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Marattin: Dalla premier demagogia e populismo

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Intervista di Giacomo Puletti per "Il Dubbio"

Non usa mezzi termini il renziano Luigi Marattin per criticare la tassazione degli extrautili bancari. «Dalla premier demagogia e populismo, non si taglia il cuneo fiscale con una misura una tantum»  Luigi Marattin, deputato di Italia viva, dice al Dubbio che la mossa del governo per tassare le banche è «demagogica e populista».

Onorevole Marattin, con Azione e +Europa siete stati gli unici a contestare questa norma: perché non la condividete?

Perché è una mossa demagogica e populista. In primo luogo, è un precedente terribile: il governo d'ora in poi potrà intervenire in qualsiasi settore di mercato dove secondo lui si sta guadagnando troppo (ma poi troppo rispetto a cosa?!) e requisire gli utili che ritiene eccessivi. Roba da Unione sovietica, e non da moderne economie di mercato. In secondo luogo, è disegnata malissimo, perché colpisce solo una componente degli utili (il margine di interesse), incentivando così le banche a spostare l'attività verso, ad esempio, i ricavi da commissione. Che ricadono inevitabilmente sui risparmiatori. Infine, è una mossa avventata colpire la redditività del settore bancario che si era ben assestata dopo anni difficilialla vigilia di una probabile contrazione finanziaria internazionale e in un momento in cui ai nostri istituti di credito sarà richiesto un probabile sforzo ulteriore nell'acquisto di titoli di Stato, con la fine degli acquisti da parte della Bce.

Dopo un tonfo in Borsa c'è stato un rimbalzo, anche se le banche lamentano il preavviso nullo: pensa che il governo avrebbe potuto gestire meglio la questione?

Diciamo che non poteva gestirla peggio. In conferenza stampa lunedì hanno annunciato una misura (su cui presumibilmente il Consiglio dei ministri ha votato), e poi nella giornata di martedì è stata cambiata: sia per quanto concerne le variazioni dei margini di interesse rispetto al 2021 che fanno scattare la nuova tassa, sia per il limite massimo di gettito, fissato allo 0,1 per cento del totale dell'attivo patrimoniale di ciascuna banca. Ecco perché i titoli ieri hanno rimbalzato, facendo tra l'altro fare un bel guadagno a qualcuno. Il tema dell'assenza di remunerazione sui conti correnti è malposto: in nessun posto al mondo i conti correnti sono remunerati in maniera sensibile, semplicemente perché non sono strumenti di investimento ma di gestione delle spese correnti. Il problema è che in Italia ci sono 1400 miliardi parcheggiati sui conti corrente, a discapito di altre forme di investimento. Le remunerazioni sui depositi a breve termine, ad esempio, sono superiori. Anche se è vero che non sono sempre allineate agli interessi attivi delle banche. Ma allora la soluzione è quella parola a fronte della quale tre quarti dei partiti italiani ti denunciano per turpiloquio, se ti azzardi a pronunciarla: concorrenza.

Dalla misura il governo prevede l'arrivo di circa 3/4 miliardi nelle casse dello Stato, da reinvestire nel taglio del cuneo fiscale e nel sostegno alle famiglie per il pagamento dei mutui: la convince?

Sono due bugie. La prima perché non si finanzia una misura strutturale (il taglio delle tasse o dei contributi) con un'entrata una tantum, qual è il gettito di questa tassa. La seconda perché leggendo il decreto ci si accorge che il gettito non è destinato al sostegno di chi sta già pagando un mutuo, bensì a rimpinguare un fondo (che tra l'altro ha già disponibilità non utilizzate) che serve a dare garanzie a chi vuole accendere un nuovo mutuo. Nuovo mutuo che però rischia di essere difficile da ottenere, proprio per le conseguenze che questa tassa avrà sull'offerta di credito da parte delle banche.

Pd, M5S e Avs hanno accolto con favore il provvedimento: credete di riuscire a far apportare delle modifiche in Parlamento lottando sostanzialmente da soli?

Siamo abituati alle battaglie solitarie e razionali. Del resto ormai il populismo in questo paese non conosce confini di schieramento. A questa misura scellerata fatta da un governo di destra hanno applaudito la sinistra estrema, i sindacati, il M5S, e pare addirittura il Pd. Già in passato su altri temi (vedi la politica estera, il giustizialismo o le lotte contro mercato e concorrenza) si sono registrate queste "convergenze populiste". La verità è che ci sono tante, tantissime persone che rifiutano conservatorismi e populismi e desiderano una società liberal-democratica basata sulla persona e l'allargamento delle sue possibilità di scelta; sulla crescita e non sulla redistribuzione di una ricchezza che non riesce più ad accumularsi; sul mercato e la libera iniziativa, e non sullo Stato come e panacea di tutti i mali. Queste persone dovrebbero riunirsi sotto uno stesso tetto e avere il coraggio di strutturare un'offerta politica nuova e competitiva. Ma avremo modo di parlarne. uComiergenze nate»