Intervista a Luigi Marattin di Eugenio Fatigante, "Avvenire", 12 aprile 2020.
Opinione di Luigi Marattin, economista di Italia Viva, è che il premier Conte, venerdì sera in tv, ha fatto bene a «sbugiardare Salvini e Meloni, i quali avevano falsamente detto che il Mes era stato attivato, dobbiamo liberare il dibattito dalle fake news. Meno bene - prosegue - ha fatto poi a usare i loro stessi argomenti nel dipingere il Mes come un mostro cattivo. Anche perché allora non si capisce perché abbiamo tanto lottato - riuscendoci - per far togliere le condizionalità. E mi pare che il Pd - o parte di esso - condivida l'opinione di noi di Iv su questo».
La linea di credito Mes per le spese sanitarie va utilizzata, quindi?
«Sulla nuova linea di credito del Mes esiste una sola condizione: usare quelle risorse per finanziare spese, dirette ma anche indirette, legate all'emergenza sanitaria. Le risorse prese a prestito non possono superare per noi i 36 miliardi ed è evidente che, una volta ottenute, le condizionalità non possono certo essere cambiate o aumentate. Il beneficio maggiore, poco sottolineato finora, non sarebbe però questo, bensì l'accesso che ne deriverebbe alle operazioni Omt. Si tratta del "bazooka" che Draghi annunciò nel 2012, l'acquisto illimitato di titoli di Stato sul mercato secondario da parte della Bce. Questo consentirebbe una rete di sicurezza illimitata per le nostre future emissioni. La cosa ironica è che è proprio questo che M5s chiede da settimane. Ma non hanno capito che lo possiamo ottenere solo come effetto collaterale dell'adesione al Mes».
Nell'attesa, l'Italia deve puntare a farcela da sola più che guardare agli aiuti dell'Europa?
«Io credo che il futuro dell'integrazione europea restino gli Eurobond. Ma per realizzarli davvero, gli Stati nazionali devono cedere alla Ue parte dei loro strumenti fiscali e della loro spesa pubblica, per accrescere il bilancio comunitario. Questo è uno scenario di anni. Noi invece abbiamo un problema ora, e dobbiamo far funzionare gli strumenti esistenti, adattandoli al contesto, prima di crearne altri. Imprese e famiglie, stremate dalla crisi, non possono aspettare. Per questo è incomprensibile la pregiudiziale anti-Mes».
Il no di Merkel e Rutte agli Eurobond può essere letto come una forma di sovranismo?
«I "veri" Eurobond non credo siano mai stati sul tavolo. Se lo fossero, a essere contrari sarebbero probabilmente olandesi e tedeschi, ma anche molti "italianissimi" che se ne riempiono la bocca, proprio perché - sospetto - sono molto gelosi della propria sovranità fiscale e difficilmente se ne vorrebbero privare».
Gli aiuti decisi per chi è senza lavoro stentano ad arrivare. Cosa va corretto?
«La moratoria sui mutui e il rinvio delle scadenze fiscali sono operative. Altri strumenti, come la concessione di nuova liquidità, non saranno forse veloci quanto necessario, perché non è stata accolta in pieno la nostra richiesta di estendere la garanzia pubblica al 100% sui prestiti delle banche. Farlo avrebbe significato azzerare l'istruttoria che le banche devono obbligatoriamente fare. Il motivo per cui non è stato possibile farlo, ancora una volta, attiene a quante risorse possiamo impegnare ora nei bilanci pubblici. E quindi torniamo al tema europeo e del Mes».
Il contributo-tassa proposto da Delrio è un capitolo già chiuso?
«Per quanto ci riguarda, si poteva anche non aprire».
Sono troppe altre tre settimane di chiusura?
«Noi avremmo preferito un'apertura graduale anche prima del 4 maggio. Ma in condizioni di totale sicurezza, che si devono preparare settimane prima dell'apertura. Per questo insistiamo tanto sul cominciare a farlo davvero, non solo a parlarne».
In conclusione: il presidente Conte le appare più saldo oggi a Palazzo Chigi o no?
«Mi pare evidente che Conte si stia comportando in questo modo per un motivo solo: non irritare il M5s che dopo la Tav, la Tap, l'acqua pubblica, il no ai salvataggi bancari, ecc. - non può permettersi di rimangiarsi l'ennesima guerra di religione. Ma la solidità di un premier si misura, a mio avviso, su quanto riesce a imporre l'interesse nazionale sull'interesse dei singoli partiti».