03/06/20

Mes, le proposte di Italia Viva

Una proposta dei gruppi parlamentari di Italia Viva per spendere bene le risorse provenienti dal MES. 

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Il documento approvato dall’Eurogruppo in data 8 maggio 2020 apre una nuova linea di credito, denominata Pandemic Crisis Support, nell’ambito del vigente Meccanismo Europeo di Stabilità.   

Cos’è il Pandemic Crisis Support

In estrema sintesi:
✓ Ammontare massimo pari al 2% del PIL 2019 (per l’Italia, si tratta di 35.74 Mld);
✓ Tasso di interesse vicino allo 0% (0,35% il primo anno e 0,15% per gli anni successivi);
✓ Durata del prestito massima di 10 anni;
✓ Disponibilità quasi immediata;
✓ Assenza di condizionalità, fatta salva la destinazione dei fondi per le spese “dirette e indirette di salute pubblica, cura e prevenzione legate alla crisi Covid-19”;
✓ 31 dicembre 2022, termine massimo per la richiesta.

Tale strumento potrebbe essere utile per Paesi con criticità relative ad alti tassi di interesse e debito elevato.

Le conseguenze economiche del lockdown

Le conseguenze economiche del lockdown dovrebbero produrre un calo del PIL superiore all’8% per il 2020 (Banca d’Italia lo stima al -9% nella sua ultima analisi di scenario), con un “rimbalzo” solo parziale per il 2021 (stimato attorno al +4,8% sempre da Via Nazionale).

Secondo la Relazione al Parlamento allegata al DEF 2020, lo scostamento di bilancio approvato porterà il nuovo livello del debito pubblico al 155,7% del PIL nel 2020 e al 152,7 per il 2021.

In questo contesto, si inserisce l’incremento dello spread conseguente alle misure di lockdown, che attualmente si è portato intorno ai 230 b.p., determinando un aumento sensibile della spesa per interessi.

Perché il MES


La spirale incrementale rapporto Debito/Pil - spesa per interessi può generare una serie di gravi criticità in tema di sostenibilità finanziaria nel medio-lungo periodo, cui si connette un rischio downgrade del nostro debito da parte delle agenzie di rating.

L’innovativa linea di credito accordata dall’Eurogruppo può essere quindi uno strumento interessante per acquisire liquidità, limitando al contempo la spesa per interessi.

Difatti, con un rapido calcolo, se decidessimo di non utilizzare il nuovo PCS del MES e reperire circa 36 miliardi emettendo Buoni del Tesoro alle condizioni attuali, la spesa per interessi ci costerebbe circa 700 milioni in più all’anno, per un totale di 7 miliardi nell’orizzonte decennale.

Come utilizzare queste risorse


Le esigenze di contenimento della spesa sanitaria e di riqualificazione dei Servizio Sanitario, sia a livello nazionale che regionale, hanno comportato una progressiva azione di razionalizzazione, sia dal punto strutturale che per quanto concerne il personale (si pensi ai blocchi del turn-over nel Sud Italia, che hanno comportato conseguenze a volte drammatiche).

Tale tendenza, diffusa soprattutto in ambito ospedaliero, ha interessato anche il livello territoriale nonché, come abbiamo potuto purtroppo notare, quello dell’emergenza-urgenza.

Stando quindi all’unica condizionalità dell’accordo, ovvero utilizzare le risorse per spese “dirette e indirette di salute pubblica, cura e prevenzione legate alla crisi Covid-19”, si propone l’utilizzo delle risorse della nuova linea di credito predisposta dal MES, secondo alcune ipotesi di lavoro, che si illustrano di seguito in maniera sintetica.

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10 miliardi per ospedali e personale sanitario


I servizi ospedalieri hanno visto, anche a causa delle necessità di razionalizzazione della spesa, un ripensamento dell’offerta dei servizi verso l’alta specialità, in alcuni casi segnando anche eccessive riduzioni di risorse con conseguenze oggi evidenti in termini di numero dei posti letto, disponibilità del personale, strutture complesse clinico-assistenziali.

