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"Nuovi confini della libertà": l'intervento di Matteo Renzi su "il Foglio"

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Riaprire, ripartire, ricominciare. Sì, ma come? Con quanta prudenza? E cosa ci aspetta nella fase del durante? Il dopo lockdown è anche una sfida politica e culturale. Il futuro del governo nel discorso di Renzi al Senato del 30 aprile 2020, pubblicato da "il Foglio" del 4 maggio 2020.

Signor Presidente, onorevoli colleghi,
il lungo intervento del Presidente del Consiglio dei ministri esige risposte chiare da parte di tutte e di tutti, in nome della verità e della libertà. Da due mesi 60 milioni di italiani sono comprensibilmente in un regime che ricorda lo stato degli arresti domiciliari per un'esigenza sanitaria.

La politica ha il compito di dire parole di chiarezza e di forza. Non usciremo da questa dinamica con un paternalismo populista o con una visione priva di politica. Riprendo alcuni punti del suo intervento, signor Presidente del Consiglio. Il primo è l'analisi economica; il secondo il riferimento alla Costituzione. Le rivolgerò poi un appello da parte della maggioranza, un ultimo appello da parte della mia forza politica. Ciò che lei ha detto sull'analisi economica è ampiamente condivisibile.

Nel suo discorso non ho trovato parole che non si debbano sottoscrivere. Il punto di partenza, però, signor Presidente del Consiglio, per noi è quello che la collega, senatrice Unterberger, presidente del Gruppo Per le Autonomie, ha espresso in modo perfetto qualche istante fa: nessuno le ha chiesto di riaprire tutto, perché qualcuno che dicesse oggi di riaprire tutto andrebbe ricoverato lui per primo. Noi abbiamo detto una cosa ben diversa.

Perché il lockdown italiano è diverso da quello francese, spagnolo o tedesco e non da quello sudcoreano o cinese? Noi le chiediamo, signor Presidente del Consiglio, perché non ci facciamo carico di una riapertura graduale, in sicurezza, che non sia sottovalutazione del virus. Il coronavirus è una bestia terribile che ha fatto 30.000 morti nel modo più vigliacco, perché impedito ai nostri anziani di stringere la mano nell'ultimo momento ai propri figli, ai propri familiari. Il coronavirus è un nemico vigliacco. Noi, però, non siamo dalla parte del coronavirus quando diciamo di riaprire. Pensiamo di onorare quella gente di Bergamo e di Brescia che non c'è più e che, se avesse potuto parlare, ci avrebbe detto: «Ripartite anche per noi», avendo fatto della vita, in tutti i momenti, un'occasione di sacrificio e di fatica. (Applausi dal Gruppo IV-PSI).

Signor Presidente del Consiglio, parliamoci chiaro. Ci sono delle cose che non hanno funzionato; lei non le ha citate e credo che abbia fatto bene a non aprire qui la discussione e gliene do atto: le RSA, il tema delle zone rosse, la mancanza di mascherine, il ritardo nei tamponi. Di tutto questo dovremo parlare, ma queste sono le cause della diffusione del virus, non un runner di troppo inseguito con l'elicottero della Guardia di finanza.

Di fronte a ciò che è accaduto in Italia, come nel mondo (perché è una pandemia), c'è un'emergenza globale che cambierà tutto, cambierà la storia del nostro Paese e del nostro Pianeta, come sta già cambiando la storia dell'Europa, oggettivamente. Di fronte a questa emergenza incredibile, noi non possiamo delegare tutto alla comunità scientifica. Figuriamoci se io non sono contento di vedere questa grande passione per la comunità scientifica che sta prendendo tutto il Parlamento ed anche forze parlamentari che negli anni scorsi attaccavano i virologi o addirittura si proclamavano No vax. (Applausi dai Gruppi IV-PSI e FdI, e della senatrice Rizzotti).

Io sono entusiasta quando vedo che ora sono tutti novelli esperti di laboratorio e che sono tutti per la ricerca. Però, signor Presidente del Consiglio, questo Paese - non per colpa sua - negli ultimi trent'anni ha già avuto dei momenti in cui si è fermato e la politica ha abdicato alle proprie responsabilità. Lo ha fatto negli anni 1992-1993, quando la politica ha abdicato di fronte alla magistratura; lo ha fatto nei primi anni del decennio scorso, quando la politica ha abdicato di fronte ai tecnici dell'economia.

