Intervento di Francesco Scarpa, "l'Ora", 21 maggio 2022.
Il 12 giugno gli italiani saranno chiamati a votare sulla riforma del Csm, l'equa valutazione dei magistrati, la separazione delle camere dei magistrati, i limiti alla custodia cautelare e l'abolizione della legge Severino. Dalla lettura dei quesiti emergono difficoltà di interpretazione, perché scritti in forma troppo tecnica ma, semplificando, sì vuole chiedere ai cittadini italiani se c'è la volontà di un deciso cambiamento dell'attuale sistema giustizia, caratterizzato da lentezza dei pro-cessi, abuso della custodia cautelare, dal protagonismo di alcuni magistrati, da lotte per cariche torrentizie e dall'estromissione di politici e amministratori per via giudiziaria.
La giustizia è il pilastro di una società civile e di una democrazia sana. Chi la rappresenta, per essere credibile, come la moglie di Cesare, non solo deve essere onesta ma anche apparire onesta. Le recenti pubblicazioni dell'ex magistrato Luca Palamara hanno certificato quello che tanti sapevano e molti sospettavano; la giustizia è gravemente malata ed ha nelle riforme l'unica cura. Gli italiani saranno chiamati a pronunciarsi su una questione molto semplice: vi va bene la giustizia che abbiamo o volete una riforma per una giustizia migliore? Se sono contenti di questo sistema penale e procedurale, che è assolutamente fallimentare, allora possono anche disinteressarsi a questo referendum.
Se invece condividono la necessità di un cambiamento radicale, non è sufficiente il minimo sindacale proposto della Ministra Cartabia, che ha messo in campo una riforma che, pur andando nella giusta direzione, è ancora insufficiente, questa è la buona occasione per dare un forte messaggio di dissenso e anche di capacità costruttiva. Perché ogni cittadino, quando si lamenterà del malfunzionamento della giustizia, a chi un domani gli chiederà: "ma tu cosa hai fatto per cambiarla?" potrà rispondere: "quello che potevo ... ho votato per la riforma del sistema" oppure "Nulla".
Italia Viva, con la propria identità riformista esprime il proprio voto favorevole a tutti e 5 i quesiti abrogativi per la riforma della giustizia, con il rimpianto per il 6° quesito, relativo alla responsabilità civile dei magistrati, non ammesso dalla Corte Costituzionale perché ritenuto tema innovativo e non abrogativo.
Il Tema della divisione di poteri era già sentito nella Grecia Classica, ripreso da Locke e modernizzato con le teorie illuministiche di Montesquie che ci hanno insegnato che affinché una democrazia funzioni è necessario che i tre poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario, hanno bisogno di equilibrio ... e questo hanno tradotto i Padri Costituenti negli articoli 70, 92 e 101 della Carta Costituzionale. Oggi l'equilibrio tra i poteri è venuto meno; non è questo lo spazio per analizzare le cause ma, il primo pensiero va agli innegabili eccessi del periodo da Mani Pulite in poi; i limiti dei poteri sono saltati, il potere non riesce ad arrestare il potere, e il potere giudiziario prevarica in maniera evidente. Ora si tratta di scegliere se ridare equilibrio ai tre poteri dello Stato, valorizzando quella magistratura - elemento fondamentale del sistema costituzionale e della vita della società - estranea al gioco delle correnti, raccontate da Luca Palamara e Sergio Rizzo.
La reazione della magistratura alle accuse mosse è stato un triste, preoccupante ed assordate silenzio! I Padri Costituenti, temendo che il potere legislativo potesse incidere sul potere giudiziario, decisero di porre delle norme di equilibrio e protezione: minore attenzione, però, è stata posta al pericolo che il potere giudiziario potesse incidere su quello legislativo, anche se "solo" per ambizioni e carrierismo. Gli oltre 200 magistrati che ad ogni cambio di Governo vengono distaccati presso l'esecutivo rappresentano, plasticamente, "l'occupazione" e la capacità di incidere sulla politica; perfettamente descritto da Sergio Rizzo nel libro "Potere Assoluto"; prima conseguenza, le inevitabili ricadute sui tempi della Giustizia. potere giudiziario ha il compito di applicare le leggi, non contestarle o influenzare il Parlamento.