Emerge quindi la necessità di un ripensamento di paradigma del Servizio Sanitario nel suo complesso, mediante una sempre maggiore implementazione/integrazione di sistemi di rete tra Aziende Ospedaliere e territorio (vd. paragrafo successivo).

Inoltre, a fini di contrasto e prevenzione delle epidemie presenti e future, emergono alcune necessità di intervento immediate, che contemplino l’erogazione di risorse economiche e gestionali per il rafforzamento dell’assistenza ospedaliera.

In pillole:

• interventi di edilizia sanitaria e di investimenti strumentali, volti alla manutenzione alla modernizzazione ed all’adeguamento delle strutture, con un aumento in termini di posti letto;

• investimenti in materia di strumentazione e apparecchiature medicali, anche con riferimento alle apparecchiature specifiche per la TI;

• l’implementazione di percorsi pandemic-free e lo sviluppo in parallelo di percorsi ad hoc per le malattie infettive;

• lo sviluppo e l’integrazione di ulteriori strutture di prevenzione e contrasto delle malattie infettive, da localizzarsi in aree nevralgiche del territorio nazionale, con l’implementazione di strutture di laboratorio e ambienti clinici aventi un livello di biosicurezza almeno pari al BSL3;

• valorizzazione del personale a trecento sessanta gradi, con un incremento di risorse in termini economici e di governance, nonché un serio investimento in tema di formazione, ad es., in materia di contrasto e prevenzione delle epidemie, utilizzo delle tecnologie informatiche più avanzate, sviluppo di conoscenze trasversali, ecc.;

• investimento infrastrutturale e di formazione finalizzato alla completa informatizzazione del sistema, con garanzia della tutela dei dati personali dei pazienti coinvolti;

• sviluppo e integrazione dell’emergenza-urgenza, con le idonee garanzie di prevenzione e contrasto delle malattie infettive;

• investimento infrastrutturale al fine di creare nei pronto soccorso dei punti di osservazione breve dedicata a casi sospetti di infezione, in attesa di diagnosi, al fine di evitare la diffusione del contagio;

• investimenti in termini di adeguamento e produzione di mezzi per trasporto di pazienti in isolamento, mediante protocolli di biosicurezza adeguati.

Sono inoltre necessari investimenti in termini di integrazione di rete tra le diverse Aziende Ospedaliere, nonché per garantire un sempre più stretto coinvolgimento della ospedalità convenzionata e privata.


10 miliardi per i servizi medici e l’assistenza territoriale


Secondo alcune ricerche, una grande differenza nella risposta tra Veneto e Lombardia, regioni simili dal punto di vista economico e demografico, sarebbe correlata proprio all'organizzazione del sistema sanitario ed alla solidità dell'infrastruttura sanitaria pubblica.

In generale, il bisogno di maggiore integrazione fra servizi ospedalieri e territoriali è determinato da una serie di fenomeni tra cui:

- l’invecchiamento della popolazione, che richiede servizi e competenze di natura assistenziale e socioassistenziale per bisogni direttamente collegati a patologie croniche e/o polimorbidità;

- l’evoluzione delle tecnologie diagnostiche, che permettono la diagnosi precoce di patologie ad elevato impatto sociale, come quelle oncologiche;

- lo sviluppo di tecnologie terapeutiche che consentono di raggiungere importanti traguardi sanitari, quali gli elevati tassi di sopravvivenza;

- la possibilità offerta dal progresso tecnologico di spostare dall’ospedale alle strutture territoriali anche prestazioni ad elevata intensità assistenziale.

Si osserva quindi l’utilità, a fini di contrasto e prevenzione delle epidemie, del superamento del concetto di assistenza all’individuo/paziente, passando ad una prospettiva di assistenza alle comunità di pazienti. Questo richiede una maggiore capillarità e attività delle Reti di assistenza territoriale, con l’integrazione tra i servizi ospedalieri e sanitari a livello locale e la presenza di una forte infrastruttura sanitaria pubblica.

