L'approfondimento pubblicato da "Affari & Finanza", di Marco Ruffolo, 25 novembre 2019
Scuole e ospedali che perdono pezzi, ponti e viadotti a rischio di cedimento, torrenti lasciati a se stessi: il deterioramento della nostra dotazione infrastrutturale - ha spiegato oggi il quotidiano "Affari & Finanza" - ora non è più solo una diffusa percezione, ma un dato economico incontrovertibile.
Difatti, spiega l'autore, negli ultimi dieci anni, così come riporta l`ultimo rapporto congiunturale Ref Ricerche, c'è stata una diminuzione della dotazione del capitale pubblico valutabile in 70 miliardi di euro ai prezzi di oggi. Il 2011, come viene spiegato nell'approfondimento del quotidiano economico, è stato il primo anno in cui la spesa per investimenti non è stata in grado nemmeno di mantenere l`esistente. Da allora in poi, fino a oggi, tagli su tagli: meno 11 miliardi nel 2018, meno 10 nel 2019.
Come fare a invertire la rotta? Per far cessare questa emorragia pericolosa - spiega l'autore - occorre innalzare da subito gli investimenti pubblici dai 41,8 miliardi iscritti nel bilancio del 2020 a 50 miliardi. Non solo: bisogna realizzare le opere. Ma non è tutto: come spiega "Affari & Finanza", per recuperare terreno perduto sui cantieri fermi, bisogna elevare ulteriormente gli investimenti, fino a 57 miliardi nel giro di dieci anni.
Ovvero, calcola il quotidiano, un piano mastodontico da 570 miliardi. Peraltro, come spiega il rapporto Ref Ricerche, il piano servirebbe al nostro paese per evitare le periodiche catastrofi dovute al dissesto idrogeologico. Infine, sarebbe un modo per stimolare l'economia, che ristagna.
Secondo la ricerca, tuttavia, per mettere in atto il piano, andrebbe almeno in parte scalfito il ginepraio di regole burocratiche. In particolare, la ricerca citata da "Affari & Finanza" propone l`introduzione della "golden rule", che esclude proprio gli investimenti pubblici dal calcolo degli obiettivi di deficit.
Peraltro, come spiega Ref Ricerche, le generazioni future sarebbero pronte ad accettare un aumento di deficit, se esso andasse a finanziare infrastrutture e opere di cui quelle stesse generazioni potessero beneficiare. Inoltre, l'aumento del Pil creerebbe quelle entrate fiscali aggiuntive in grado di finanziare, almeno in parte, la spesa futura per investimenti.
Tuttavia, conclude la ricerca citata dal quotidiano, c'è un'obiezione: "tutto questo - conclude lo studio - richiede anche classi dirigenti competenti e lungimiranti".