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Migliore: "Quei migranti uccisi e il silenzio del Governo"

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L'intervento pubblicato dal quotidiano "il Riformista", 30 luglio 2020.

Quanti episodi oscuri della storia del nostro Paese e del mondo hanno segnato la nostra coscienza? Quanti crimini sono scolpiti nella nostra memoria collettiva? Tra gli episodi più efferati di certo rimangono quelli legati tra loro dal robusto filo della violenza, usata per spezzare l'anelito di libertà di uomini e donne che cercavano di costruire la speranza di una vita migliore, per se è per i propri figli.

Da Portella della Ginestra agli spari sulle manifestazioni pacifiche, la storia è piena di tragici eventi che sono monito imperituro per ogni coscienza democratica. Perché, vi chiederete, ricordare proprio oggi queste pagine nere della storia? Perché a pochi chilometri da noi, pochi giorni fa, c'è stato un eccidio perpetrato dalla sedicente guardia costiera libica, che ha ammazzato senza pietà tre uomini e ne ha feriti oltre venti.

Questi uomini, naufraghi recuperati da questi carcerieri del mediterraneo, stavano provando a scappare da una sorte certa: chi viene riportato in questi campi di prigionia sa già che subirà violenze, torture e sistematiche violazioni dei più elementari diritti umani.

E anche qui questi ragazzi uccisi cercavano la libertà e volevano sfuggire un'esistenza fatta di sofferenza e dolore. Di queste vittime però non conosciamo i nomi, le storie, le speranze e le sofferenze che certamente avevano già patito. Sono rubricati, sbrigativamente, come "sudanesi". Come se bastasse dire da dove vengono per trovare la forza di girarsi dall'altra parte. Non sono "morti nostri", non sono nostri connazionali gli assassini.

Perché, quindi, occuparsene? Perché credo che questa sia una tragedia della nostra civiltà, della nostra politica, del nostro stare al mondo. Quegli assassini, quei criminali che secondo innumerevoli prove sono gli stessi che gestiscono i traffici di esseri umani, sono suppostamente alleati del nostro Paese.

Alcuni di noi, Italia Viva e altri deputati delle forze di maggioranza, hanno chiesto alla Camera di interrompere i finanziamenti a questa specifica missione, una delle tre in cui siamo impegnati in Libia. In Libia dovremmo rafforzare in modo molto più significativo la nostra presenza, operativa e diplomatica, impegnandosi, insieme alle altre forze europee, solo nelle aree di intervento dove sono i nostri contingenti militari. Ho atteso, sperato, che questo crimine potesse portare un ripensamento nelle forze politiche che hanno insistito nel finanziamento della missione che coinvolge la guardia costiera. Nulla.

Ho immaginato che, mentre si sta rinegoziando il Memorandum d'intesa del 2017, il nostro governo almeno condannasse senza mezzi termini questa violenza inaudita. Una sanzione, un richiamo, una convocazione delle autorità libiche del Gna di Serraj. Nulla.

È una sottovalutazione? Eppure ogni giorno c'è un diluvio di dichiarazioni che ci ricordano che la nostra priorità sia quella di contenere i flussi migratori, che evidentemente sono oramai largamente provenienti dalla Tunisia. Si tratta forse della consunta dottrina della "non ingerenza"? Peggio mi sento. Un Paese che ha conosciuto la violenza efferata e ha saputo sempre reagire non può rimanere inerte e silente di fronte a questo scempio.

I criminali vanno chiamati con il loro nome e trattati come meritano. Si pretenda allora, oltre all'inchiesta che chiede l'Unhcr, che i colpevoli di queste esecuzioni sommarie vengano arrestati e sanzionati, secondo il diritto internazionale, non restando impuniti. E poi, che il nostro Paese blocchi i finanziamenti alla sedicente guardia costiera libica. Ne va del nostro onore.