A tal fine è assolutamente necessario un concreto investimento, di natura sia economica che concettuale, volto a garantire il passaggio ad un approccio integrato della gestione delle comunità dei pazienti, mediante il potenziamento delle risorse ed una riforma dell’assistenza territoriale, che ponga al centro cittadinanza ed operatori. Va altresì segnalata la necessità di investire, in tutto il territorio nazionale, sulle UCCP (Unità Complesse di Cure Primarie), anche mediante politiche di riconversione di spazi sanitari non utilizzati o sottoutilizzati.

Serve un profondo ripensamento della rete di offerta dei servizi sia ospedalieri sia territoriali, immaginando strutture, professionalità e strumenti in grado di:

• colmare il vuoto tra il momento dell’acuzie e la gestione al domicilio del paziente;

• sviluppare modalità organizzative multidisciplinari anche fuori dall’ospedale;

• garantire forme di allineamento professionale tra i vari professionisti.

L’integrazione ospedale-territorio può realizzarsi secondo i seguenti due approcci, che vanno integrati tra loro al fine di massimizzare il risultato:

- intermediate care, principalmente di natura strutturale, che ricopre le aree di intervento che colmano la distanza tra l’acuzie dell’ospedale e la gestione domiciliare, con servizi sanitari, nonché di natura socioassistenziale e di coordinamento multidisciplinare;

- transitional care, di natura funzionale, che riguarda le modalità di invio ed accoglienza del paziente tra i diversi ambiti di assistenza e quindi attiene al processo assistenziale nel suo complesso, con l’allineamento dei diversi saperi professionali rispetto alla gestione del caso.

Si segnala poi che, a causa delle misure di lockdown, diversi servizi sanitari, sociosanitari e socioassistenziali sono stati interrotti. Nella ripresa c’è il rischio che non si possa far fronte ai bisogni crescenti. A tal proposito, può proporsi l’istituzione dei seguenti quattro specifici fondi:

- Fondo di sostegno ai livelli essenziali delle prestazioni e ai servizi sociali territoriali, finalizzato a rafforzare le reti dei servizi sociali territoriali per consentire interventi urgenti connessi all’emergenza pandemica e dedicato ad alcuni settori specifici, quali:
     a) contrasto alla povertà e all’esclusione sociale;
     b) servizi educativi, socioassistenziali e socioassistenziali domiciliari in favore delle persone e dei nuclei familiari interessati dagli effetti della pandemia (pensiamo ai minori o alle persone non autosufficienti in caso di isolamento o ricovero dei loro familiari);
     c) ulteriori eventuali necessità di interventi sociali innovativi e urgenti derivanti dall’emergenza sanitaria, con particolare riferimento ai minorenni, alle persone anziane o con disabilità che necessitino di interventi sostitutivi o integrativi.

- Fondo a sostegno degli enti del Terzo settore per assistenza domiciliare e in remoto, dedicato agli enti e alle imprese del Terzo Settore per il finanziamento di progetti volti a potenziare e a migliorare, in un’ottica di innovazione e di particolare attenzione alle aree interne del Paese.

- Fondo per l’assistenza sanitaria domiciliare alle persone con disabilità o con patologie croniche, volto a potenziare gli interventi di cura e assistenza sanitaria domiciliare dedicati a persone a maggiore rischio di contagio per le quali è preferibile erogare i trattamenti in domiciliarità.

- Fondo per l’assistenza psichiatrica e psicologica, volto a garantire la gestione del burnout degli operatori sanitari e della sindrome da stress post-traumatico per le comunità terapeutiche riabilitative territoriali, anche prevedendo un incremento del personale sanitario dedicato.

