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Marco Di Maio: "Non vogliamo la crisi o le elezioni ma al Governo le cose non vanno bene"

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Intervista di Gavino Cau, "Corriere di Romagna", 5 gennaio 2021.

«Non vogliamo né la crisi dì governo, né le elezioni, non chiediamo poltrone o rimpasto, ma è chiaro che così le cose non vanno. Su Recovery Fund, vaccinazioni e scuole vogliamo chiarezza. La nostra posizione può essere impopolare, ma è condivisa da altre forze politiche. Da Conte vogliamo una sterzata». Marco Di Maio, parlamentare forlivese di Italia Viva, ripercorre le tappe dello strappo, o quanto meno della tensione, tra il presidente del consiglio Giuseppe Conte e il leader di Iv Matteo Renzi.

Onorevole Di Maio. com'è la situazione tra il suo partito e il Governo?
«Italia Viva sta ponendo delle questioni nel merito di una gestione emergenziale che mostra evidenti problemi in questa fase. Inutile negarlo».

Quali?
«L'avvio a rilento e la programmazione delle vaccinazioni, i dubbi sulla riapertura delle scuole, i 200 miliardi che dovrebbero arrivare in Italia, cifra senza precedenti, e la mancanza di evidenze su come saranno investiti e spesi questi soldi. Non ci pare ci sia un progetto visibile e tracciabile».

Quali sono i vostri dubbi, partiamo dai vaccini?
«Servono trasparenza e velocità. Fino a ieri (domenica, ndr) ad esempio in Israele era stato vaccinato il 12% della popolazione, in Italia abbiamo somministrato un quarto delle dosi di vaccino a disposizione, appena 120mila su oltre 460mila dosi già arrivate. Serve un piano dettagliato, riconoscibile e trasparente. Abbiamo le condizioni e le professionalità per vaccinazioni 24 ore su 24, sette giorni su sette. I soldi ci sono, usiamole tante risorse umane, richiamando medici in pensione e giovani in attesa dell'inserimento in strutture sanitarie».

La scuola?
«Non sappiamo se ci sono le condizioni per riaprire in sicurezza nei prossimi giorni. È indecoroso che a14 gennaio non si sappia ancora chi, come e quando tornerà a scuola. Famiglie, professori, personale sono pieni di domande. Non si fanno provvedimenti la sera per la mattina dopo. Si era partiti dal ritorno al 100% in classe, poi si era scesi al 75, ora siamo al 50%. Alcune Regioni hanno addirittura scelto di non riaprire fino a febbraio. Dobbiamo aprire le scuole con la certezza che poi non si chiuderanno più».

Altro tema caldo è l'economia e i fondi che devono arrivare dall'Europa. La vostra posizione?
«Servono più soldi per la sanità. Bene, togliamo i 9 miliardi previsti dal Recovery Fund e utilizziamo i 36 miliardi del Mes, spostando quei 9 miliardi per cultura e turismo, ai quali sono destinati "solo" 3 miliardi, che sono davvero pochi. E poi, vanno bene i ristori, ma vanno estesi a chi non li ha ancora ricevuti. Infine serve una prospettiva per il futuro: l'economia non può vivere di sussidi, servono investimenti e rilanciare il Piano impresa 4.0. Finito il blocco dei licenziamenti rischiamo di perdere un milione di posti di lavoro».

Se non otterrete risposte quali scenari ci aspettano?
«Non vogliamo la crisi di governo e non è una questione di rimpasto odi poltrone in più. Italia Viva ha già posti nel governo. Vogliamo risposte ai nostri quesiti. Abbiamo presentato un piano in 61 punti, molti condivisi anche da altre forze, come Pd. Non è cambiando un ministro che si sistemano le cose. Nei prossimi mesi si deciderà il futuro dell'Italia nei prossimi 5 o 10 anni. Finora Conte ha detto che aveva la squadra migliore. Noi non crediamo sia così. Vogliamo stare dentro la maggioranza, senza rinunciare alle nostre idee. Altrimenti siamo disposti a lasciare».

Esiste un'ipotesi elezioni?
«Chi lo dice vuole solo spaventare i parlamentari. Non c'è il rischio elezioni. Significherebbe votare in mezzo a una pandemia, nell'ultima parte del settennato del presidente della Repubblica Mattarella e non sarebbe la soluzione ai problemi».

La discussione ha ripercussioni anche per la Romagna?
«Certo, basta pensare che con il nostro piano la Romagna otterrebbe più fondi. Se il turismo passasse da 3 a 12 miliardi ci sarebbero tanti vantaggi, perché in un'area turistica come la nostra potrebbero arrivare centinaia di milioni. E con i soldi della sanità potremmo pagare di corsi di Medicina e Chirurgia di Forlì e Ravenna».