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Mantova ha avuto un solo parlamentare: Matteo Colaninno

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di Davide Mattellini su La voce di Mantova

Parecchi anni fa, ricopiando bovinamente una statistica pubblicata da qualche osservatorio puntato sulla disciplina dei nostri parlamentari, riportammo la pagellina che dipingeva alcuni nostri deputati come i più solerti servitori del mandato ricevuto dai cittadini, mentre altri li confinava nella lista nera dei nullafacenti assenteisti. Ricordiamo, per esempio, il Marco Carra, deputato sempre presente a schiacciare i bottoncini in transatlantico, e ricordiamo la "maglia nera" che toccò a Matteo Colaninno, quasi mai firmatario di atti significativi per la vita civile, e quasi mai presente al cicaleccio dell`aula. Prima in classifica per presenze e per atti parlamentari risultò una certa deputata di Alleanza nazionale, di cui non ricordiamo il nome.

In una serata politica concomitante, cui prendemmo parte in veste di moderatore, propiziata dall`on. Rossi, correlatore l` on. Fava, fummo da quest`ultimo redarguiti con merito: «La deputata di An che è sempre presente, che schiaccia sempre i suoi bei bottoncini, che presenta a raffica interrogazioncine e disegnini di legge, cos`ha portato a casa di concreto, se non un podio in una futile classifica?». Questo disse Fava, e fummo letteralmente disarmati. A quel tempo, un po` per celia, un po` per non morir, ci piaceva attaccare quotidianamente il presunto nemico. Lo facevamo guardando alle vicende di via Roma quanto a quelle di Roma, indifferentemente. Mai una volta però con senso critico nudo e crudo, spogli del tabarro pregiudiziale che ammanta le brume della ragione in nome di un centrodestra di facciata contro un centrosinistra di rapina. Era facile per noi prendercela con Matteo Colaninno, il figlio di papà, il ragazzotto viziato nell`orologeria Piccinini, che dalla sua spendeva una sinistra di maniera, ma mal reggeva un confronto tv con Giulio Tremonti («Se questo è il nuovo, a ridàdece er vecchio», lo stron-cò il raffinato ex ministro berlusconiano col fascino dell`erre blesa).

Ebbene, veicolati dalle circostanze e dalla contingenza, oggi siamo qui, senza alcun interesse pratico o personale, a rivedere le bucce dei nostri pensieri, la scorza dei nostri sentimenti, le viscere dei nostri pregiudizi. Ciò che spesso sfugge al lettore dei quotidiani, non manca di calcificarsi nella memoria di chi scrive, e riemergere in forma di analisi per farne sintesi. Se sia mai possibile fare una sorta di outing politico, questo è quanto ci accingiamo a fare per puro dovere di cronaca, dispostissimi a confrontare i nostri nuovi errori unicamente mirati a emendare i vecchi. La domanda di partenza è una: quanti parlamentari mantovani, fra coloro che qui vennero eletti, hanno mai fatto alcunché di realmente utile e produttivo per la comunità di appartenenza? La risposta che ci diamo noi oggi d`istinto è una sola: Matteo Colaninno. Già le sentiamo le turbe del centrosinistra e del centrodestra lagnarsi del superficiale giudizio stilato dal macaronico poetastro dell`opinione. Eppure, nulla ci dispensa dal proseguire nella nostra analisi, che quantomeno abbraccia sei lustri di professione. Qualcuno sa dirci di quali rimarchevoli imprese si siano fregiati i nostri mitizzati onorevoli e senatori Bonomi, Spiller, Genovesi, Truzzi, Momoli, Sandri, Baroni, Usvardi, Novellini, Benevelli, Bonfatti Paini, Grazioli, Zaniboni, Borroni, Chiaventi, Anghinoni, Gibertoni, Raffaldini, Merlotti, Ruggeri, Tabacci, Fava, Rossi, Burchiel- laro, Carra, Gaetti, Zolezzi, Baroni... Alcuni di essi presero o prendono parte al gotha dei rispettivi partiti, è ben vero, ma chi se ne accorse mai fra noi miserabili chini sulle zolle dell` ancor più miserabile quotidianità? Nessuno. Spiace dovere sparlare anche di amici cari, ma in tutta franchezza, non sapremmo attribuire medaglie di mantovanità a nessuno di questi eletti. Usvardi? È ricordato per un disegno di legge contro il fumo che nemmeno si concretizzò, se non vent`anni dopo, nella legge Sirchia. Raffaldini, deputato in commissione trasporti, non fu nemmeno in grado di stralciare, come "ramo secco", la stazione ferroviaria della sua Suzzara che lo aveva eletto. Tabacci e Ruggeri li ricorderemo invece per un disegno di legge, mai approvato, a tutela del tortello di zucca. Gibertoni salì agli onori delle cronache per aver chiesto, con atto parlamentare, di sottotitolare i film di ?Verdone, dove il romanesco gli era parso inintelligibile. Tutti gli altri? Cofirmatari e peones. Nulla più.

