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Pagano: “Sindaco, senza intesa meglio le primarie”

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Intervista di Luigi Roano, Il Mattino, 7 marzo 2021

Graziella Pagano, coordinatrice di Iv, tra la crisi del Pd, i litigi interni al centrosinistra e il rinvio delle elezioni la rinascita della città appare una chimera. 

Come se ne esce? 
«Ci sono due cose evidenti: la prima è che nessuno si prende le responsabilità. Del sindaco de Magistris abbiamo detto tante volte della sua irresponsabilità e insipienza venuta fuori nel corso della pandemia. È la prima autorità sanitaria, cosa ha fatto per i controlli? Dovrebbe convocare la giunta e il Consiglio per fare iniziative e comunicarle a napoletani, ma lui perde tempo ad attaccare la Regione. Un immobilismo dovuto anche alla mancanza reale di una opposizione capace di metterlo all’angolo e di una maggioranza che per una volta potrebbe prendere posizione di fronte allo stato della città. Lo dovrebbe fare la stessa Clemente che è la candidata a sindaco, che dirà agli elettori altrimenti?» 

Qual è la seconda evidenza? 
«La politica è debole. Riconosco che il Pd è l’asse portante di una costruzione del candidato e di un centrosinistra in città, coinvolgendo anche la coalizione che ha vinto le regionali. Però abbiamo fatto delle riunioni dove non si è parlato chiaro. Il segretario Sarracino nell’ultima ci ha detto che il candidato si sceglieva a quel tavolo, poi è uscito fuori e ha lanciato Fico. Oggi c’è un problema più generale nel Pd ma prima delle dimissioni di Zingaretti. Se si vuole un nome condiviso lo si fa al tavolo dove ognuno porta il suo e si vede chi è il migliore. Ecco perché dico che manca un metodo politico. Così si rischia di andare alle urne ciascuno con il suo nome favorendo le destre e Bassolino». 

Cosa suggerisce? 
«Se non si trova un metodo politico facciamo le primarie, a Roma nel Pd stesso è stato detto che in caso di mancato accordo si devono fare le primarie. Il fatto che si voti a ottobre non significa restare immobili. Noi abbiamo chiesto invece di accelerare. Perché se si vuole costruire un programma, un candidato e mettergli attorno la città bisogna partire adesso. Ecco perché occorre trovare un metodo politico». 

Tavoli per le alleanze, riunioni tra partiti, non le sembra che questa liturgia della politica sia un po` démodé per coinvolgere la città? 
«Penso che dovremmo resettare tutto, anche il linguaggio che usiamo. E interrogarci pensando a chi stiamo parlando e con quale realtà ci stiamo confrontando e questo non è chiaro a tutti. Il vero dirigente politico deve capire la realtà che ci circonda e coglierne prima le richieste e i bisogni, a iniziare dal cambio del linguaggio stesso. Anche questa contrapposizione tra civismo e politico è sbagliato. Il tema reale è capire come si fonde insieme quello che la società chiede e come la politica lo interpreta». 

Bisogna nella sostanza sparigliare? 
«Se potessi lo farei io candidandomi ma non posso. Ma la realtà è che quella roba intorno a un tavolo è vecchia. Dovremmo interagire con le Università come quella di San Giovanni per chiedere anche a loro di mettersi in gioco. Napoli però è fatta di caste, ognuno pensa alla sua, anche la politica. Così come la borghesia napoletana non è capace nemmeno di narrare bene la città».