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Giachetti : "Qui dentro si lava l'insalata nel cesso".

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Intervista di Roberto Giachetti per «Il Venerdì di Repubblica» del 4-10-2024

di Claudia Arletti

Roberto Giachetti detto Bobogiac conosce errori e orrori dei penitenziari, ma stavolta ha perso il conto: «Il garante di Udine parla di 67 suicidi, altrove leggo 72 perché includono chi si è lasciato morire di fame. Poi ci sono sette agenti penitenziari. E oggi si è impiccato un uomo a Regina Coeli...». Comunque si facciano i calcoli, il numero dei morti in carcere fino a settembre 2024 ha ampiamente superato quelli dello stesso periodo nel 2023, quando furono 48. «Per forza» dice il parlamentare renziano, accomodato in un divanetto della Camera dove è di casa dal 2001, «tra suicidi, rivolte ed evasioni sta saltando per aria il sistema». Romano di Monteverde, folgorato sulla via radicale a 16 anni mentre la famiglia lo avrebbe tanto voluto ingegnere, ha sempre piegato a sinistra, ma senza esagerare, dalla Margherita al Pd e ora a Italia Viva, conservandosi pannelliano dentro, garantista sempre, scioperi della fame quanti ne volete (anche della sete, a rischio della vita), e le carceri, certo, missione fra le missioni. Porta così la sua firma - e quella ideale di Rita Bernardini, presidente dell'associazione "Nessuno Tocchi Caino"- la proposta di legge per alleggerire la pressione nei penitenziari attraverso un meccanismo semplice che avrebbe aumentato i giorni detratti dalla pena per ogni semestre già scontato. C'era fermento, su questa forma di liberazione anticipata speciale, ma dopo averla rimbalzata per mesi tra Aula e commissioni, ecco che a luglio, zac, «la maggioranza l'ha definitivamente affossata».

Però, Giachetti, ora arriva un altro commissario straordinario.

«Introdotto giusto a luglio, con un decreto confezionato per evitare di discutere la mia proposta, su cui Forza Italia aveva dato parere favorevole. Il governo ha il tabù delle norme "svuota carceri", dell'"indulto mascherato" e compagnia. Comunque, parliamone: che cosa potrebbe fare il commissario? Giusto dedicarsi all'edilizia carceraria. Ma per costruire un penitenziario ci vogliono dieci anni. E nel frattempo? Noto un'impostazione fobica nel governo, più ancora che ideologica. Con un disegno preciso: fare esplodere la situazione».

A pensare male ci si prende, però l'accuseranno di complottismo, sa?

«Secondo loro farnetico. Ma ascolti: improvvisamente, mesi fa, il governo costituisce un reparto speciale della polizia penitenziaria, il cosiddetto Gio. Poi equipara la resistenza passiva alla rivolta. Nel mezzo, non fa niente, ma proprio niente, per allentare la tensione. L'obiettivo è intervenire con un'azione repressiva, per la quale da tempo si prepara la strada. Tanto parliamo di gente sfigata, a chi importa?».

Ha denunciato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio.

«E anche i sottosegretari Andrea Ostellari e Andrea Delmastro. Articolo 40 del codice penale, leggo: "Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo". L'evento che non viene impedito sono tutti questi morti. E faccio presente che ogni anno si registrano migliaia di atti di autolesionismo. I suicidi, in un certo senso, sono l'epifenomeno del dramma che si vive in carcere, ciò che emerge».

Lei Nordio non lo sopporta.

«Certe uscite me le aspetto da personaggi fascistoidi, non da un ministro come lui. A luglio, il giorno dell'approvazione del decreto, si svolge a Palazzo Chigi un bel vertice sul sovraffollamento, e Nordio annuncia che incontrerà Mattarella. Per fare che? Per raccontargli cosa? Mattarella quello che doveva dire l'ha detto il giorno dell'insediamento e, poi, a luglio, quando ha definito "straziante" la lettera dei detenuti di Brescia e "indecorose e angoscianti" le loro condizioni».

Reazioni del ministro all'esposto?

«Nessuna. In compenso sostiene che non c'è relazione tra sovraffollamento e suicidi. In effetti io non posso affermare con assoluta certezza che questa relazione ci sia, benché mi sembri ragionevole supporlo. Ma come fa lui a essere certo del contrario? Poi dice che la mia proposta rappresenta la resa dello Stato. Ma la resa è la sua, e di uno Stato che è fuorilegge: solo nel 2023 oltre quattromila sentenze dei giudici di sorveglianza hanno dato ragione ai ricorsi di detenuti che ritengono di avere vissuto condizioni degradanti».

L'ultimo penitenziario che ha visitato?

«Sollicciano. E, poco prima, Regina Coeli. A parte rari casi- come Favignana, che era mezzo sott'acqua ed è stato ricostruito e trasformato in una struttura decente - da San Vittore all'Ucciardone, da Nord a Sud, la maggioranza non può essere paragonata alle porcilaie solo perché queste sono meglio. A Regina Coeli, con l'acqua che fuoriesce dallo sciacquone ci lavano la verdura: visto coi miei occhi».

Il sovraffollamento è il problema principale.

«Prenda una cella minuscola, buona per due persone. Ce ne metti quattro o cinque. Tocca usare i letti a castello, anche a tre livelli. Così chi finisce in alto dorme con la faccia al muro e con il respiro che gli torna addosso».

Non è normale, ma allora che si fa?

«Si smette di inventare nuovi reati. E si fa uscire subito un po' di gente. Con un sistema premiale, come avevo pensato io. O concedendo i domiciliari a chi deve scontare meno di un anno. O, ancora, con pene alternative. A qualsiasi proposta fosse arrivata dalla maggioranza avrei detto di sì, ci sto».

Con quale metro misura l'emergenza attuale?

«Nel 2013, dopo il ricorso Torreggiani, la Corte europea dei diritti dell'uomo condannò l'Italia per trattamento degradante. Si parlava di tre persone in celle di 9 metri quadrati, niente acqua calda per lunghi periodi e scarsa ventilazione. Oggi la situazione è simile. Non si tratta solo della mancanza di spazio. Il sovraffollamento è come un virus che paralizza tutto e tutti, gli educatori, i volontari, i giudici di sorveglianza. Ci sono istituti dove la gente è talmente tanta che l'ora di aria, indispensabile per non andare con la testa al manicomio, certe volte non si può fare perché gli agenti in servizio non bastano. E che cosa ci aspettiamo da uno psicologo che dovrebbe seguire dieci detenuti e se ne trova davanti trenta? Quale aiuto potrà dare ai cosiddetti "nuovi giunti", ovvero la categoria più fragile fra i detenuti?».

Per curiosità, come nasce questo suo interesse per il sistema carcerario?

«È nella tradizione dei radicali. Avrò presentato in questi anni quaranta o cinquanta interrogazioni. Mi scrivono in tanti, di continuo».

Reclusi?

«Parenti, soprattutto».

Quest'estate Forza Italia ha fatto il giro degli istituti, gliene dà atto?

«Facile andare sui giornali così. Appena si parla di amnistia o indulto, Forza Italia torna indietro. Come sullo ius scholae. Questo modo di fare politica serve solo a illudere la gente».

Scusi la domanda, ma un anno fa ha detto pubblicamente di avere un tumore. Come sta?

«Sono guarito e sto bene, grazie».

Basta digiuni, però, non è più il tempo.

«Eh, non so. Se pratichi la non violenza, certe volte non ci sono alternative».