Possiamo dire lo stesso di Matteo Colaninno con pari serenità? Affrontiamo la sua anamnesi parlamentare per sommi capi, che basta e avanza. A lui viene chiesto di interessarsi della locale Fum, che circa cinque anni fa aveva attivato temerariamente un corso universitario in mediazione linguistica senza il credito del Miur. Dio solo sa quanti e quali triboli necessitino a un`università per avviare un corso, ma a Mantova qualche sciagurato ci provò lo stesso, mettendo a repentaglio l`iter scolastico dei già parecchi iscritti. Colaninno alza il telefono, chiama il Miur, e di li a poco quel corso viene accreditato. Un caso? Passiamo oltre. Il sindaco Palazzi vuole salvare dal massacro finanziario la Valdaro Spa, debitrice verso le banche di qualcosa come 24 milioni di euro. Il volonteroso sindaco va a Siena per farsi ricevere dal megadirettore galattico Viola del Montepaschi chiedendo una bazzeccola: "Dovreste essere tanto gentili da azzerarci gli interessi che vi dobbiamo". E Viola acconsente. Mai vista una banca abbuonare un cent di interessi a nessuno: non lo farebbe nemmeno per la propria madre, figuriamoci per un sindaco trentottenne con l`esse moscia, se prima non sia stata allertata da un Colaninno a caso. Avanti. Le Ferrovie decidono di tagliare il "Pendolino" mantovano perché non ha utenza? Colaninno chiama Rfi, e il "Pendolino" viene sùbito ripristinato. Ancóra. La Corneliani è prossima ad affrontare il concordato preventivo? Colaninno chiama il ministro Patuanelli, e questi "decide" di spostare il tavolo del Mise da Roma a Mantova (cosa mai vista in tutta la storia dell`economia italiana, nemmeno per rattoppare il colabrodo della Fiat). A quel punto il Mise "decide" di stanziare 10 milioni per la sola Corneliani, ossia il 10% del budget complessivo messo a bilancio per aiutare le 150 industrie italiane che hanno fatto la medesima richiesta, e che adesso dovranno spartirsi in 150 quei 90 milioni rimasti. Fermiamoci qui. Stiamo parlando del parlamentare più assenteista e meno produttivo in aula o nelle commissioni, secondo gli osservatori del transatlantico? Ne avessimo di questi figli di papà che con un telefonino e i numeri giusti in memoria riescono a sciogliere nodi per tutti gli altri irresolubili! Nodi milionari, precisiamo, che spesso hanno posto Mantova. la nostra e sua Man- tova, al bivio pitagorico fra la sopravvivenza e il dirupo. E forse antipatico perché è "un cognome"? Forse perché è renziano, dopo essere stato bersaniano? O perché forse disdegna le passerelle della Bella Otero, diversamente dai tanti suoi colleghi che in settant`anni di repubblica non hanno ostentato più che i boa di struzzo o le pelli leonine dell`asino cumano? E sia pure. Nondimeno, nel nostro modo di percepire la realtà per registrarla, Matteo Colaninno risulta essere l`unico parlamentare che si sia ricordato, fra tanto assenteismo, di essere anche mantovano. E i risultati sono qui a dimostrare che ha fatto più lui per la sua Mantova da assenteista, che i tanti inutili presenzialisti del polpastrello sul bottoncino altrui.