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Noja: «Montascale fuori uso e municipio inaccessibile. A Milano noi disabili discriminati»

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L'intervista di Lisa Noja per «Il Corriere della Sera Milano» del 09-04-2025

di Sara Bettoni

La denuncia: «A Milano come in molte altre città la mancanza di accessibilità è una questione di discriminazione e limitazione della libertà personale».

L'appuntamento era per lunedì mattina in via Dogana, al Municipio I. Un incontro di Italia Viva con Matteo Renzi e le associazioni di categoria. Lisa Noja, consigliera regionale proprio di Italia Viva, non ha potuto però partecipare all'evento. «Ho trovato i soliti 5/6 gradini e il montascale fuori uso. Ostacolo impossibile da superare per me, in carrozzina elettronica». E così ha fatto dietrofront. Arrabbiandosi. «La mancanza di accessibilità è una questione di discriminazione e di limitazione della libertà personale. Vorrei che ci fosse un moto di ribellione delle coscienze di tutti sul tema».

«Ho dovuto rinunciare all'incontro. Succede ogni giorno a chi come me è in carrozzina. Era come se sulla porta ci fosse stato un cartello con la mia foto e la scritta: Io non posso entrare». Lisa Noja, consigliera regionale, è netta: «E un tema di discriminazione e di limitazione della libertà personale».

Noja, cosa le è successo?

«Lunedì mattina avrei dovuto partecipare a un incontro di Italia viva, il mio partito, con il leader Matteo Renzi e alcune associazioni di categoria. L'appuntamento era al Municipio I, in via Dogana, in un edificio del Comune. Una volta arrivata lì, ho trovato i soliti 5/6 gradini e il montascale rotto. Ostacolo impossibile da superare per me, in carrozzina elettronica».

E cosa ha fatto?

«Ho dovuto rinunciare. Me ne sono andata. Ed è l'esperienza quotidiana di centinaia di migliaia di persone. Ci tengo a precisare che è successo a Milano, ma poteva capitare in qualsiasi altra città italiana. È un tema di democrazia: se non posso accedere a una Questura per fare una denuncia, o entrare in un bar, i miei diritti fondamentali non sono rispettati. Immaginiamo un locale che non permette l'accesso alle persone Lgbt: sarebbe boicottato da tutti. Se invece lo stesso locale è inaccessibile a chi ha una disabilità si dice: capita».

Manca una coscienza del problema tra le istituzioni?

«Forse c'è ancora troppa poca empatia nei confronti delle persone con disabilità, nel senso di incapacità di mettersi davvero nei nostri panni. Pensiamo al Disability pride: esiste, ma non ha certo la stessa partecipazione di altre manifestazioni. Vorrei che ci fosse un moto di ribellione delle coscienze di tutti e che tutte le istituzioni dessero priorità all'accessibilità. Parliamo di mandare l'umanità su Marte ma allo stesso tempo impieghiamo due anni a riparare un ascensore».

Quanto spesso deve rinunciare a qualcosa?

«Nella vita istituzionale devo programmare tutto, ma anche in quella privata. Chiamare prima il ristorante per chiedere se ci sono gradini, capire se al cinema c'è un posto per disabili...Nel 2000 ho vissuto negli Usa e potevo muovermi ovunque. Venticinque anni dopo, a Milano come in qualunque città italiana, non sono davvero libera. È una questione che dovrebbe essere affrontata anche in questi giorni in cui la città risplende per la Design Week. Si parla tanto di sostenibilità ma non di accessibilità. Se non c'è un coinvolgimento profondo, una vera assunzione di responsabilità individuale e collettiva da parte di tutti, a partire da architetti e designer, non si andrà da nessuna parte e l'Italia rimarrà un Paese incivile, che non contempla un pezzo della sua cittadinanza, oltre tre milioni di persone».