Europa paese istituzioni

Gozi: "Anche la Francia ci boccia"

Le attività ed i successi che portiamo avanti dipendono dall'impegno di ognuno di noi. Ogni contributo è importante.
dona italiaviva

Intervista di PierPaolo La Rosa, "il Tempo", 17 gennaio 2021.

«Il Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano mi sembra certamente migliorato rispetto alla prima versione che era del tutto insufficiente, un insieme di piccole e molte mance, e che aveva sollevato varie critiche a Bruxelles. Credo, però, che occorra ancora essere più precisi e specifici nell'indicazione degli obiettivi concreti che si vogliono realizzare. E misurare i risultati che le misure intendono ottenere». Non ha dubbi Sandro Gozi, eurodeputato di Renew Europe e coordinatore di Cantiere Europa di Italia Viva, ex sottosegretario agli Affari europei nei governi Renzi e Gentiloni, eletto alle Europee in Francia con la lista Renaissance promossa dal presidente Emmanuel Macron, in merito al Pnrr governativo, finalmente consegnato alle Camere.

Onorevole Gozi, lei conosce molto bene la realtà francese. Quali sono le principali differenze tra il nostro Piano e quello transalpino?
«Rispetto al lavoro che è stato fatto in Francia, dove con un tableau de bord si monitora la realizzazione del Piano per le principali politiche, in Italia per ogni singolo programma non sono indicate come verranno effettivamente usate le somme a disposizione né viene misurato quanto i progetti impatteranno positivamente su crescita, occupazione, transizione ecologica. Dobbiamo, poi, essere capaci di fare le riforme, come quella della giustizia, altrimenti le risorse non verranno versate».

Quali sono le responsabilità di Giuseppe Conte?
«La grandissima responsabilità del premier è che l'Italia non è stata il primo Paese, in ordine temporale, a presentare il Piano nazionale di ripresa e resilienza: non perché questo fosse un obbligo, ma perché si trattava di una grande opportunità per il nostro Paese. Il presidente francese Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel sono riusciti a convincere gli Stati nordici dell'Unione europea, quelli più frugali, dell'importanza di questo Piano straordinario, senza precedenti, fatto innanzitutto per l'Italia. Di fronte a questa straordinarietà, l'Italia in questa prima fase non è stata all'altezza. Il Piano italiano è migliorato, ma non ci sono indicazioni su come verrà gestito il Recovery plan e questo è un grande punto interrogativo: si è passati dalla task force con 300 consulenti a nessuna indicazione su come verranno usati i fondi».

In Francia cosa è accaduto?
«In Francia, il primo ministro ha assunto nel suo gabinetto un consulente per informare su come verranno destinate le risorse. L'Italia ha ragionato a compartimenti stagni. Il Piano di rilancio della Francia è di 100 miliardi di euro concepito sin dall'inizio con fondi nazionali - pari a 60 miliardi - ed i restanti 40 che vengono dall'Europa: ciò ha permesso di elaborare una strategia già a settembre, presentando i relativi obiettivi. Ed il fatto di avere inserito nel Piano risorse nazionali ha permesso alla Francia di lanciare ad esempio alcuni grandi progetti per l'occupazione dei giovani sotto i 25 anni. La circostanza di avere strutturato il tutto in maniera tempestiva consente, inoltre, alla Francia di usufruire dell'anticipo fino al 13% del Piano riservato ad ogni Stato. Se già ad ottobre-novembre il Recovery plan italiano fosse stato messo a punto, anche l'Italia avrebbe potuto usare subito tale anticipo».

Qual è il giudizio della Francia sul Pnrr italiano?
«Non è stato esaminato nei dettagli, perché il nostro Piano rivisto è stato presentato da poco, ma si segue molto da vicino la vicenda italiana: la Francia è il Paese che si è speso di più per noi».