Infine, si rileva come le RSA abbiano rappresentato un punto di debolezza nella fase più acuta dell’emergenza. Bisogna pertanto impegnare risorse per garantirne la sostenibilità, investimenti strutturali e tecnologici, nonché interventi di sostegno, affinché possano essere potenziati i servizi alle famiglie con particolare riferimento alle fasce a maggiore rischio di esclusione sociale.


2 miliardi per la digitalizzazione


Il controllo della spesa è stato negli ultimi anni uno tra i principali fattori di spinta alla digitalizzazione in sanità. Nonostante alcuni importanti risultati, è evidente un ritardo in termini di vantaggi percepiti dai cittadini: ad esempio, solo il 10% dei cittadini ha effettivamente attivato il Fascicolo sanitario elettronico.

Gli strumenti tecnologici, se correttamente implementati a livello universale, possono essere estremamente utili per il contrasto e la prevenzione di epidemie presenti e future, dal momento che, se da un lato riducono le necessità di contatto fisico con gli operatori, dall’altro possono consentire all’operatore un maggiore monitoraggio e la fornitura di servizi da remoto.

Per combattere le epidemie, è necessario un approccio integrato che contempli la limitazione del contatto con le strutture sanitarie (es. team diagnostici mobili; monitoraggio a domicilio), nonché modalità di comunicazione rapida ed efficace con network informatici ad hoc tra laboratori di analisi, MMG, aziende sanitarie e ospedaliere.

Serve quindi un salto di qualità nella progettazione dei servizi, ponendo al centro cittadini e operatori sanitari. Per ottenere rapidi risultati su scala nazionale, bisogna operare su diversi livelli:

• potenziamento e valorizzazione di infrastrutture nazionali (e federate), quali il fascicolo sanitario elettronico e l’anagrafe nazionale degli assistiti;

• innovazione nei processi sanitari e amministrativi delle aziende sanitarie;

• completamento della digitalizzazione del ciclo prescrittivo, es. con rapida implementazione e universalizzazione della ricetta elettronica;

• interoperabilità e valorizzazione delle piattaforme abilitanti disponibili, tra cui ANPR, Pago PA, App IO, SpID e Carta di identità elettronica.

Con particolare riferimento al Fascicolo sanitario elettronico ed alla sua evoluzione, si propongono le seguenti linee di sviluppo:

• istituzione automatica del FSE per ogni cittadino, con il caricamento di tutti i documenti sanitari del cittadino;

• favorire il più rapido utilizzo dei dati presenti nel FSE a fini di programmazione e ricerca, nonché per erogare servizi ai cittadini che richiedono la verifica della condizione di salute;

• interoperabilità del FSE con altri strumenti digitali, prevedendo in particolare la consultazione anche tramite SpID e Carta di identità elettronica;

• l’erogazione di servizi al cittadino, come ad es. la notifica in caso di produzione di nuovi documenti sanitari;

• semplificazione dell’iter normativo per introdurre nuovi standard dati o nuovi servizi;

• possibilità di alimentare FSE mediante dispositivi e piattaforme software in uso presso Aziende Ospedaliere e Aziende Sanitarie Locali, favorendo sviluppo di soluzioni di mercato innovative;

• potenziamento di funzioni e prestazioni della piattaforma centrale per l’interoperabilità (anche in ottica europea).

Si propongono altresì modifiche in tema di Anagrafe nazionale degli assistiti, che mirino a:

• sbloccare il processo di attivazione dell’Anagrafe assistiti (la norma è del 2012 ma, come in altri casi, non è ancora stato emanato il decreto attuativo previsto);

• prevedere modalità di evoluzione dei servizi più snella (senza ricorso a decreti);

• implementare modalità di gestione dei dati sulla disabilità.


5 miliardi per la ricerca


Il più grande investimento in prevenzione è quello per la ricerca.

