economia energia

Le sfide dell'energia, Fortis: "Gas, nucleare, rinnovabili. Paghiamo i nostri errori"

Le attività ed i successi che portiamo avanti dipendono dall'impegno di ognuno di noi. Ogni contributo è importante.
dona italiaviva

L'intervento su "QN",  12 ottobre 2022.

Per l'amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi, senza nuove infrastrutture, in primis i rigassificatori, l'inverno 2023/24 potrebbe essere dal punto di vista energetico anche più duro di quello di quest'anno. Le forze politiche stanno animatamente discutendo su come calmierare gli ulteriori rincari dei prezzi dell'energia per famiglie e imprese nei prossimi mesi, ma le possibili soluzioni sul tappeto sono soltanto un tampone, sia pure importante, per fronteggiare l'emergenza. Non risolvono i problemi aperti. E cioè che l'Italia dovrà sostituire in tempi brevi il gas russo con gas da altre provenienze e nello stesso tempo dovrà accelerare sulle rinnovabili.

D'altro canto, è ugualmente evidente, stante il nostro elevato debito pubblico, che non si possono spendere all'infinito decine di miliardi di euro per mitigare il caro-energia, come è già avvenuto negli ultimi mesi, senza intervenire finalmente a risolvere i problemi alla radice. La guerra russo-ucraina non ci lascia altre alternative che rimediare con velocità supersonica agli errori e ai ritardi.

Dopo il referendum contro il nucleare, l'Italia non ha avuto altra scelta che puntare decisamente sul gas per la produzione di energia elettrica, oltre che per il riscaldamento (i francesi, invece, avendo il nucleare, usano l'elettricità anche per riscaldare le loro case). Sicché, tra i grandi Paesi europei, l'Italia produce oggi circa il 48% della sua energia elettrica da gas naturale contro il 31% della Spagna, il 15% della Germania e il 7% della Francia. Abbiamo, sì, una importante quota di elettricità prodotta da fonti rinnovabili (40%, più o meno come la Germania), ma il gas ci serve assolutamente.

Negli ultimi 20 anni, se ci fosse stata una vera e consapevole strategia nazionale sull'energia dotata di uno sguardo lungimirante, ben puntato sul lungo periodo, l'Italia, stante la sua forte dipendenza dal gas, avrebbe dovuto investire in infrastrutture per il gas stesso (gasdotti e terminali Gni). Invece, oltre a fermare inopinatamente l'estrazione nazionale del gas sottomarino a vantaggio di altri Paesi limitrofi, sono state realizzate in Italia soltanto due infrastrutture per il gas veramente rilevanti, cioè il terminale Gnl offshore al largo di Rovigo e il Tap in Puglia, per di più lungamente osteggiate politicamente a livello locale e rallentate da burocrazia e autorizzazioni.

Non dimentichiamo, poi, il triste epilogo del rigassificatore che British Gas avrebbe potuto costruire a Brindisi agli inizi del nuovo secolo e che poi è stato abbandonato. Così, fintanto che i prezzi dell'energia restavano bassi e tutto sembrava facile, l'Italia ha continuato a dipendere soprattutto dalla Russia e in second'ordine dall'Algeria per i suoi fabbisogni di gas.

Solo l'Adriatic Lng di Rovigo e il Tap hanno rappresentato degli investimenti di diversificazione sostanziale dei nostri approvvigionamenti da Russia e Algeria. Il terminale di Rovigo ha permesso l'arrivo di Gnl dal Qatar e in minor misura da Stati Uniti, Egitto ed altri Paesi. Il Tap invece importa gas via tubo dall'Azerbaijan. Per capire che cosa significhino l'Adriatic Lng di Rovigo e il Tao per l'Italia, si pensi che essi hanno assicurato nel 2021 oltre 14 miliardi di metri cubi di gas necessario per il nostro Paese. Se questi 14 miliardi di metri cubi oggi non ci fossero, probabilmente li importeremmo anch'essi dalla Russia.

Questa è la lezione della storia da cui imparare per il futuro. Servono ora urgentemente i due rigassificatori di Piombino e Ravenna, lo sblocco delle autorizzazioni sugli investimenti nelle rinnovabili, la rapida riproposizione del dossier aperto sul grande gasdotto mediterraneo per importare il gas naturale dai sicuri (anche geopoliticamente) fondali israeliani (via Cipro e Grecia fino alla Puglia). Mentre non basta desiderare l'idrogeno e il nucleare sicuro di nuova generazione per rimpiazzare tra una ventina d'anni il gas e ridurre la CO2. Serve tanta ricerca, da avviare subito e non, come sempre, quando è tardi. È augurabile che tutti questi punti siano in testa all'agenda del nuovo governo.