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I dazi degli Usa, meno sovranismo più Europa

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L'intervento di Teresa Bellanova su Il Riformista, 18 gennaio 2020

Sono sicura che Phil Hogan, dinanzi all’Amministrazione Usa e nel corso dei colloqui su temi sensibilissimi come la questione Airbus-Boeing, la digital tax francese, l’automotive tedesco, abbia messo in campo con la giusta determinazione e fermezza, come noi avevamo espressamente sollecitato, tutto quanto la diplomazia può per evitare l'enorme minaccia che continua ad addensarsi sull'agroalimentare italiano ed europeo. Allo stesso tempo sono altrettanto sicura che l'Amministrazione Usa non possa ignorare o snobbare quelle ventiquattromila firme contro i nuovi dazi sul vino europeo ed italiano inviate da fornitori, importatori, distributori, piccole aziende e consumatori americani in risposta alla consultazione pubblica lanciata dal Dipartimento del Commercio Americano, come sottolinea con forza l’Unione Italiana Vini. Firme non solo di consumatori americani appassionati della nostra cucina e dei sapori del made in Italy ma anche di segmenti economici statunitensi che dai dazi si sentono minacciati per le loro attività di import-export.

Quello di cui sono però ancora più sicura è che, dinanzi a quanto già in vigore e che sta penalizzando prodotti di straordinaria eccellenza, e alla minaccia di nuove e ancora più pesanti sanzioni sui nostri prodotti, l’Europa non può e non deve stare ferma. E altrettanto certa di dover respingere al mittente questo modello arrogante di sovranismo. In Europa e fuori dall’Europa. Una lezione per tutti quelli che confondono l'interesse nazionale con la pericolosa nazionalizzazione degli interessi. Servono segnali forti. Più di quelli già decisi, ad esempio, a sostegno dell’export agroalimentare europeo nei paesi terzi, importanti ma evidentemente insufficienti. Qui, legittimo interesse nazionale e autorevolezza sovranazionale europea si tengono fortemente.

Ed è esattamente il senso dell'incontro che avrò il 30 gennaio prossimo a Roma con il Ministro dell'Agricoltura degli Stati Uniti, Sonny Perdue. A cui non solo ribadirò il nostro"no" determinato a ogni forma di guerra commerciale ma dirò una cosa semplice: l’Italia non resterà con le mani in mano. Saremo negli Stati Uniti con una grande campagna di informazione e comunicazione capace di parlare direttamente ai consumatori americani, che possono diventare il nostro migliore alleato. Nel frattempo, il da farsi in Europa è evidente. Costituire immediatamente un Fondo ad hoc, senza assolutamente intaccare le risorse della politica agricola europea, per affrontare questa e altre crisi commerciali e soprattutto, nell’immediato, sostenere le nostre aziende. Mantenere l’unità d’azione europea e la coesione tra gli stati membri che la strategia dell'amministrazione statunitense sta a colpi di dazi tentando di minare. E’ questo, in estrema sintesi, quello che ho sollecitato al Commissario Hogan e ribadito nei Consigli europei dei Ministri dell'Agricoltura in questi mesi.

Gli sforzi negoziali, che certo non si esauriscono con la missione diplomatica di questi giorni, sono assolutamente necessari per difendere l'agricoltura e l’agroalimentare europei. L'America deve sapere che non può utilizzare questo mezzo per far piovere sui nostri mercati il falso made in Italy. Il Parmesan qui non arriverà. Non con quel nome, non senza dare con la giusta trasparenza e chiarezza le informazioni ai consumatori. La tracciabilità è un diritto dei cittadini, e così la tutela della loro salute. E non è accettabile che i nostri agricoltori e le nostre imprese paghino dazi addirittura al cento per cento del valore come quelli previsti dalla revisione in corso delle misure per questioni del tutto estranee all'Italia. Anche per questo, lo continuerò a sollecitare in Europa, è assolutamente necessario costituire un Fondo europeo per sostenere il settore. Prendendo le risorse dal bilancio europeo e non dai fondi agricoli, perché altrimenti l'agricoltura sarebbe doppiamente penalizzata. Le nostre imprese hanno già pagato l'embargo russo e non sanno cosa aspettarsi da Brexit. E noi non possiamo muoverci solo dopo che il disastro è accaduto. Dobbiamo farlo prima e dobbiamo farlo subito, senza minimamente intaccare le risorse esistenti.

E dobbiamo essere assolutamente capaci, come Paesi membri, di mantenere - direi rafforzare - l’unità d’azione dell’Unione Europea e la coesione tra Stati membri. La lista dei prodotti già penalizzati rende evidente il modus operandi dell'Amministrazione Usa:dividere per dettarele condizioni, divaricare gli interessi nazionali per rendere difficile all’Europa parlare con una voce sola. Non possiamo permettere che accada.