La ricerca scientifica e tecnologica garantisce di porsi all’avanguardia dal punto di vista delle cure per la comunità dei pazienti, ma permette anche di avere un vantaggio comparato dal punto di vista economico e culturale nei confronti dei sistemi di ricerca e cura nostri competitor a livello internazionale.

Si pensi – ma sono soltanto alcuni esempi tra le molteplici possibilità del multiforme ingegno umano – allo sviluppo di un vaccino o di un nuovo farmaco sperimentale, alla scoperta di nuovi protocolli di cura delle malattie respiratorie, all’utilizzo dei big data per la comprensione precoce dei processi di sviluppo delle epidemie.

La ricerca è quindi un driver di sviluppo anche per il nostro sistema delle imprese, che possono porsi all’avanguardia nell’esportazione di prodotti e servizi innovativi e know-how.

Fa da triste contraltare a tali riflessioni, un dato secco (Fonte: Libro bianco sulla ricerca clinica indipendente): l’Italia destina alla ricerca solo l’1,35% del Pil contro una media europea del 2,7%.

Per tale motivo appare necessario:

• un cospicuo investimento pluriennale per la ricerca di base e la ricerca nei diversi settori medici;

• la massima integrazione e un allineamento coordinato tra i poli di ricerca, pubblici e privati, oggi esistenti;

• l’individuazione e il potenziamento di un Centro di Ricerca ad hoc per le pandemie;

• investimenti in termini tecnologici e progettuali per garantire partnership con poli di ricerca internazionali;

• un Fondo appositamente istituito per garantire ai nostri laboratori di ricerca, pubblici e privati, la dotazione delle più moderne tecnologie e strumentazioni esistenti;

• modalità di collegamento rapido e interoperabilità dei dati di ricerca tra poli di ricerca nazionali, fondazioni universitarie, IRCCS, centri di ricerca privati, ecc., anche mediante l’implementazione delle tecnologie informative più avanzate;

• investimento economico e concettuale per garantire partnership interdisciplinari (es. genetica, infettivologia, statistica, demografia, data analysis, ecc.) che permettano l’integrazione di studi e ricerche a fini di prevenzione e contrasto delle epidemie;

• sostegno e investimento, in co-finanziamento con gli enti territoriali pubblici e privati, per l’attivazione di corsi universitari di alto livello finalizzato alla formazione del personale medico.


8 miliardi per imprese e trasporti


Anche il sistema delle imprese può beneficiare di questa linea di credito, dal momento che nell’unica condizionalità prevista sono contemplate anche le spese “indirette” di prevenzione e contrasto all’epidemia. A mero titolo esemplificativo, possono rientrare tra tali spese:

• la mobilitazione di risorse (es. in forma di tax credit) per l’acquisto di DPI e altri strumenti di protezione, anche in forma di hardware e software;

• l’erogazione di incentivi volti al sostegno per le imprese che effettuino investimenti strutturali ed infrastrutturali necessari a garantire il distanziamento sociale;

• misure incentivanti finalizzati all’individuazione ovvero all’assunzione di un “pandemic manager”, con funzioni di coordinamento ed attuazione delle misure di prevenzione dal contagio;

• incentivi per la diversificazione dell’orario di lavoro, finalizzate alla sterilizzazione della c.d. “ora di punta”.

In connessione al punto precedente, al fine di garantire modalità di trasporto sicure per cittadini e lavoratori, nonché per massimizzare il social distancing, in vista della ripresa generale delle attività scolastiche e di formazione, economiche e sociali, si propongono le seguenti linee di azione in materia di trasporto:

• l’erogazione diretta alle imprese di bonus per la mobilità dei dipendenti, a scopo di prevenzione della diffusione del virus, al fine di incentivare modalità di trasporto ad hoc che permettano il distanziamento sociale;

• ulteriori risorse per il TPL, finalizzate a garantire un incremento dei mezzi e delle corse del trasporto pubblico, contemplando altresì un investimento specifico per la sanificazione e l’adeguamento del parco veicoli esistente.