuseppe Conte, quella che prevede l`istituzione di un fondo pubblico per finanziare il salario minimo. In pratica, più tasse per i cittadini. Per noi è qualcosa di inaccettabile: il ceto medio già non ce la fa più, gravarlo di nuove tasse sarebbe un disastro».
A questo punto che cosa si dovrebbe fare?
«Si dovrebbe avere una visione di insieme. Salari certo, lotta al lavoro povero, ma anche abbattere seriamente le tasse sul lavoro. E poi la sanità. Che cosa c`entra? Nella Nadef, il governo immagina un taglio di 1,8 miliardi di euro. La povertà non si combatte solo pensando ai salari, ma anche ai servizi. In questo Paese troppi cittadini devono decidere se mangiare o curarsi perché la sanità è al collasso. E questa è la dimostrazione che i problemi sono complessi e richiedono risposte serie e non demagogiche, non slogan. È quello che deve fare il riformismo: affrontare le questioni nella loro complessità, senza scorciatoie o slogan».
Avete sostenuto, invece, la tesi della Cisl della partecipazione dei lavoratori agli utili di impresa. Quale è la vostra proposta?
«Matteo Renzi ha depositato come primo firmatario la proposta della Cisl che prevede appunto la partecipazione agli utili delle imprese. Essa consentirebbe, da un lato, di migliorare il reddito dei lavoratori aggiungendo alla parte fissa rappresentata dai salari o dagli stipendi una parte variabile derivante dalla partecipazione agli utili. Dall`altro, favorirebbe un coinvolgimento anche economico dei lavoratori ai risultati di impresa, utile alla coesione sociale e al miglioramento della produttività. La norma dovrebbe riguardare tutti i lavoratori delle imprese e potrebbe prevedere forme di defiscalizzazione della porzione di utile attribuita ai lavoratori».
Quali potrebbero essere i vantaggi per lavoratori e imprese?
«I lavoratori avrebbero ovviamente buste paga più pesanti, ma anche la garanzia di una maggiore sicurezza sui posti di lavoro, grazie alla partecipazione e alla gestione stessa dell`impresa. È un modello già in uso, con successo, in altri Paesi. Per i datori di lavoro questa proposta significherebbe un aumento della produttività e un dialogo più proficuo con i sindacati».
È possibile lavorare con la maggioranza su questo obiettivo?
«La ministra Calderone, durante il question time di ieri al Senato, ci ha dato ragione su tutta la linea, annunciando anche l`apertura di un tavolo apposito per valutare la proposta. Ha anche ricordato le cose positive che ci sono nel Jobs Act. Dimostrando il carico di innovazione di quella legge, con buona pace di chi nel Pd la rinnega e vorrebbe abolirla».
Un`ultima cosa: Italia viva registra l`arrivo di una nuova senatrice. Che significato ha la nuova adesione?
«L`arrivo di Dafne Musolino mi fa particolarmente piacere. Intanto perché la senatrice è un`amica ed è preparatissima. E poi perché il suo ingresso è la dimostrazione di come Italia viva e il progetto del Centro siano attrattivi, soprattutto nei confronti dei territori. Musolino potrà dare un contributo fondamentale al radicamento di Italia viva e non vediamo l`ora di lavorare con lei. A fronte di alcune uscite abbiamo molti più ingressi, Italia viva si allarga, abbiamo aumentato sia il numero di parlamentari che quello dei consiglieri regionali. Il Centro riformista si presenta come unica alternativa credibile al sovranismo di destra e al populismo di sinistra».