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Maria Elena Boschi si racconta a Sette

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L'intervista a Maria Elena Boschi di Claudio Bozza per 7 del Corriere della Sera

Onorevole Maria Elena Boschi, le manca il potere?

«Se per potere s'intende quello di far accadere le cose, sì, mi manca. Ero un po' la "donna macchina": mi occupavo dei dossier e seguivo soprattutto la parte parlamentare. Se invece ripenso all'idea di stare da sola sabato e domenica a Palazzo Chigi, sepolta dalle carte da firmare, direi proprio di no».

 

La politica le ha più dato o più tolto?

«Sicuramente mi ha dato di più, altrimenti sarei tornata a fare l'avvocato. La politica è la mia passione: tutto quello che ho potuto fare è stato un onore».

 

E tolto?

«Molto in termini di vita privata. Specie durante il governo, per quasi 5 anni, ho vissuto sempre sotto i riflettori. Riuscivo solo, ogni tanto, a tornare a casa dalla mia famiglia e dai miei amici. Non mi bastavano mai le giornate. Era una roba di adrenalina, impossibile staccarsi dal telefono, perché c'era sempre un'urgenza. E so cosa significa passare dai complimenti - con tutti che ti cercano - alle contestazioni in piazza per il referendum. Poi siamo arrivati quasi alla morbosità: non avevo una sfera privata. A 32 anni ero protetta da un livello di sicurezza molto alto, era anche impossibile per un mio coetaneo avvicinarmi, figuriamoci corteggiarmi. Anche in ascensore, non ero mai sola».

 

Quasi o anni fa, in un'intervista a Vanity fair, raccontò di sognare un compagno e tre figli. Oggi lei ha 42 anni: a che punto è quel sogno?


«Intanto mi sono un po' portata avanti. Cè stato un amore che è nato e che poi è finito. Oggi ho un compagno accanto a me, che amo. Avendo 42 anni è un obiettivo un po' ambizioso. Io ho sempre ritenuto che i figli fossero la conseguenza dell'amore. Non si salva una coppia facendo un figlio, perché un bimbo non si fa per forza. In questi anni tanti amici mi hanno detto di farlo "perché poi non c'è tempo", che poi
"ci si lascia e si divorzia, ma i figli restano". ... lo questi consigli non li ho voluti seguire. Ho sempre pensato che il figlio sarebbe arrivato con la persona giusta».


Cosa pensa del monologo a Sanremo di Chiara Francini sulla maternità?

«A me è piaciuto, perché è quello che ha parlato di più alle donne: con molte amiche ci siamo confron-tate, Però non mi ci identifico del tutto: non mi sento una donna "sbagliata" perché non ho figli. Almeno non ancora».

 

Quanto le manca avere un figlio?

«Mi sono sempre vista mamma e spero che succeda, ma non è una cosa che vivo con dolore. È la conseguenza delle scelte che ho fatto. Un po' non è capitato, un po' ho dato la priorità ad altre cose della mia vita, e non ho voluto accelerare».

 

Lel è fidanzata con Giulio Berruti, che ha una duplice carriera di attore e odontoiatra. Vi sposerete?


«Stiamo insieme da quasi tre anni: siamo andati a vivere quasi subito assieme, è venuto naturale. Mi piacerebbe sposarmi. Ancora non mi ha fatto una pro-posta, né io l'ho fatta a lui intendiamoci eh! (sorride, ndr)».


Come vi siete conosciuti?


«Ci siamo incontrati per caso quasi 10 anni fa: io stavo entrando all'Auditorium di Roma. Uno sguardo, ci fu la scintilla. Ma appunto ero circondata dalla sicu-rezza. Ci siamo di nuovo incontrati anni dopo ai giardini del Quirinale: parlammo e mi chiese il numero di telefono, ma io non glielo diedi: "Troverai un modo".
Il giorno dopo mi mandò a Palazzo Chigi un mazzo di fiori bellissimo, con il suo numero di telefono. Lo ringraziai dopo due mesi. Ma lui si era fidanzato».

 

Peggio della tela di Penelope..


«La nostra storia è iniziata paradossalmente grazie al Covid. Lui si era lasciato ed era rientrato dagli Usa.
Dopo il lockdown, abbiamo iniziato a frequentarci e nei primi tempi siamo riusciti a tenere la cosa segretа»

 

Per ora avete un cane.


«Una siberian husky che si chlama Brownie. Giulio stava guidando in Abruzzo e nevicava: si ferma in un'area di sosta, sente del mugolii provenire da una scatola. Dentro cerano 4 cuccioli di husky e uno di rottweiler. Quest'ultimo era purtroppo morto di freddo, così 3 li ha regalati e una è Brownie».

 

Chi cucina?

«Prevalentemente io, diciamo la verità. Però ora Giulio è in Usa e se la deve cavare da solo (ride, ndr), ad Atlanta, dove sta girando una serie con la sorella di Elon Musk. Non ci vediamo da quasi due mesi».

 

Si racconta che lei sia piuttosto gelosa.


«Se lo fossi in maniera pesante non potrei stare con una persona che fa l'attore. Per chi, come me, non fa parte di quel mondo non sempre è facile comprendere certe dinamiche. E poi lavora sempre con donne bellissime...».

