Intervista a Sandro Gozi per «Il Corriere della sera» del 08-03-2025
di Maria Teresa Meli
ROMA
Sandro Gozi, segretario generale del Partito democratico europeo, come giudica l'esito del consiglio straordinario Ue di Bruxelles?
«Senz'altro positivamente. È stato un primo passo avanti molto importante in termini di decisioni concrete, perché in quel piano ci sono almeno 150 miliardi "veri", che potranno aiutare nell'immediato l'aumento della spesa militare. Però non dobbiamo solo spendere di più, dobbiamo farlo anche meglio. E quei 150 miliardi spingono l'Europa verso progetti di difesa comune che è esattamente quello di cui c'è bisogno. E c'è un altro aspetto positivo di quel Consiglio: le condizioni che sono state poste per lavorare alla pace in Ucraina dimostrano che finalmente i leader europei sono consci della necessità di fare un passo avanti in materia di difesa. Non si può più rimandare o nascondersi dietro gli americani, e mi sembra che per la prima volta ci sia finalmente questa consapevolezza, soprattutto da parte di alcuni Paesi. Un fatto che tranne Orbán tutti abbiano firmato tutto è certamente un bene».
Però l'Europa sembra muoversi solo di fronte all'emergenza.
«È vero. Stiamo agendo nell'urgenza, inventandoci di volta in volta dei nuovi formati, invece dobbiamo rendere questa cooperazione militare in materia di difesa più strutturata e permanente. I trattati, peraltro, ce lo consentirebbero. Permetterebbero, cioè, a un gruppo di Paesi di cominciare a programmare e lavorare in materia di difesa, in materia militare e di industria della difesa, con le istituzioni europee e anche con dei Paesi non membri come la Gran Bretagna e la Norvegia. È questo che va fatto anche perché inventare ogni volta un nuovo formato provoca tensioni tra i governi, tra chi è dentro e chi è escluso, e crea competizione tra i leader».
Come vede l'atteggiamento dell'Italia, sia quella governativa che quella d'opposizione, in questa fase?
«Non vedo bene il governo e non vedo bene le scelte del Pd. Meloni mi sembra prigioniera della sua propaganda. La premier per mesi ha fatto credere, in Italia e altrove, che sarebbe stata un ponte fra Trump e la Ue, che sarebbe stata l'interlocutrice privilegiata degli Usa, e questo ovviamente non è accaduto. Meloni mi sembra divisa tra la sua volontà di rimanere vicino a Trump, cosa che ha dimostrato partecipando al convegno con Bannon, e la consapevolezza che gli interessi nazionali del nostro Paese si difendono dove era l'altro ieri, cioè a Bruxelles. Questa contraddizione di cui è prigioniera la blocca, facendo sì che sia praticamente assente dalla scena internazionale, mentre è stata molto presente fino alla vittoria di Trump, anche se può sembrare un paradosso».
E che dice di Matteo Salvini che attacca Macron?
«Salvini ha dato di matto attaccando Macron. Lui non è uno che passa per strada, è il vicepresidente del Consiglio e Meloni deve intervenire, anche perché facendo quelle affermazioni Salvini straccia quello che la premier ha firmato il giorno prima».
Tornando al Pd, questo piano di difesa comune non piace a Elly Schlein...
«Ed è una grossa occasione persa da parte del Pd: anziché stare dalla parte giusta — che è quella del tavolo dell'altro ieri, e dire che la difesa è una questione fondamentale, che bisogna spendere di più e spendere meglio insieme, che solo una difesa europea può prevenire altri conflitti e assicurare veramente la pace — si mette in una posizione sbagliata. Una posizione molto diversa da quella della maggioranza dei socialisti europei».