Oggi noi non possiamo pensare di chiedere a un virologo non di come combattere il virus, ma di come combattere la disoccupazione o la carneficina di posti occupazionali o di come decidere la qualità della vita tra di noi. (Applausi dai Gruppi IV-PSI e FdI). Allora, signor Presidente del Consiglio, il punto fondamentale - che lei non ha detto, ma sono certo che le sta a cuore - è che tocca alla politica affrontare la nuova divisione. Quante volte, onorevoli colleghi, ci siamo detti che c'è una divisione tra Nord e Sud in Italia? C'è. Tra élite e popolo? C'è. Tra ricchi e poveri? C'è. C'è una divisione più profonda in questo momento, ed è quella tra garantiti e non garantiti.

Attenzione, perché tutti noi abbiamo paura del virus; tutti quelli che ci seguono a casa hanno paura per le proprie famiglie. Fanno bene. Però la differenza è che chi ha un posto di lavoro o uno stipendio o la certezza - come ce l'abbiamo tutti noi in quest'Aula - di arrivare alla fine del mese e di essere a posto, vive questa fase di difficoltà con preoccupazione personale, ma anche con la certezza di poterla affrontare, perché prima o poi ne usciremo. Poi c'è una fetta di persone, ossia i lavoratori autonomi, le partite IVA, i baristi, i ristoratori, i commercianti (Applausi dai Gruppi IV-PSI e FIBP-UDC), che stanno piangendo la notte, non soltanto avendo paura di giorno. Di fronte a questa nuova separazione e divisione, ho l'impressione che non stiamo mettendo in piedi tutti gli strumenti. Se aspettiamo gli atti d'amore delle banche, moriamo tutti dissanguati di liquidità.

Noi abbiamo un problema oggettivo, che è questa separazione crescente tra i garantiti e i non garantiti. Se chiude un negozio, non ne deriva soltanto che fallisce una famiglia - ed è un problema enorme - ma è anche - lasciatevelo dire da un ex sindaco - quella via che diventa meno forte. (Applausi dal Gruppo IV-PSI). Se chiude un negozio, non è soltanto Amazon che prende più posti; se chiude un negozio, quella via è meno sicura per quando mia figlia esce la sera, perché non c'è più la dimensione civile e sociale. Ecco perché, signor Presidente del Consiglio, noi la richiamiamo ad avere uno sguardo più ampio sul futuro economico.

Glielo diciamo condividendo ciò che ha detto nella parte in cui si è espresso sulle misure economiche e dando la garanzia che noi saremo al suo fianco e votando a favore il decreto-legge predisposto dal ministro Gualtieri. Ma attenzione, c'è un mondo fuori che cambia. Gli altri Paesi stanno andando avanti sull'artificial intelligence, sulla robotica, sulla sostenibilità, su come investire sulla medicina personalizzata, mentre noi abbiamo ancora il Titolo V sulla sanità. Di fronte a questo, ora è il momento di agire. Prevenire, non rincorrere: questa è la differenza tra la politica e i sondaggi. Vengo ai due punti finali.

Signor Presidente del Consiglio, il primo è sulla Costituzione. Non me ne voglia, perché io esprimo un'opinione diversa dalla sua, non contestando la legittimità del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che, come lei ha ricordato, ha la sua base in un decreto-legge regolarmente votato, come è stato detto anche in mattinata quando si è discusso, in un momento di confronto civile, tra maggioranza e opposizione. Questo è un dato di fatto. Il punto è che in momenti di emergenza come questo - lo ha detto con molta chiarezza la presidente della Corte costituzionale, professoressa Marta Cartabia, a cui rivolgo un deferente omaggio e un rispettoso saluto - e in queste situazioni di emergenza la Costituzione è la bussola. Non abbiamo mai avuto un quadro derogatorio così ampio, rispetto ai principi e alle libertà costituzionali, come in questo momento; nemmeno durante il terrorismo.

