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Marattin: delega fiscale nel segno di Mario Draghi

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Intervista a Luigi Marattin per "Il Riformista" di Aldo Torchiaro

Abbiamo incontrato Luigi Marattin, economista e deputato di Italia Viva, per parlare della delega fiscale. Dove nascoste tra le pieghe della legge ci sono misure severe, perfino il prelievo coatto dai conti degli evasori fiscali.

Misure severe ma giuste?

«Nella delega fiscale, all'articolo 16, ci sono due principi di delega volti a velocizzare ed "efficientare" uno dei principali punti deboli del nostro sistema di riscossione, cioè il recupero coattivo delle somme che gli evasori sottraggono allo Stato e, cosa ancor più importante, a coloro che invece le tasse le pagano correttamente. Il primo è la velocizzazione del processo, abolendo il ruolo e la cartella di pagamento, così da passare direttamente alle azioni esecutive. Il secondo è, appunto, l'automazione del pignoramento dei conti correnti. Indubbiamente misure severe, ma giuste. Soprattutto se verranno accompagnate, come stiamo chiedendo con forza, alla nostra proposta di destinare obbligatoriamente ogni euro recuperato dalla lotta all'evasione alla riduzione della pressione fiscale».

Lei ne ha parlato come di "bombe". Forse di profondità, cioè ben nascoste...?

«Beh sì, hanno provato a nasconderle bene. Probabilmente speravano che nessuno se ne accorgesse. Sono troppo abituati a parlamentari che non leggono le cose che approvano».

E perché allora Salvini parla di mano tesa, di fisco amico, di rottamazione cartelle?

«Perché i populisti fanno così. Hanno una narrazione, che corrisponde sempre al Paese dei balocchi o a quello che la gente vuol sentirsi dire. E la devono mantenere sempre, anche se contemporaneamente stanno facendo l'esatto opposto. Salvini poi, è uno specialista. Parla da anni di flat tax, e l'unica cosa che ha fatto è presentare una proposta di legge che porta le aliquote Irpef da 4 a 18. Parla di abolire la Fornero, e taglia gli adeguamenti all'inflazione delle pensioni del ceto medio. Parla di abolire l'obbligo di pagamenti elettronici, e poi lo mantiene. Parla di abolire le accise, e poi le alza. Ora parla di condono 48 ore dopo aver approvato una norma che rende automatici i pignoramenti agli evasori».

Nel complesso come giudica la delega fiscale? Italia Viva e Terzo polo alla Camera hanno votato a favore...

«È una delega fiscale in totale continuità col governo Draghi. Dalla semplificazione dell'Irpef alle modalità di abolizione dell'Irap, dalla riduzione del numero di aliquote Iva all'intervento sull'Ires, dalla mensilizzazione opzionale del pagamento delle imposte da parte degli autonomi alle microtasse, dalla codificazione al superamento della distinzione tra bilancio civilistico e bilancio fiscale, passando per la semplificazione - a vantaggio del contribuente - della tassazione dei redditi finanziari. Tutti frutti del nostro lavoro della scorsa legislatura che sono interamente riproposti nella delega Meloni».

Siete comunque intervenuti?

«Sì, durante l'esame in Commissione abbiamo ulteriormente migliorato il testo. Il risultato più importante è stato aver eliminato la flat tax incrementale per i dipendenti, e averla sostituita con una nostra proposta: la detassazione dei premi di produttività. Siamo anche riusciti ad inserire la riduzione dell'imposta sugli utili delle società distribuiti ai dipendenti. E il viceministro Leo ha pubblicamente annunciato che presto verrà calendarizzata la nostra proposta di costituzionalizzazione dello Statuto del Contribuente, che è l'unico modo per farlo rispettare davvero».

Ha ragione Raffini? Il problema vero sta nell'individuare politiche di recupero?

«Il problema numero uno è che le tasse sono troppo alte: la pressione fiscale in Italia è di parecchi punti superiore a quella media europea e Ocse. Il problema numero due è che il sistema fiscale è troppo complesso uno dei più complicati del mondo: è la complessità è un costo. Concordo che al numero tre ci possa essere il problema che, anche quando becchi un vero evasore, è molto difficile recuperare le somme. E quindi è giusto intervenire per efficientare il nostro sistema di riscossione. Ma solo se contemporaneamente si fanno due cose: si efficienta anche la spesa pubblica (che di quelle tasse è il frutto) e si destina alla riduzione delle tasse ogni euro recuperato in maniera strutturale dall`evasione».

Sembra che il governo non sia allineato. Leo e Giorgetti dicono cose diverse da Salvini. È già partita la campagna elettorale per le europee?

«Semplicemente, Leo e Giorgetti sono due persone serie che prendono seriamente il ruolo istituzionale che ricoprono. Salvini, insieme ai M5S, rappresenta l'essenza del populismo che da almeno un decennio sta corrodendo la politica italiana. Un personaggio che non sta sui dossier, non approfondisce nulla, non ha cultura politica. Un signore che nel 2019 ebbe la spudoratezza di andare sulla Tv pubblica a dire che il Mes - che è un'organizzazione intergovernativa nel cui Board siedono i ministri dell'economia - era una banca privata. In qualsiasi altro paese del mondo un politico del genere viene preso a pernacchie prima dal mondo dell'informazione, e poi dalla politica. Da noi, dice una scemenza come quella sul condono e per tre giorni tutti gli vanno dietro».

Il ritardo sul Pnrr è gravissimo. Ancor di più perché il governo, e il ministro Fitto in testa, lo continua a negare.

«L'attuale maggioranza - in buona compagnia, a dire il vero - ha sempre sostenuto che la cura principale per i problemi italiani fosse la spesa pubblica. Che le riforme non si potessero fare senza soldi. Che l'Europa era cattiva perché ci toglieva risorse. Ora hanno a disposizione 200 miliardi di euro, dati quasi gratis dalla UE, per fare le riforme di cui l'economia italiana ha bisogno. E il fatto che non ci stiano riuscendo dice tutto quello che c'è da sapere su di loro».

La proposta del Pd sull'aumento della tassazione sulla successione come le giudica?

«L'aumento dell'imposta di successione non ha molto senso a mio parere. Dodici paesi aderenti all'OCSE - tra cui molti con governi socialdemocratici - negli ultimi anni l'hanno soppressa».

Rimane l'inflazione, i mutui variabili alle stelle, tornano a salire il gas e la benzina. L'esecutivo parla di tutto tranne che di come alleviare davvero le tasche degli italiani.

«Ci sono due versioni del governo Meloni. La prima va in totale continuità col governo Draghi, e l'abbiamo vista nell'atteggiamento verso i conti pubblici, sull'energia, sulla guerra in Ucraina, e sul fisco. La seconda versione invece rappresenta il lato peggiore del populismo: dal rave party al Mes, passando per l'atteggiamento in aula verso l'opposizione o il modo in cui producono continuamente decreti legge confusi e sovrapposti. Quando mettono in onda la prima versione, perdono la base populista che li ha sostenuti; quando mettono in onda la seconda, fanno danni considerevoli. La chiave per capire la futura evoluzione del governo Meloni - e forse della legislatura - secondo me sta tutta qua».