Una riflessione da parte delle due Ministre di Italia Viva, 6 gennaio 2021.
Il partito in cui siamo e agiamo è Italia Viva. Partito che dalla sua fondazione, da parte di Matteo Renzi, contempla la diarchia in tutti i ruoli e le cariche, scelta che anche a livello locale sta cambiando il volto della partecipazione politica (1).
Non a caso Matteo Renzi è stato il primo e finora l’unico Presidente del Consiglio ad aver attuato la piena parità nell’indicazione dei suoi Ministri (50% donne e 50% uomini). Già molte ministre di quel governo furono accusate di essere succubi del capo. Megafoni.
D’altra parte, è un maleficio che sembra colpire molte donne che scelgono la politica e ambiscono a ruoli apicali. Dunque, nessuna meraviglia se lo stesso incantesimo ricade oggi su due Ministre della Repubblica. Lascia tuttavia sconcertati che a farsene interprete sia questa volta anche la parola di una filosofa che ha scritto saggi sulla libertà femminile e l'autorità che ne deriva.
Perché le donne, alla prova degli eventi e dei fatti, sono obbligate a dare ragione della loro autonomia di giudizio rispetto agli uomini mentre agli uomini mai, neppure dalle donne, questo è richiesto? E in quali gravi condizioni versa la credibilità del servizio della politica e dello stesso agire politico, se perfino una donna di pensiero è portata ad escludere nelle premesse che la scelta condivisa da due donne possa essere liberamente ordinata a null’altro che alla ricerca di un bene comune possibile per il Paese? Quest’ultima è, forse, la vera domanda del nostro tempo e attiene alla drammatica incapacità di concepire la comunità.
Finisce così per interessare poco ciò che voci ufficiali di donne e uomini di Italia Viva, comprese le nostre, dichiarano da mesi nel merito puntuale di temi cruciali per il futuro di questo Paese.
Diventa invece necessario ribadire che, in piena libertà e autonomia, abbiamo condiviso con Matteo Renzi e l'intera comunità di Italia Viva i rilievi mossi al Presidente del Consiglio rispetto a quelli che noi per prime riteniamo veri e propri vulnera istituzionali e deficit nella capacità politica di governare la complessità che stiamo vivendo.
Richiamando le domande al principio del nostro ragionamento, chiediamo: è così difficile per Luisa Muraro, che sembra non conoscere a sufficienza neppure le nostre storie politiche e le nostre biografie, vedere e riconoscere libertà decisionale e autonomia femminile nelle nostre scelte? Mostreremmo forse una qualche prova di maggiore libertà se non richiamassimo tutti alla necessità di considerare le enormi risorse del Recovery un'occasione storica per il Paese e le nuove generazioni, tale da rendere necessario un confronto responsabile, rigoroso, di qualità all’interno della maggioranza di governo?
Appariremmo donne più libere se non parlassimo di quanto una superficiale gestione delle responsabilità rischi di penalizzare pesantemente e mettere fuori gioco una intera generazione, costretta oggi alla didattica a distanza come unica modalità di insegnamento e domani a un futuro lavorativo desolante, sul quale nessuno sente il dovere di aprire gli occhi per disegnare una strategia valida e creare concrete opportunità?
Saremmo riconosciute libere se con serena accettazione dicessimo che dinanzi alla gravità della pandemia è meglio non discutere e guai ad alimentare conflitti (e pazienza se si mette a tacere la coscienza e si rende sterile e innocuo, e in questo modo, sì, inutile e persino superfluo, l’esercizio critico del nostro giudizio)?
Meriteremmo una patente di libertà, infine, se venissimo meno al riconoscimento reciproco come fondamento delle relazioni nelle comunità politiche e al giuramento fatto sulla Costituzione il giorno in cui siamo state nominate Ministre della Repubblica, quello di “esercitare con lealtà e onore le funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione”?
Semplicemente, la nostra idea di libertà e di autorità femminile non coincide con quella espressa dalle parole di Luisa Muraro e da chi come lei oggi ci sollecita ad agire al di fuori di una logica di comunità. Nel pieno rispetto delle reciproche differenze d’opinione, ne teniamo conto. Ma non vorremmo inutilmente alimentare un dubbio: non ci occorre alcuna patente di libertà. Noi siamo persone libere. Siamo donne libere. E con il servizio della politica abbiamo l’ardire – Muraro non se ne dorrà – di voler contribuire a spezzare i gioghi, troppi e subdoli, che parole come le sue ancora vogliono imporre sulle spalle delle donne di questo Paese.
Teresa Bellanova
Elena Bonetti
(1) Dallo Statuto di Italia Viva:
1.1 Italia Viva è la casa aperta a tutte le donne e a tutti gli uomini che si identificano nei valori propri dello Stato liberale, laico, inclusivo e fondato sulla divisione dei poteri, nella Costituzione repubblicana e antifascista, nella Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea e nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
1.2 Promuove la concreta parità di genere, impegnandosi affinché donne e uomini abbiano eguali diritti e medesimi doveri.
3.3 L’Associazione persegue anche attraverso azioni positive l’obiettivo della parità dei sessi in attuazione degli articoli 3 e 51 della Costituzione. Ogni incarico, elettivo o di nomina, è affidato congiuntamente a una donna e a un uomo, salvo diversa espressa previsione del presente Statuto o della Legge. In ogni caso, va garantito l’equilibrio numerico dei due sessi all’interno degli organi collegiali.