Intervista di Elisa Calessi, 12 giugno 2020.
«Ogni iniziativa di confronto e discussione può essere utile. Personalmente preferisco riunioni operative (e adeguatamente preparate) a grandi occasioni messe su un po' all'improvviso. Che, di solito, sono sempre state utili più per la forma che per la sostanza». Luigi Marattin, deputato e responsabile economico di Italia Viva, risponde così quando gli chiediamo cosa ne pensa degli Stati Generali che domani cominciano.
L'opposizione non partecipa. Si poteva evitare?
«Capisco sia l'invito fatto dal premier, che il rifiuto dell'opposizione. Nel mio piccolo, il coinvolgimento dell'opposizione - che reputo cruciale in una fase del genere - lo sto facendo (da relatore) sugli emendamenti al DL Rilancio, per spendere insieme, nel migliore interesse del paese, gli 800 milioni di budget parlamentare».
Il presidente di Confindustria Lombardia ha detto che la cassa integrazione non è la soluzione. Sbaglia?
«La cassa integrazione serviva nell'immediato (e serve ancora) perché altrimenti avremmo avuto milioni di disoccupati. Ma è evidente che non può perpetuarsi all'infinito. Nostro obiettivo deve essere far ripartire subito l'economia e ad un tasso di crescita superiore a quello pre-Covid».
Il piano Colao dava qualche indicazione, ma è stato accantonato. Lei cosa ne pensa?
«Su molte cose a noi piace, contiene diagnosi e ricette in larga parte condivisibili. Dopodiché in questo paese la politica è talmente debole (o forse è interesse di qualcuno dipingerla così) che ogni volta si attribuisce valore messianico a contributi di tecnici che magari non avevano alcun interesse a passare per "salvatori della Patria", ma solo a contribuire al dibattito con qualche idea concreta».
Pd e M5S hanno criticato la proposta di "sanare" il contante non dichiarato. Anche lei è contrario?
«L'idea non è nuova, e venne addirittura accennata dal magistrato che più di ogni altro è esperto di reati finanziari (Francesco Greco, procuratore capo di Milano, n.d.r.), quindi non sospettabile di voler aiutare i delinquenti. Nel libro di Renzi è contenuta come un passo propedeutico all'abolizione del contante: faccio rientrare nella legalità le banconote che ora non lo sono, ma verranno spese solo in modo tracciabile. Mi sembra una cosa su cui si può discutere (in particolare di condizioni e limiti) ma non vorrei cascare nel giochino in cui ora si parla solo di questo, e si lasciano sullo sfondo le questioni davvero cruciali».
E quali sono?
«Primo: chi lavora paga troppe tasse, e in modo troppo complicato. Serve quindi una totale riforma dell'Irpef, per costruire un sistema fiscale semplice e molto più leggero. Secondo: da un decennio mancano all'appello gli investimenti pubblici, nonostante tutti i soldi stanziati. Allora serve subito estendere il modello Genova non solo alle altre grandi opere ma a tutte le stazioni appaltanti. Terzo: la macchina pubblica è troppo complicata. Affinché "meno burocrazia" non sia solo uno slogan (come è stato finora), occorre prendere il toro per le coma: una massiccia semplificazione del diritto amministrativo, l'infrastruttura giuridica che regola la PA e i suoi rapporti con i privati. Se vogliamo veramente che l'Italia si rimetta a corre re, partiamo da queste tre cose».
L'Italia, con il Recovery Fund, avrà a disposizione tanti soldi. Dove li spenderebbe?
«La Commissione ha fatto una proposta (ottima), e mezzo paese si precipita con l'acquolina in bocca a pensare come finalmente tornare a spendere. La realtà purtroppo è diversa: il Recovery Fund deve essere approvato all'unanimità dal Consiglio Europeo, dove siedono i 27 capi di governo dei paesi membri. Quattro dei quali non ne vogliono ancora sapere. Rimetterei quindi lo champagne - e il libretto degli assegni - in frigo, e rimanderei ogni sogno di spesa pubblica proibita a quando la cosa diverrà ufficiale. Cosa che spero accada presto».
I sondaggi danno un partito di Conte al 14%. La spaventa? Secondo lei Conte lo farà?
«La Costituzione garantisce a tutti libertà di iniziativa politica».
Questo governo arriva al 2023? Se no, si vota?
«Sì, se sa affrontare i problemi giusti nel modo giusto. Se non ce la dovesse fare, la risposta è semplice: la Costituzione dice che sta al Parlamento verificare l'esistenza di una maggioranza alternativa, sotto la sapiente supervisione del Capo dello Stato».