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Marattin: "Addio sconti, ma tasse giù di 10 miliardi"

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Intervista di Gianni Trovati, "il Sole 24 Ore", 29 gennaio 2020.

Una deduzione di base da 8mila euro per tutti, più altrettanti per l'eventuale coniuge a carico, con un aiuto che si concentra sui redditi bassi perché ovviamente l'effetto degli 8mila euro scende al crescere dell'imponibile. Parte da qui la proposta di riforma fiscale già costruita da Italia Viva, che poggia su un sistema di tre aliquote, elevabili a quattro se lo richiedono ragioni di progressività o coperture, con l'obiettivo di abbattere lo scalone imposto oggi sui redditi medi.

E prevede l'addio alla ridda di deduzioni, detrazioni e cedolari che affollano il sistema attuale, con tre eccezioni da mantenere rappresentate dagli sconti fiscali su mutui, contributi previdenziali e tassa piatta sugli affitti, oltre ovviamente alle detrazioni per le spese sanitarie la cui uscita di scena colpirebbe i contribuenti in proporzione ai loro problemi di salute.

E infine l'ultimo ingrediente di peso: l'uscita dal mondo Irpef delle detrazioni per i figlia carico, per affidare tutta la materia (compresi gli assegni famigliari e i vari bonus dedicati a bebè o mamme sparsi nella legislazione) al Family Act a cui sta lavorando la ministra Elena Bonetti. Al tavolo della riforma lrpef Italia Viva vuole presentarsi «ambiziosa», con una riscrittura integrale della tassazione sui redditi che non si accontenta di un maquillage di questa o quella aliquota.

«Perché il coraggio dell'ambizione può dare un senso a questa esperienza di governo - argomenta Luigi Marattin, responsabile economico di Italia Viva -,perché serve uno shock fiscale che passa dal rifacimento di un'imposizione diventata troppo complicata da manutenere e perché non possiamo più tenerci sul groppone le clausole Iva che impediscono la programmazione e consumano ogni anno troppe risorse».

Già, perché l'Iva potrebbe dare una grossa mano per finanziare la riforma Irpef. «A patto che quest'ultima valga almeno 10 miliardi in più dell'aumento Iva, per ottenere una riduzione complessiva della pressione fiscale da almeno mezzo punto di Pil», avverte Marattin.

Ma come trovare i soldi? Con una manovra, la prossima, che per Italia Viva dovrà concentrare sulla riforma Irpef i i 5 miliardi già destinati al cuneo fiscale e il 100% del proprio sforzo aggiuntivo senza distrarsi in altri interventi più o meno settoriali. Compito della manovra, sul lato della spesa, sarebbe quello di avviare un'operazione pluriennale di revisione della spesa, «che però deve partire subito e avere effetti crescenti negli anni».

Impossibile? Per Marattin «le uscite pubbliche si possono ridurre senza contraccolpi eccessivi sulla domanda aggregata, se si agisce con anticipo sui meccanismi di formazione della spesa».

Con questa impostazione, la proposta targata Iv punta dritta sui due tabù che hanno accompagnato tutte le sessioni di  bilancio degli ultimi anni. Le tax expenditures, che a ogni manovra crescono per andare incontro a questo o quel settore cancellando in poche settimane gli obiettivi di riordino indicati dai rapporti annuali, e l'aumento dell'Iva, su cui si è scottato lo stesso ministro dell'economia Gualtieri nelle sue prime settimane a Via XX Settembre.

Anche per le obiezioni dei renziani. «Ma una riforma Iva che aumenti il gettito è possibile -sostiene Marattin - se viene portata avanti con metodo e coinvolgendo gli operatori», e soprattutto se arriva accompagnata da una riforma Irpef che garantisca a vantaggio del lavoro un sostanzioso shock fiscale, da almeno 1o miliardi.

Da spalmare, secondo il progetto, non solo sui redditi bassi perché «nelle simulazioni che abbiamo fatto sui contribuenti fra 20mila e 100mila euro ci sarebbe un vantaggio che varia dai 700 ai 4mila euro all'anno».

Anche se ovviamente il conto finale dipenderebbe da più di una variabile individuale, a partire dall'intensità di utilizzo delle detrazioni attuali. «Ma in questo modo avremmo una tassazione sul lavoro davvero universale, molto più semplice e più leggera». A patto di trovare coperture e accordi nella maggioranza, çava sans dire.