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Isabella Conti: "Noi riformisti? La nostra sfida deve restare a sinistra"

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Estratto dell'intervista di Aldo Torchiaro, "Il Riformista",  26 novembre 2021.

Quello di Isabella Conti è stato tra gli interventi più appassionanti e applauditi dell'ultima Leopolda. Appena è scesa dal palco è stata accolta da un abbraccio corale: ha ribadito l'ancoraggio di Italia Viva a sinistra, ha chiarito l'esigenza del dialogo aperto con le Agorà del Pd e però anche escluso dal perimetro d'azione i Cinque Stelle. "No ai populisti e no ai sovranisti" è stato lo slogan che, così sintetizzato da Conti, è diventato quello ribadito da Matteo Renzi. Anche Isabella Conti, dopo aver letto l'appello di Piero Sansonetti per una donna alla guida dei riformisti, lo sostiene.

Ha detto che Italia Viva deve rimanere saldamente a sinistra, è così?
Penso che non ci sia spazio al centro. Men che meno in un'alleanza con quelli che si reputano moderati di centrodestra, ma che negli ultimi anni non hanno mai detto una parola per prendere le distanze dalle politiche salviniane. Perché credo che non esista un riformismo di destra. Credo che il solo e vero riformismo sia stare nel centrosinistra. Perlomeno questo è il riformismo che ho imparato a praticare da amministratrice locale.

Matteo Renzi dice un'altra cosa, quando parla di nuovo centro.
Certo, non si può dire che non ci sia una dialettica interna insomma. E mi pare sano e salutare, per un partito che ragiona e dibatte di tutto.

La sua è una storia di sinistra.
Sono nata nella Sinistra Giovanile, cresciuta nei Ds e poi ho contribuito a fondare il Partito Democratico. Sono uscita da quella famiglia nel 2019, non sono una persona che riesce a cambiare partito con leggerezza. Giusto scegliere il partito nel quale militare con libertà, ma per chi pratica e esercita la politica, ci vuole un'identità. Il mio partito è la mia faccia. Chi la mette in gioco rischia di perderla.

Questo rischio c'è oggi in Italia Viva?
No, sto dicendo che ho una mia linea, un mio pensiero e una mia visione di quello che dovrebbe essere un partito riformista. E di quelli che devono essere gli interlocutori dei quali dovrebbe circondarsi.

Quali sono i punti nevralgici di un partito riformista?
In primo luogo l'equità e la giustizia sociale, tradotti in politiche serie per le fasce grigie. Dove per fasce grigie intendiamo quella porzione di popolazione - che è ormai la stragrande maggioranza del nostro Paese - che fino a 15 anni fa era nella fascia media, comunque in grado di guardare al futuro come una promessa e non come una minaccia, e che oggi sta scivolando verso il basso. E poi le imprese, lo spazio per l'espressione del lavoro che è la prima forma di welfare esistente.

E non si può parlare di riformismo in campo largo, con chi ci sta?
Ma le identità di cui parliamo segnano il campo di chi ci sta. Noi dobbiamo parlare agli ultimi e ai penultimi della società, la destra parla solo ai penultimi proponendo di prendersela con gli ultimi. Sono visioni non conciliabili. La dignità e la prospettiva di vita che dobbiamo dare a tutti è la stessa, loro soffiano sullo scontro.

Chi lo desidera può leggere l'intervista completa su "il Riformista"