economia fisco

Marattin: "Un fondo sovrano l'Italia ce l'ha già, duplicarlo non serve a nulla"

Le attività ed i successi che portiamo avanti dipendono dall'impegno di ognuno di noi. Ogni contributo è importante.
dona italiaviva

L'intervento pubblicato da "MF - Milano Finanza", 4 maggio 2021.

Su MF del 24 aprile scorso, l'onorevole Giacomoni sostiene l'assoluta e ineludibile necessità della creazione di un «fondo sovrano», o altrimenti ribrandizzato «fondo strategico», anche se lo stesso collega confessa la sua preferenza per il primo termine perché, sostanzialmente, a suo dire suona meglio.

La proposta si basa su un dato di fatto oggettivo e da decenni unanimemente riconosciuto: la strutturale sottocapitalizzazione del nostro sistema produttivo, che non solo è causa di vulnerabilità a shock finanziari ma impedisce anche di puntare con decisione verso attività a maggior contenuto di ricerca e sviluppo, a loro volta foriere di incrementi di competitività e produttività.

Ma da qui in poi la proposta assume contorni piuttosto vaghi e indefiniti. Si ripete ossessivamente che occorre costruire una «fondazione sul modello di Human Technopole, Enea Tech e Istituto Italiano di Tecnologia», che però si occupano rispettivamente di biologia umana, tecnologie innovative e ricerca robotica. Questa fondazione dovrebbe ricevere risorse «sia dal bilancio pubblico che dai contributi dei privati», oltre naturalmente alle immancabili «risorse del Recovery Fund». Infine il cerchio si chiude: questa fondazione «darebbe in gestione le risorse a soggetti specializzati che agiranno sulla base di atti di indirizzo strategici forniti dal Parlamento e dal Governo».

Non è molto su cui basare un'analisi accurata, ma proviamoci ugualmente. In primo luogo, la domanda fondamentale: perché mai un investitore privato - si citano espressamente «long-term inflation buyer, le casse di previdenza private e i fondi pensioni e successivamente gli investitori retail» - dovrebbe affidare risorse a un soggetto che agisce sulla base d'indicazioni politiche? Gli intermediari mobiliari - sono sicuro che Giacomoni lo sa bene, per esperienza diretta magari non solo passata - gestiscono il risparmio privato non sulla base di una delega «sovrana» o «strategica», ma con l'obiettivo di generare un rendimento in linea con il profilo di rischio scelto. Nel caso poi delle casse di previdenza private o dei gestori di previdenza complementare, la combinazione rischio-rendimento è la più conservativa possibile: protezione del capitale con un rendimento rivolto soprattutto a preservare il valore reale di lungo periodo. Non si capisce per quale motivo, e in base a quale meccanismo, gestori di miliardi di euro di risparmi dei cittadini italiani dovrebbero investire quelle risorse in progetti selezionati «dal Parlamento e dal Governo», e quindi inevitabilmente soggetti a tutte le potenziali distorsioni della politica.

Già mi vedo Alitalia e Ilva come primi brillanti esempi di utilizzi sovrani (o strategici) del risparmio previdenziale degli italiani. Ma proseguiamo. Questa fondazione che gestirebbe le risorse pubbliche e private sulla base delle indicazioni del Parlamento e del Governo esattamente che tipo di govemance avrebbe? Mista pubblico-privato, immagino. E saranno in maggioranza i consiglieri nominati dal potere pubblico o quelli rappresentativi delle gestioni private? Infine, la considerazione forse più importante. Come ben ricordato da Giulio Centemero (Milano Finanza del 22 aprile scorso), gli attori istituzionali che fanno esattamente quel che invece si vuole affidare a un «fondo sovrano» esistono già e sono piuttosto numerosi: il Fondo Italiano d'Investimento, Cdp equity e il neo-costituito Patrimonio Rilancio nel suo asse per le operazioni a mercato. In tutti questi soggetti, e con particolare evidenza nell'ultimo, i gestori mobiliari privati sono già ampiamente coinvolti.

È già possibile dunque - e in certi casi da diversi anni - quella «partnership pubblico-privata per convogliare il risparmio privato verso l'economia reale», che invece si ritiene realizzabile solo con la creazione di una nuova struttura. Probabilmente sarebbe consigliabile esaminare le performance di questi soggetti già esistenti per capire i punti di forza e di debolezza, rafforzare i primi e risolvere i secondi. Prima di lanciarci in costituzioni ex-novo di nuovi fondi ai quali attribuire l'aggettivo più alla moda.

Personalmente concordo con l'onorevole Giacomoni su molti altri aspetti su cui egli basa il suo impegno parlamentare, a cominciare dalla necessità di sviluppare i Pir, sia ordinari sia alternativi. Ma devo ammettere di non essere mai riuscito a comprendere appieno questa sua proposta del «fondo sovrano». Chissà, magari questo bel dibattito su queste pagine, finalmente, me ne darà l'opportunità. Anche perché quando ho proposto di approfondire il tema in Commissione Finanze, ahimè, l'invito è sempre caduto nel vuoto. Un vuoto sovrano. O forse, chissà, strategico.