Di fronte a questo, richiamarla, signor Presidente del Consiglio, a un utilizzo diverso del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - non è atto di lesa maestà. Lo dica ai suoi collaboratori della comunicazione (Applausi dal Gruppo IV-PSI), che dal giorno dopo continuano a dipingermi come uno che cerca di fare una polemica politica di parte. Sto cercando di aiutare me stesso, lei e tutti noi a ricordare che non può essere un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri a decidere se l'amicizia è vera o non è vera, sottosegretario Sileri. (Applausi dal Gruppo IV-PSI). Non può essere un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri a dire se il rapporto di fidanzamento è saltuario o stabile. Se noi entriamo in questo campo, stiamo entrando in un campo che ci avvicina allo Stato etico, non allo Stato costituzionale. E lei signor Presidente del Consiglio, che utilizza le parole con grande attenzione, sia più prudente, la prego, quando parla agli italiani. Lei ha detto undici volte «noi consentiamo» (l'ho ascoltata con attenzione); nel campo delle libertà costituzionali il Presidente del Consiglio, come pure un qualsiasi parlamentare, non consente, perché le libertà costituzionali vengono prima di lei. (Applausi dai Gruppi IV-PSI, L-SP-PSd'Az, FIBP-UDC e FdI).

La libertà costituzionale le permette di essere dove lei è. È invece quella visione della Costituzione octroyée (concessa), tipica dell'800, che viene richiamata da uno che dice «consento ad altri la libertà»; lei non consente la libertà, lei riconosce la libertà. E siccome so che ne è certo e poiché ha fatto una citazione greca dotta, mi lasci dire con Seneca - nell'Aula del Senato risuoni la parola di Seneca - non licet tibi quicquam arbitrio tuo facere. Non licet tibi, ma non solo al presidente Conte, a qualsiasi Presidente. Lo dico qui perché in quest'Aula io rivendico di aver contribuito a creare un altro Governo quando un senatore, il senatore Salvini, ha chiesto i pieni poteri. Non li abbiamo negati a lui per darli ad altri: è un fatto costituzionale che dobbiamo tutti insieme difendere. (Applausi dai Gruppi IV-PSI e FdI).

Chiudo sul terzo e ultimo punto. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha detto che questo Governo non lavora con il favore delle tenebre. (Commenti dal Gruppo L-SP-PSd'Az). E il fatto che la Lega abbia dei dubbi su ciò che sto dicendo mi sembra un elemento che rafforza il mio ragionamento; le posso garantire, senatore Centinaio, che le sue considerazioni mi esaltano, non mi preoccupano. Il punto fondamentale è un altro. Il Presidente del Consiglio dice: «Noi parliamo con chiarezza». La guardo negli occhi, presidente Conte, perché noi rispondiamo con la stessa chiarezza. Noi non ci siamo dietro ai giochini che talvolta le veline di Palazzo Chigi alimentano. Ho fatto quel mestiere e so come si fa ad alimentare le veline. Noi glielo diciamo in faccia. Signor Presidente, siamo a un bivio: lei è stato bravo a rassicurare gli italiani, lei è stato molto bravo, in questi due mesi, a dare parole di calma e di rassicurazione. Non era facile, dovremmo riconoscerlo tutti. Il punto però è che nella fase due della politica non basta giocare sulla paura o sul sentimento della preoccupazione.

C'è una ricostruzione da fare che è devastante e che richiederà molta politica, visione, scelte coraggiose e che non può essere ferma al modo con il quale abbiamo iniziato, come le ha detto la senatrice Unterberger. Signor Presidente, siamo a un bivio: si può stare a inseguire le dirette Facebook, che fanno crescere i follower, oppure si può cercare di seguire quelle statistiche secondo cui crescono i disoccupati. Io vorrei che lei desse un occhio in più ai dati dell'Istat e un occhio in meno ai sondaggi e avesse il coraggio di dire che, di fronte all'emergenza occupazionale e alla carneficina che ci prospetta la situazione che stiamo vivendo, occorre uno sforzo di tutti.

Tocca a lei decidere: se lei ci vorrà al suo fianco, noi ci saremo, a condizione di fare le cose che servono agli italiani. Se invece dobbiamo essere su un crinale populista, che dice alla gente quello che alla gente piace sentire, noi non saremo al suo fianco. C'era un grande senatore, si chiamava Mino Martinazzoli, che, in un momento delicato della vita di questo Paese, a chi lo contestava disse: fate come volete, ma la politica è altrove, noi vi aspetteremo là. Se lei sceglierà la strada del populismo, non avrà al suo fianco Italia Viva. Se lei sceglierà la strada della politica, la aspetteremo là. (Applausi dal Gruppo IV-PSI. Congratulazioni).




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