 

Il collega che più stima?

«Quello che stimo di più lo può immaginare: è Matteo Renzi, altrimenti non avrei continuato a seguire in modo così convinto questo progetto sempre, inclusi i momenti più duri. Lo stimo come persona e per le sue capacità politiche. Ma ho grande considerazione anche avversari come Crosetto o Nordio».


E chi l'ha delusa di più?

«Qualche amico del Pd, ma non faccio nomi. Avendo condiviso così tanto con alcuni di loro dal punto di vista umano, la delusione è stata forte. Dopo la scis-sione, sentirli parlare con astio contro di noi mi ha lasciato amaro in bocca, perché mi ricordo come si comportavano quando avevamo il vento in poppa e ci hanno costruito carriere importanti».


C'è voluta la destra per portare una donna a Palazzo Chigi. Perché il centrosinistra non ne è stato capace?

«Perché Giorgia Meloni è stata più brava. Le va rico-nosciuto: si è conquistata tutto da sola. È stata coraggiosa e ha avuto anche fortuna, perché senza la campagna elettorale di Letta non ce l'avrebbe mai fatta».

 

Meloni: tre parole per definirla?


«Caparbia. Sola, perché non mi pare che abbia
Intorno un gruppo di persone davvero all'altezza. E terzo: a volte mi pare un po' aggressiva, nei toni e nei modi. Lo è stata anche con me in passato».


Avete un rapporto?

«Cortesia istituzionale e poco di più. A lei e a Fratelli d'Italia, in particolare a Donzelli, addebito il fatto di aver picchiato duro sulla vicenda di mio padre, su Banca Etruria. Con insinuazioni e strumentalizzando
una vicenda giudiziaria in maniera squallida, cosa che io non ho mai fatto quando è stato arrestato per bancarotta il fratello di Donzelli o altri di loro sono finiti indagati. Ma soprattutto: nessuno di loro ha chiesto scusa a mio padre».

 

Tornerà ministra, un giorno?

«Non vivo in attesa di quel momento. Però magari succederà: ho visto persone tornare ministro dopo 10 anni, quindi chi lo sa».

 

Alle Regionali la destra ha stravinto. In Lombardia, vostro bacino elettorale principe, Moratti ha subito una dura sconfitta. Non era meglio cercare un'intesa col centrosinistra?


«Non avremmo battuto Fontana nemmeno sommando i voti del Terzo polo a quelli di Majorino. Idem nel Lazio, dove eravamo alleati con il Pd, ma senza il M5S. Abbiamo perso: dobbiamo fare autocritica e non buttarla solo sugli elettori. Sicuramente non siamo stati capaci di riportare a votare le persone che ci avevano sostenuto alle Politiche. Ma il progetto del partito unico tra Italia viva e Azione va avanti: il vero obiettivo sono le Europee del 2024».

 

I vostri detrattori vi accusano di rappresentare solo i più ricchi. Ma i poveri sono sempre di più, e votano. Come pensate di tornare al governo?


«I detrattori, appunto. Non ci votano però solo i ceti più agiati, ma anche tanti giovani e questo ci dà spe-ranza. Noi vogliamo parlare alla classe media, ma non è che non consideriamo chi è in difficoltà economica.
Ricordo che, quando arrivammo a Palazzo Chigi, a bilancio c'erano appena 20 milioni lasciati da Letta contro la povertà. Quando siamo andati via c'erano invece 2,7 miliardi con il reddito di inclusione (Rei). Il tema vero è creare nuovo lavoro, perché non si resti sine die nella condizione di disoccupato dipendente dal reddito di cittadinanza».

 

Tra i suoi amici c'è qualcuno che non arriva a fine mese?

«Sì c'è, ma non per demerito. Dopo il Covid molti miei amici avvocati sono finiti in difficoltà. Ho anche un amico che faceva il ricercatore e ora fa l'operaio a Pomezia. Chi non ha un lavoro è difficile che si presenti a un centro per l'impiego, in tanti non ci vanno perché si vergognano. Servono strumenti diversi e più efficaci».


Suo padre Pierluigi, già vicepresidente di Banca Etruria, dopo 7 anni è uscito senza macchia da quel processo. Cosa vi siete detti quando è finita?

«Gli ho telefonato e mi ha detto: "Mari è finita, finalmente". Abbiamo pianto. È stato un senso di liberazione e giustizia. Qui non c'è stata malagiustizia. Ma ingiustizia profonda per come è stato trattato mio padre dall'opinione pubblica, dai media e soprattutto dagli avversari politici. Abbiamo subito umiliazioni».

 

Si è mai sentita in colpa per quanto successo?

«Un po' sì. Se lui non fosse stato mio padre e io non fossi stata al governo.... Lui sarebbe stato al pari di molti altri sconosciuti. A casa, a Laterina, abbiamo dovuto costruire un cancello e una recinzione. Avevamo le televisioni fisse fuori da casa. Per anni abbiamo avuto carabinieri e polizia fissi davanti a casa. Era un problema anche solo giocare in giardino tranquilli per i miei nipoti. Non auguro a nessuno di non sentirsi sereni a casa propria».

 

Il suo prossimo sogno?

«Un viaggio in Argentina. Spero di riuscirci presto».