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Gozi: "Orban è un pokerista ma cederà perché ha bisogno di Bruxelles"

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Intervista di Giacomo Puletti, "il Dubbio", 2 ottobre 2020.

Eurodeputato di Renew Europe, il gruppo europeista e liberale ispirato dal presidente francese Emmanuel Macron, Sandro Gozi ha un passalo come ministro agli Affari europei nel governo Renzi e ora è preoccupato perché il parlamento olandese "può davvero bloccare il Recovery Fund" se l'Ue cede sul rispetto dello stato di diritto in alcuni paesi dell`Est, tra cui l'Ungheria del premier Viktor Orban, che a sua volta minaccia di stoppare i fondi ma che secondo lui "sta bluffando".

Eurodeputato Gozi, teme che l'Ungheria possa bloccare il Recovery Fund come risposta alle richieste di rispetto dello stato di diritto?
Orban è un giocatore di poker e dobbiamo chiamare il suo un bluff. Il premier ungherese fa sempre così, cerca di provocare, di sfruttare al massimo le minacce di veto e le debolezze del modo in cui i vertici europei funzionano. Ha chiesto le dimissioni di una commissaria europea Vera Jurova che stava svolgendo il suo lavoro occupandosi di valori e democrazia, e questa è una bestemmia in termini di istituzioni comunitarie. Violando l`indipendenza della commissione europea ha superato una linea rossa.

Cosa significa 'chiamare il suo un bluff'?
Andare avanti sulla volontà di rispetto dello stato di diritto. Abbiamo un'occasione unica di fare quello che è giusto fare, che è nell'identità europea e che i cittadini si aspettano. Non possiamo adottare un piano senza precedenti con un debito comune europeo e poi dare soldi a paesi che violano i diritti fondamentali, perseguitano le minoranze, considerano le persone LGBT dei "senza cittadinanza", controllano la magistratura e vogliono chiudere le università. Tutte cose che accadono in Ungheria, in Polonia, me che sono parte di un cancro che rischia di espandersi nell'Unione.

Come possiamo impedirlo?
Bisogna andare avanti sullo stato di diritto senza fermarsi di fronte alle minacce. Non credo che Orban impedirà la ratifica da parte del parlamento ungherese, perché l'Ungheria ha bisogno dei soldi di Bruxelles quanto gli altri paesi e perché aprirebbe una crisi mettendosi all'angolo. Non ne ha la forza politica. Finge di averla, ma non ce l'ha.

C'è poi l'altro fronte, quello aperto dai paesi cosiddetti "frugali"...
Su questo è ancora più importante trovare una soluzione. Dobbiamo impedire che i paesi che si sono sempre battuti per il rispetto efficace e rigoroso dello stato di diritto, come i paesi nordici, abbiano scuse o alibi. I frugali potrebbero essere tentati di strumentalizzare lo stato di diritto per riuscire a bloccare il Recovery Fund e non ce lo possiamo permettere.

Crede sia possibile il ribaltamento del risultato conseguito dall'Italia nel Consiglio europeo di luglio?
Ogni leader che va a un vertice europeo poi torna a casa e dice che ha vinto lui. Conte a luglio faceva parte della squadra vincente assieme a Merkel e Macron e di questo sono contento, ma al problema olandese bisogna fare attenzione. Rutte prima combatteva per una questione di solidarietà e anche al suo interno c'erano critiche per l'approccio troppo duro. Invece ora si discute di stato di diritto e c'è il rischio che il parlamento olandese possa davvero bloccare tutto.

Intanto c'è una proposta tedesca per privare alcuni paesi dell'Est dei sussidi annuali. Pensa sia la soluzione giusta?
Sono convinto che sia giusto continuare a dare battaglia e il mio gruppo Renew Europe fa dello stato di diritto la sua identità. Tuttavia riteniamo che il compromesso tedesco sia insufficiente per tre motivi: il primo è che in base alla nostra proposta quando la commissione scopre una violazione dello stato di diritto propone di congelare i fondi e se non c'è una maggioranza contraria la decisione viene approvala. La proposta tedesca invece dice che ci deve essere una maggioranza che approvi la proposta, più difficile da ottenere; la seconda è che il meccanismo di congelamento dei fondi riguarda solo uno degli aspetti dello stato di diritto, cioè gli interessi finanziari ed economici questo non basta e lo riteniamo insufficiente; la terza è che manca la cosiddetta "condizionalità intelligente", cioè una norma che congeli i fondi al governo centrale ma garantendo comunque il loro arrivo alle municipalità e alla società civile.

La Commissione europea ha presentato il report annuale sullo stato di diritto, con luci e ombre sull'Italia. Come lo giudica?
Le raccomandazioni negative sono arrivate sui tempi lunghi della giustizia e sulla base di questo è evidente che la riforma della giustizia deve essere al centro dell'utilizzo dei soldi del Recovery Fund. Sappiamo che i processi sono lenti e la giustizia non funziona ma c'è anche un fattore di digitalizzazione della giustizia sul quale l'Italia deve essere in prima linea.

A che punto siamo in Europa e nel mondo sul rispetto generale dello stato di diritto?
I rischi sono alti sia nell'Unione Europea che nel mondo. L'Unione Europea deve sviluppare anticorpi per difendere lo stato di diritto e da questo dipende la capacità delle nostre istituzioni comunitarie, a partire da Commissione e Parlamento, di fare di questo tema uno dei suoi fari in politica estera, così da avere ancora più credibilità nel momento in cui si denunciano la privazione di libertà a Hong Kong, la repressioni contro gli uiguri in Cina o le violenze in Tibet.