Il timore di perdere quanto "conquistato" negli anni di grave crisi del potere legislativo, spinge la magistratura fino all'incomprensibile proclamazione di uno sciopero. Chi sostiene il NO lo fa per conservare - il no alla separazione delle carriere e alla riforma del Consiglio Superiore della Magistratura, impedisce che il giudice sia, e sia percepito, come terzo in un processo e fa in modo che niente cambi. Proteggersi - dalla valutazione degli avvocati nei confronti dei magistrati, perché non vogliono che il loro potere venga diluita; incidere - con il NO alla riforma della legge conosciuta come Severino e della modifica all'uso della custodia cautelare durante le indagini, non si impedisce che indagini, troppe volte rivelatesi infondate, farlocche e temerarie a volte percepite come iniziative di colore politico, distruggono la vita di tante persone, e per questo nessuno paga e nessuno chiede scusa.
Per capire la stortura della legge cosiddetta Severino basterebbe conoscere, tra le tante, la vicenda di un noto politico del Salernitano, plurivotato dai propri cittadini, al comune e alla regione, arrestato, sospeso per 57 mesi su 62 di attività consiliare, assolto dopo sei anni, ma incandidabile per effetto di una legge giustizialista e che viola i principi del garantismo, dettati dalla costituzione, insegnamenti dei padri dell'illuminiamo da Montesquie, Pietro Verri, Cesare Beccaria e Voltaire che, ragionevolmente, sosteneva come sia meglio un colpevole libero che un innocente in carcere. Ricorre in questi giorni l'anniversario della morte di Enzo Tortora che, rivolgendosi ai magistrati, diceva: "lo sono innocente, spero lo siate anche voi". I valori sono patrimonio di tutti, a garanzia anche di chi, pur di cavalcare l'onda del populismo, si definisce equidistante dal giustizialismo e dal garantismo, chissà se come avvocato del popolo o come professore universitario.
In tema di riforme, Italia Viva, come al solito, è in prima fila, esponendosi con la passione, la competenza, il confronto ed il coraggio, a differenza di altri partiti che, per convenienza o per viltà, strisciano, incapaci di esporsi alla luce del sole, convinti che la campana suoni solo per gli altri. La Giustizia ha bisogno di un serio processo riformatore che non può più attendere. Abbiamo bisogno di giudici che sappiano portare, con vigile impegno umano, il grave peso della responsabilità che è rendere giustizia. Lo scontro che vediamo oggi ha fatto perdere di vista gli interessi della collettività a favore di troppi malati di mania di protagonismo o alla ricerca del "Il Mostro"; non credo che l'eventuale buon esito di questo referendum risolverà di colpo tutti i problemi della Giustizia ma, auspico possa smuovere nei politici la coscienza ed il coraggio, ridare alla politica il suo ruolo ed eliminare tutte quelle incrostazioni che impediscono, alle indiscusse alte professionalità della Magistratura, di recuperare quel sentimento di efficienza e credibilità che oggi è fortemente indebolito. La riforma della Giustizia non è un problema che riguarda solo gli operatori del diritto magistrati e/o avvocati ma, riguarda ogni singolo cittadino.
I cittadini devono poter nutrire fiducia e non diffidenza verso la giustizia e l'ordine giudiziario; e siccome chiunque, e dico chiunque, può trovarsi coinvolto nelle maglie della Giustizia, deve potersi presentare dinanzi al magistrato, nec spe nec metu ma, con la tranquillità di ricevere una giustizia giusta; senza rischio di decisioni arbitrarie o imprevedibile che, in contrasto con la certezza del diritto, incidono sulla vita delle persone. Nel discorso di fine anno il Presidente Sergio Mattarella ammoniva come la magistratura e l'Avvocatura sono chiamate ad assicurare che il processo riformatore si realizzi facendo recuperare appieno prestigio e credibilità alla funzione giustizia, allineandola agli standard europei. Va purtroppo constatato come l'informazione tace in merito ai contenuti della consultazione con un atteggiamento scientemente grave, soprattutto riguardo al servizio pubblico radiotelevisivo che sta venendo meno alla sua funzione.