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Intervista a Matteo Renzi: "Ammucchiata di sinistra contro il Jobs Act. Un favore al Governo".

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Intervista a Matteo Renzi su QN/Giorno/Carlino/Nazione 

di Raffaele Marmo

Il leader di Italia viva: il Pd vuole abolire una sua legge che ha funzionato «Landini, Conte e Schlein? Con quest'alternativa Meloni può star tranquilla»

Landini, Conte e Schlein hanno individuato nel Jobs Act una bandiera comune: sembra che stiano già lavorando ai quesiti del referendum.

«Stiamo freschi - esordisce diretto e senza fronzoli Matteo Renzi, il leader di Italia Viva-. Abbiamo un governo che non funziona, fermo, immobile. Sulla benzina, sui salari, sull'Europa, sugli sbarchi. Ma questo governo ha un grande alleato: l'opposizione. Finché l'alternativa saranno Landini, Conte e Schlein, Meloni potrà dormire fra tre cuscini. Pensi solo al referendum sul Jobs Act: la sinistra vuol fare un referendum su una norma che ha prodotto più di un milione di posti di lavoro, che ha impedito la pratica squallida delle dimissioni in bianco, che ha ridotto la precarietà, che ha aumentato i lavori stabili. Ed è una norma scritta dal Pd quella contro cui il Pd chiede il referendum: siamo oltre la follia. Fai una legge che funziona e anziché difenderla vuoi abrogarla per abbracciare il reddito di cittadinanza?».

Fanno, dunque, un favore al governo?

«Certo, perché la verità è che il governo non sta facendo ciò che ha promesso. Meloni aveva garantito di abbassare le accise sulla benzina e le ha aumentate. Aveva assicurato di bloccare i porti e gli sbarchi sono raddoppiati. Vuole investire sui giovani ma ha tagliato i soldi sulla 18App e regalato 892 milioni alle società di serie A, con uno scandalo assoluto. I populisti sono bravi in campagna elettorale ma perdono la faccia quando governano».

L'altro fronte di aggregazione delle opposizioni è il salario minimo: tornerà di attualità a breve. Come vi regolerete?

«Abbiamo proposto il salario minimo nel 2018 e la Cgil ci disse no. Ora è tornato di moda solo perché nella proposta ConteCgil si prevede all'articolo 7 un aumento delle tasse. Vogliono fare il salario minimo a spese del ceto medio. Non può funzionare così: abbassiamo piuttosto le tasse alle imprese e vedrà che gli imprenditori saranno entusiasti di aumentare i salari. La proposta del campo largo è pura demagogia. Se la cambiano, siamo pronti a parlarne. Ma in Parlamento con gli emendamenti, non al Cnel da Brunetta».

Nel Pd c'è sicuramente malumore per la deriva radicale della segretaria: che cosa dovrebbero fare i riformisti?

«Quello che stanno già facendo, come ha fatto il senatore Enrico Borghi o Andrea Marcucci o Beppe Fioroni. Lasciare il Pd e darci una mano a costruire l'alternativa riformista».

Molti parlano di centro: che Centro sarà il suo?

«Il Centro che parla di lavoro e non di sussidi. Che difende l'ambiente senza penalizzare le imprese. Che gestisce l'immigrazione senza lasciare in balia del mare i poveri disperati. Che crede al futuro e non ha paura dell'innovazione. Che aumenta i salari come abbiamo fatto con gli 80 euro senza alzare le tasse».

Chi ci sarà nella nuova formazione che sta costruendo?

«Più che sigle politiche ci saranno tanti sindaci civici che si stanno aggregando da mezza Italia. E ci saranno tante ragazze e ragazzi: siamo gli unici a fare da quattro anni una scuola di formazione per under 30. Eravamo in 509 a Palermo la settimana scorsa: stare con i giovani mi emoziona».

Si è parlato di una possibile alleanza con Forza Italia: come stanno le cose?

«Con Berlusconi Forza Italia era il baluardo del garantismo e la garanzia di equilibrio del governo. Oggi che Berlusconi non c'è più mi sembra di vedere Forza Italia a rimorchio dei sovranisti. Spiace dirlo ma è tutta un'altra storia».

Qual è l'obiettivo in Europa?

«Svegliare l'Europa. Il mondo se lo stanno giocando cinesi e americani, arabi e indiani. L'Africa cresce, il Sud-est asiatico galoppa, il Brasile prova a tornare sulla scena, l'India arriva sulla luna. E l'Europa? Dorme. Noi vogliamo superare il quorum per incidere in Europa e dare la carica al Vecchio continente. Ce la faremo. Non sarà facile ma sarà entusiasmante».

Con Calenda è tutto finito. È partita, però, la competizione a chi strappa esponenti all'una e all'altra formazione.

«Credo che sia logico che ci siano spostamenti perché la scelta di Calenda di rompere la federazione non l'ha capita nessuno. Carlo è così, ha taluni pregi e l'ho sempre aiutato per questo, ma purtroppo e abituato a lasciare le cose a metà. Lo ha fatto a Strasburgo come parlamentare europeo, a Roma come candidato sconfitto, adesso con noi. Però se qualcuno si trova meglio con lui io mando un abbraccio e auguro buon lavoro. Noi abbiamo più parlamentari e consiglieri regionali di quando siamo partiti e continueremo a credere fin dalle prossime settimane. Dopo le politiche eravamo 14 parlamentari, ora siamo 15. Avevamo 10 consiglieri regionali, oggi sono 15. Abbiamo raddoppiato gli iscritti».